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Ludovico Ariosto La lena IntraText CT - Lettura del testo |
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SCENA SETTIMA
Sbirri, Torbido, Gemignano, Giuliano, Fazio.
MAGAGNINO Altro in somma non ci è, che quel che soliti siamo trovare, e ch'è su l'inventario. TORBIDO Ah ladri, ribaldoni, che involatomi avete il mio mantello! MAGAGNINO Fai grandissimo male accusarci a torto e dirci ingiuria. TORBIDO Brutto impiccato, che ti venga il cancaro! Che è questo che tu hai sotto? MAGAGNINO Tolto avevolo per le mie spese, e non per involartelo. TORBIDO Io ti darò ben spese, se la pertica non mi vien meno. GEMIGNANO Io vo' prestarti un'opera. GIULIANO Non mi vo' anch'io tener le mani a cintola. TORBIDO Ve' lí quel sasso, Gemignano? piglialo, spezzali il capo: tu sei pur da Modena. SBIRRI Gli ufficial del signor cosí si trattano? TORBIDO Il signor non tien ladri al suo servizio. Via, ladri; via, poltroni; via col diavolo. Poco piú ch'io indugiava ad avedermene, era fornito: bisognava andarmene in bel farsetto; e mi venia a proposito l'aver meco portato questa pertica, che in spalla, ad uso d'una picca, avendola, sarei paruto un Lanzchenech o Svizaro. FAZIO Resta a misurar altro? TORBIDO Fin all'ultimo mattone ho misurato, e fin all'ultimo legno che ci è, l'ho scritto, e meco portolo; poi ne leverò il conto, e farò intendere ad ambi, a quanto prezzo possa ascendere. GEMIGNANO Quando? TORBIDO Oggi ancora. Commandi altro, Fazio? FAZIO Non, ora. TORBIDO A Dio. FAZIO Son vostro. - Olà, Licinia, s'alcun mi viene a dimandar, rimettilo alla bottega qui di mastro Onofrio; fino ad ora di cena potrà avermici.
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