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Paolo Giacometti
La morte civile

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  • ATTO SECONDO
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Scena terza

 

Gaetano che introduce Corrado, ed il suddetto.

 

GAETANO (a Corrado) Eccovi monsignore.

ABATE Venite avanti, galantuomo; non abbiate timore. Siete stanco? dategli da sedere (Gaetano eseguisce).

CORRADO Grazie, monsignore (siede). Grazie anche a voi (a Gaetano).

ABATE (a Gaetano) Lasciateci. (Gaetano esce. L'abate l'osserva attentamente) (Gaetano aveva ragione, la sua fisionomia ha un carattere singolare). Orsú, parlate, chiedete ciò che vi occorre da me.

CORRADO Nient'altro che un po' di ricovero per questa notte, un po' di riposo. Ho camminato tutto il giorno ed il tramonto mi sorprese sulla china della montagna, davanti alle guglie di questo tempio. Allora i tocchi dell'Ave Maria risvegliarono nel mio cuore le memorie dell'infanzia... ed ho sentito il bisogno di entrare in un luogo santo. Dopo molti anni ho pregato!

ABATE Dopo molti anni?... ciò non va bene, e per questo, sia ringraziato il Signore che vi ha condotto fin qui; forse io potrò giovare alla vostra anima.

CORRADO Alla mia anima ci penso io.

ABATE Se è inferma, io la guarirò.

CORRADO Guarirla?... Non lo credo, monsignore...

ABATE E perché?... quando si sente il rimorso...

CORRADO Il rimorso?... io?

ABATE Non trasalite cosí, figliuolo - quietatevi.

CORRADO Quiete! rimorso!... monsignore mi crede un delinquente!

ABATE No; ma in tutti i casi abbiate confidenza in me; siete in un luogo ben sicuro - la mia abbazia gode tuttora il privilegio d'immunità...

CORRADO Mi è noto.

ABATE Ed è per questa ragione che siete entrato?

CORRADO Vi dissi che sono entrato per chiedere una notte di ristoro. - Volete accordarmela, o no?

ABATE , figliuolo - io vedo in voi piú l'uomo del dolore che quello della colpa, e vi so dire che m'inspirate molto interesse. La vostra fisionomia, benché alterata, forse dai patimenti, mi prova abbastanza che la vostra condizione non è tanto umile, come indicherebbero questi abiti... che indossate... per caso.

CORRADO Per fatalità! - Sventuratamente non sono figlio dei monti; non fui molto agiato, ma esercitavo una nobile arte.

ABATE Quale?

CORRADO La pittura.

ABATE Siciliano?

CORRADO Non lo fossi stato mai!

ABATE Avete famiglia?

CORRADO L'avevo!

ABATE Ed ora siete solo?

CORRADO Solo?... Ah! guai a me se... Basta cosí, monsignore. Non ho che una speranza - lasciatemela. Le vostre interrogazioni mi sembrano quelle di un giudice; voi mi fate paura - tacete. Vi ho chiesto un po' di ristoro pel mio corpo, ma non vi ho dato il diritto di avvelenarmi l'anima. Che v'importa di sapere piú in ? io non sono per voi che l'apparizione di una notte; domani, svegliandovi, non mi ritroverete piú. Suvvia, monsignore; non vi chiedo che poca paglia, un pane bianco ed una brocca d'acqua, per ispegnere l'ardore che ho nel sangue - non mi abbisogna altro.

ABATE Che dite? voi sarete trattato come merita lo stato vostro... ma siccome vorrei pure giovarvi meno materialmente, cosí desidero di sapere dove siate diretto.

CORRADO Verso l'Etna, a Catania.

ABATE Se avessi delle cognizioni un poco piú esatte sulla vostra persona, potrei dirigervi...

CORRADO Grazie.

ABATE È la prima volta che vi recate in quella città?

CORRADO Vi sono nato.

ABATE Allora ditemi - è un'ultima interrogazione. Conosceste voi a Catania un giovane per nome Fernando Merrano?

CORRADO Mi sembra di ricordare questo nome... Ma dopo tanto tempo... egli studiava le leggi?

ABATE Appunto.

CORRADO , ci siamo conosciuti e fummo anche amici.

ABATE Amici? allora io vi sarò utile - vostro malgrado. Sappiate che quel don Fernando è figlio d'una mia sorella, e si trova all'abbazia, presso di me.

CORRADO (sorpreso e con dispiacere) Qui?... che me ne importa? ho bisogno di riposo - è la terza volta che ve lo dico - fatemi condurre al giaciglio del vostro cane.

ABATE Abbiate un poco di sofferenza; mio nipote vi rivedrà con piacere - ora lo farò chiamare.

CORRADO Non voglio vedere alcuno, non voglio essere esaminato - lo fui abbastanza da voi.

ABATE Permettete che vi usi questa violenza. (Suona il campanello e comparisce Gaetano) Avvisate mio nipote di venir qui sul momento; ditegli che un suo amico di Catania desidera di vederlo.

GAETANO (Suo amico? allora sapremo chi è) (esce).

CORRADO Monsignore, avete poca carità: vi è nota la mia condizione civile, mi vedete in misero arnese, e ciò non v'impedisce di espormi alle interrogazioni di un indiscreto, alla vergogna... mi fate pagar cara l'elemosina. Ma anche il povero ha la sua superbia - per Dio! - e giacché mi accorgo di essere entrato nella casa degli inquisitori io ne uscirò tosto (con malgarbo si muove per partire).

ABATE Di grazia, fermatevi. Se non mi aveste detto di essere nato a' piedi dell'Etna, ora lo indovinerei da questa vostra natura accensibile. Non va bene; moderatevi, amico, perché con simili temperamenti si commettono errori... e molte volte delitti.

CORRADO Delitti?... (Calmandosi, ed appoggiato il gomito allo schienale della sedia) È vero!

ABATE (fissandolo) (Ciò è bastato a calmarlo... Eh, forse...) (Avvicinandosi a Corrado) Dunque, io vi lascio con mio nipote, giacché mi pare che venga.

CORRADO (a capo basso) Come comanda monsignore.

ABATE Con un amico avrete maggior confidenza. (Partendo dice fra sé) (Ed io saprò se si può credere ai presentimenti) (entra a destra).

CORRADO (sollevando lentamente il capo) Vi sono delle parole che agghiacciano! Che dirò a costui? che mi dirà egli?... Ah! forse potrebbe darmi qualche indizio... Se quelle due creature vivono, io camminerò tanto, finché le avrò raggiunte... se sono morte, andrò a cercarle sotterra... ho meco quanto basta per dormire eternamente con loro.

 

 

 




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