Scena
terza
Gaetano che introduce Corrado, ed
il suddetto.
GAETANO (a
Corrado) Eccovi monsignore.
ABATE Venite
avanti, galantuomo; non abbiate timore. Siete stanco? dategli da sedere (Gaetano
eseguisce).
CORRADO Grazie,
monsignore (siede). Grazie anche a voi (a Gaetano).
ABATE (a
Gaetano) Lasciateci. (Gaetano esce. L'abate l'osserva
attentamente) (Gaetano aveva ragione, la sua fisionomia ha un
carattere singolare). Orsú, parlate, chiedete ciò che vi occorre da me.
CORRADO
Nient'altro che un po' di ricovero per questa notte, un po' di riposo. Ho
camminato tutto il giorno ed il tramonto mi sorprese sulla china della
montagna, davanti alle guglie di questo tempio. Allora i tocchi dell'Ave
Maria risvegliarono nel mio cuore le memorie dell'infanzia... ed ho sentito
il bisogno di entrare in un luogo santo. Dopo molti anni ho pregato!
ABATE Dopo molti
anni?... ciò non va bene, e per questo, sia ringraziato il Signore che vi ha
condotto fin qui; forse io potrò giovare alla vostra anima.
CORRADO Alla mia
anima ci penso io.
ABATE Se è
inferma, io la guarirò.
CORRADO Guarirla?... Non lo credo, monsignore...
ABATE E perché?... quando si sente il rimorso...
CORRADO Il
rimorso?... io?
ABATE Non
trasalite cosí, figliuolo - quietatevi.
CORRADO Quiete!
rimorso!... monsignore mi crede un delinquente!
ABATE No; ma in
tutti i casi abbiate confidenza in me; siete in un luogo ben sicuro - la mia
abbazia gode tuttora il privilegio d'immunità...
CORRADO Mi è noto.
ABATE Ed è per
questa ragione che siete entrato?
CORRADO Vi dissi
che sono entrato per chiedere una notte di ristoro. - Volete accordarmela, sí o
no?
ABATE Sí,
figliuolo - io vedo in voi piú l'uomo del dolore che quello della colpa, e vi
so dire che m'inspirate molto interesse. La vostra fisionomia, benché alterata,
forse dai patimenti, mi prova abbastanza che la vostra condizione non è tanto
umile, come indicherebbero questi abiti... che indossate... per caso.
CORRADO Per
fatalità! - Sventuratamente non sono figlio dei monti; non fui molto agiato, ma
esercitavo una nobile arte.
ABATE Quale?
CORRADO La pittura.
ABATE Siciliano?
CORRADO Non lo
fossi stato mai!
ABATE Avete
famiglia?
CORRADO L'avevo!
ABATE Ed ora siete
solo?
CORRADO Solo?...
Ah! guai a me se... Basta cosí, monsignore. Non ho che una speranza -
lasciatemela. Le vostre interrogazioni mi sembrano quelle di un giudice; voi mi
fate paura - tacete. Vi ho chiesto un po' di ristoro pel mio corpo, ma non vi
ho dato il diritto di avvelenarmi l'anima. Che v'importa di sapere piú in là?
io non sono per voi che l'apparizione di una notte; domani, svegliandovi, non
mi ritroverete piú. Suvvia, monsignore; non vi chiedo che poca paglia, un pane
bianco ed una brocca d'acqua, per ispegnere l'ardore che ho nel sangue - non mi
abbisogna altro.
ABATE Che dite?
voi sarete trattato come merita lo stato vostro... ma siccome vorrei pure
giovarvi meno materialmente, cosí desidero di sapere dove siate diretto.
CORRADO Verso
l'Etna, a Catania.
ABATE Se avessi
delle cognizioni un poco piú esatte sulla vostra persona, potrei dirigervi...
CORRADO Grazie.
ABATE È la prima
volta che vi recate in quella città?
CORRADO Vi sono
nato.
ABATE Allora
ditemi - è un'ultima interrogazione. Conosceste voi a Catania un giovane per
nome Fernando Merrano?
CORRADO Mi sembra
di ricordare questo nome... Ma dopo tanto tempo... egli studiava le leggi?
ABATE Appunto.
CORRADO Sí, ci
siamo conosciuti e fummo anche amici.
ABATE Amici?
allora io vi sarò utile - vostro malgrado. Sappiate che quel don Fernando è
figlio d'una mia sorella, e si trova all'abbazia, presso di me.
CORRADO (sorpreso
e con dispiacere) Qui?... che me ne importa? ho bisogno di riposo -
è la terza volta che ve lo dico - fatemi condurre al giaciglio del vostro cane.
ABATE Abbiate un
poco di sofferenza; mio nipote vi rivedrà con piacere - ora lo farò chiamare.
CORRADO Non voglio
vedere alcuno, non voglio essere esaminato - lo fui abbastanza da voi.
ABATE Permettete
che vi usi questa violenza. (Suona il campanello e comparisce Gaetano)
Avvisate mio nipote di venir qui sul momento; ditegli che un suo amico di
Catania desidera di vederlo.
GAETANO (Suo
amico? allora sapremo chi è) (esce).
CORRADO
Monsignore, avete poca carità: vi è nota la mia condizione civile, mi vedete in
sí misero arnese, e ciò non v'impedisce di espormi alle interrogazioni di un
indiscreto, alla vergogna... mi fate pagar cara l'elemosina. Ma anche il povero
ha la sua superbia - per Dio! - e giacché mi accorgo di essere entrato nella
casa degli inquisitori io ne uscirò tosto (con malgarbo si muove per partire).
ABATE Di grazia,
fermatevi. Se non mi aveste detto di essere nato a' piedi dell'Etna, ora lo
indovinerei da questa vostra natura accensibile. Non va bene; moderatevi,
amico, perché con simili temperamenti si commettono errori... e molte volte
delitti.
CORRADO
Delitti?... (Calmandosi, ed appoggiato il gomito allo schienale della sedia)
È vero!
ABATE (fissandolo)
(Ciò è bastato a calmarlo... Eh, forse...) (Avvicinandosi a Corrado)
Dunque, io vi lascio con mio nipote, giacché mi pare che venga.
CORRADO (a capo
basso) Come comanda monsignore.
ABATE Con un amico
avrete maggior confidenza. (Partendo dice fra sé) (Ed io saprò se si può
credere ai presentimenti) (entra a destra).
CORRADO (sollevando
lentamente il capo) Vi sono delle parole che agghiacciano! Che dirò
a costui? che mi dirà egli?... Ah! forse potrebbe darmi qualche indizio... Se
quelle due creature vivono, io camminerò tanto, finché le avrò raggiunte... se
sono morte, andrò a cercarle sotterra... ho meco quanto basta per dormire
eternamente con loro.
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