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Paolo Giacometti
La morte civile

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  • ATTO TERZO
    • Scena quinta
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Scena quinta

 

Rosalia ed i suddetti.

 

ROSALIA (spaventata dal grido di Emma, senza aver visto ancora Corrado) Che fu, Emma?... (in questo punto vede Corrado, lo fissa, e dopo un momento, riconosciutolo, manda un grido di sorpresa e di terrore: quindi, come se avesse perduto la favella, serrando Emma fra le sue braccia, la spinge dentro alla porta, dalla quale essa è uscita, e rimane sulla soglia, esterrefatta, immobile, a capo basso).

CORRADO (che al venire di Rosalia si era scosso profondamente, ora superato il primo assalto, dopo di aver atteso, invano, una parola dalla moglie, si muove verso di lei) Rosalia... (Rosalia copre il viso colle mani, rivolgendo un poco il capo). Sono io un fantasma per farvi tanta paura? - In ogni modo, dopo il vostro rifiuto di venire da me, voi dovevate essere preparata alla mia apparizione in questa casa. Il vostro contegno è un enigma. Ignoro se poc'anzi vi abbia colpita di terrore la mia persona, o piuttosto l'avermi trovato a colloquio con una fanciulla, che io amo di credere nostra figlia.

ROSALIA Ada? voi delirate. La fanciulla non vi ha detto che si chiama Emma?

CORRADO Lo ha detto.

ROSALIA Che è la figlia del medico Palmieri?

CORRADO Ha detto anche questo. - Ma voi lo ripetete?

ROSALIA Lo ripeto.

CORRADO Tanto peggio - poiché se è certo che quella giovinetta è figlia di Palmieri, non è meno certo che la sola figlia legittima ch'egli ebbe da sua moglie, è morta da lungo tempo. Cosí io vi domanderò, e voi mi direte chi sia la madre di questa fanciulla, che vi affrettaste tanto a salvare dagli impeti gelosi di vostro marito.

ROSALIA Chi è sua madre? - Lo ignoro. Quando ridotta all'estrema povertà, fui accolta per istitutrice in questa casa, mi sono creduta dispensata dal chiedere la fede battesimale della giovinetta. Chiedetelo a suo padre.

CORRADO Lo farò - frattanto rispondete ad un'altra interrogazione, e guardatevi dal mentire. Dov'è la mia Ada? che ne faceste voi?

ROSALIA Strana domanda! che ne ho fatto? è morta.

CORRADO Ada è morta?...

ROSALIA , perché la povera moglie disprezzata di un condannato non raccoglieva tanto di elemosina per alimentare la sua bambina, che spirò di languore.

CORRADO La mia Ada?... e con simile freddezza mi annunziate la sua morte? Voi a me?... non vi credo. - Mi mostrerete l'attestato mortuario...

ROSALIA Andate a Catania a domandarlo - cosí vi risponderanno che un omicida, sfuggito dall'ergastolo, non ha diritto di chiedere conto della propria famiglia; egli vi ha rinunziato.

CORRADO Io vi ho rinunziato?... io? (commovendosi gradatamente) Ma perché dunque ho potuto strascinare per tredici anni la mia pesante catena? perché curvai anima e dorso sotto orribili pesi, senza cadere affranto, come il giumento? perché non agonizzai sotto il bastone? Chi mi ha tenuto in vita, se non la speranza di riposare, ancora una volta, nel mio letto nuziale? di rivedere mia figlia? - E perché ho scassinate, corrose le spranghe della mia ferriata? perché, colla morte sul capo, tra vepri e burroni, trafelato, ansante, ho camminato fin qui, reggendomi sugli stinchi logorati dai ceppi e lacerandomi i piedi? Dov'ero diretto se non alla casa, in cui avevo lasciata mia moglie? Chi sono venuto a cercare in questa, se non Rosalia, il mio primo amore, la sola donna che amai con entusiasmo, che ho posseduta per poco tempo? Ah! Rosalia, per dirle, guarda a quello che ho patito e perdonami, a quello che ho fatto per istrascinarmi fino alle tue ginocchia (inginocchiandosi), e tu, generosa rialzami - prendi il tuo fardello e vieni con me!

ROSALIA Con l'uccisore di mio...?

CORRADO (subito, alzandosi lentamente) Non proferire un nome, che dall'ora fatale mi è sempre risuonato nel cuore, come voce di rimorso, che mi ha fatto trasalire, piangere, imprecare a' miei trasporti. Non odio, no, ma amore e gelosia mi armarono la mano - lo sai. Alonzo voleva rapirmi tutto, ed io gli tolsi tutto... fu rappresaglia, fu colpa orribile. - Ma l'ho espiata duramente.

ROSALIA Lo credete?... io non voglio negarlo, ma per patimenti e castighi si espia forse l'infamia? no, essa dura incancellabile e diventa un legato, che gli eredi, innocenti, sono condannati a raccogliere. Ma se io accettai di portare il vostro nome, quando era puro ed onorato, non potete voi, non può nessuno costringermi a portarlo ora, che è coperto di vergogna e di sangue. Quando l'aguzzino vi ribadí la catena, lacerò il nostro contratto nuziale.

CORRADO No, Rosalia, non è questa la legge che hanno fatto i sacri legislatori.

ROSALIA Tanto peggio per loro, se ne promulgarono una diversa. Nessuno è obbligato a rispettare i codici, che ha fatto la barbarie. - Io ho il diritto della ribellione.

CORRADO Rosalia - il cuore è il piú giusto, o il piú pietoso dei codici, leggivi dentro, e vi troverai scritto che la piú sublime fra le mogli, fu quella di Caino, perché osò baciare la fronte, fulminata da Dio. Ma se ti spaventano i giudizi, o i pregiudizi del mondo, noi possiamo ingannare il mondo giacché lo vuole. Ricusi di portare il mio nome? Non lo porterai; io lo cangierò. Andremo a nasconderci in luoghi vergini, lontani... dove vorrai.

ROSALIA E cangiando nome e paese, cangierete natura? io perderò la memoria? Non sorgeranno sempre due spettri fra noi?... , quello pure di mia madre, che morí di dolore, che ci ha maledetti... Or via, siate giusto e tronchiamo questo amaro colloquio; io avevo una casa, e voi la distruggeste; ordunque lasciatemi questa - partite.

CORRADO Partire senza di voi? lasciarvi in questa casa?... Rosalia, ciò è assolutamente impossibile... bisogna pure che lo confessiate. Se temete tanto i giudizi che pesano sul mio nome, non dovete temer meno quelli che potrebbero pesare sul vostro.

ROSALIA Che dite ora voi?

CORRADO Ora dico ciò che ho taciuto fin qui, perché amai d'illudermi... perché ho voluto tentare il vostro cuore, che trovai chiuso, inesorato piú di quello de' miei giudici. Dico che se vi ostinate a rimanere, crederò di essere stato un pazzo a sollevare la pietra del mio sepolcro; crederò veramente di esservi apparso come un fantasma, venuto a sorprendere i vostri segreti, a disturbare le vostre gioie, la vostra felicità... (infiammandosi ognor piú).

ROSALIA Le mie gioie? la mia felicità?

CORRADO Credo, infine, che questa casa sia molto piú bella e deliziosa di quella che io vi ho distrutta, perché nasconde i vostri nuovi amori, la vostra nuova figlia.

ROSALIA Orbene, credete ciò, credete tutto. In mille guise fui calunniata, per cagion vostra. Nessuno ha creduto alla virtú, al sacrifizio d'una donna, giovane, povera, sola, maritata, senza marito... Ora voi unitevi agli stolti, ai calunniatori; gettatemi un po' di fango in viso - non farete che continuare.

CORRADO Io voglio scuoterlo dalle vostre vesti. - Per pietà venite prima che io m'incontri con quest'uomo. Salvatemi - salvatelo.

ROSALIA Vorreste commettere un secondo delitto?

CORRADO Ma, per Dio, chi è dunque che fa scattare la molla? che mette la mano sull'aspide? - Io non voglio commettere delitti, voglio comandare a me stesso, ma il mio sangue non ubbidisce sempre (Disperatamente) Rosalia, vieni!

ROSALIA (spaventata) Compassione di me!... (In questo mentre vede comparire sulla porta Palmieri, e manda un grido di terrore) Ah egli?...

 

 

 




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