XLIV
Se tu interroghi le persone sottoposte
ad un magistrato, o ad un qualsivoglia ministro del governo, circa le qualità e
i portamenti di quello, massime nell’ufficio; anche concordando le risposte nei
fatti, tu ritroverai gran dissensione nell’interpretarli; e quando pure le interpretazioni fossero conformi, infinitamente discordi
saranno i giudizi, biasimando gli uni quelle cose che gli altri esalteranno.
Solo circa l’astenersi o no dalla roba d’altri e del pubblico, non troverai due
persone che, accordandosi nel fatto, discordino o
nell’interpretarlo o nel farne giudizio, e che ad una voce, semplicemente, non
lodino il magistrato dell’astinenza, o per la qualità contraria, non lo
condannino. E pare che in somma il buono e il cattivo magistrato non si conosca né si misuri da altro che dall’articolo dei danari;
anzi magistrato buono vaglia lo stesso che astinente, cattivo lo stesso che
cupido. E che l’ufficiale pubblico possa disporre a suo modo della vita,
dell’onestà e d’ogni altra cosa dei cittadini; e di qualunque suo fatto trovare
non solo scusa ma lode; purché non tocchi i danari.
Quasi che gli uomini, discordando in tutte l’altre opinioni,
non convengano che nella stima della moneta: o quasi che i danari in sostanza sieno l’uomo; e non altro che i danari: cosa che veramente
pare per mille indizi che sia tenuta dal genere umano per assioma costante,
massime ai tempi nostri. Al qual proposito diceva un filosofo
francese del secolo passato: i politici antichi parlavano sempre di costumi e
di virtù; i moderni non parlano d’altro che di commercio e di moneta. Ed
è gran ragione, soggiunge qualche studente di economia
politica, o allievo delle gazzette in filosofia: perché le virtù e i buoni
costumi non possono stare in piedi senza il fondamento dell’industria; la quale
provvedendo alle necessità giornaliere, e rendendo agiato e sicuro il vivere a
tutti gli ordini di persone, renderà stabili le virtù, e proprie dell’universale.
Molto bene. Intanto, in compagnia dell’industria, la bassezza dell’animo, la
freddezza, l’egoismo, l’avarizia, la falsità e la perfidia
mercantile, tutte le qualità e le passioni più depravatrici e più
indegne dell’uomo incivilito, sono in vigore, e moltiplicano senza fine; ma le
virtù si aspettano.
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