LXXXV
Negli scrittori pagani la generalità
degli uomini civili, che noi chiamiamo società o mondo, non si trova mai
considerata né mostrata risolutamente come nemica della virtù, né come certa
corruttrice d’ogni buona indole, e d’ogni animo bene
avviato. Il mondo nemico del bene, è un concetto, quanto celebre nel Vangelo, e
negli scrittori moderni, anche profani, tanto o poco meno sconosciuto agli
antichi. E questo non farà maraviglia a chi
considererà un fatto assai manifesto e semplice, il quale può servire di
specchio a ciascuno che voglia paragonare in materia morale gli stati antichi
ai moderni: e ciò è che laddove gli educatori moderni temono il pubblico, gli
antichi lo cercavano; e dove i moderni fanno dell’oscurità domestica, della
segregazione e del ritiro, uno schermo ai giovani contro la pestilenza dei
costumi mondani, gli antichi traevano la gioventù, anche a forza, dalla
solitudine, ed esponevano la sua educazione e la sua vita agli occhi del mondo,
e il mondo agli occhi suoi, riputando l’esempio atto più ad ammaestrarla che a
corromperla.
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