XXIII
Quello che si dice comunemente, che la
vita è una rappresentazione scenica, si verifica
soprattutto in questo, che il mondo parla costantissimamente
in una maniera, ed opera costantissimamente in
un’altra. Della quale commedia oggi essendo tutti recitanti, perché tutti
parlano a un modo, e nessuno quasi spettatore, perché
il vano linguaggio del mondo non inganna che i fanciulli e gli stolti, segue
che tale rappresentazione è divenuta cosa compiutamente inetta, noia e fatica
senza causa. Però sarebbe impresa degna del nostro
secolo quella di rendere la vita finalmente un’azione non simulata ma vera, e
di conciliare per la prima volta al mondo la famosa discordia tra i detti e i
fatti. La quale, essendo i fatti, per esperienza oramai bastante, conosciuti
immutabili, e non convenendo che gli uomini si affatichino
più in cerca dell’impossibile, resterebbe che fosse accordata con quel mezzo
che è, ad un tempo, unico e facilissimo, benché fino a oggi intentato: e questo
è, mutare i detti, e chiamare una volta le cose coi nomi loro.
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