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Giuseppe Parini
Discorso sopra la poesia

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  • DISCORSO SOPRA LA POESIA
    • I
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DISCORSO SOPRA LA POESIA

I

Lo spirito filosofico, che, quasi Genio felice sorto a dominar la letteratura di questo secolo, scorre colla facella della verità accesa nelle mani, non pur l'Inghilterra, la Francia e l'Italia, ma la Germania e le Spagne, dissipando le dense tenebre de' pregiudizii autorizzati dalla lunga età e dalle venerande barbe de' nostri maggiori, finalmente perviene a ristabilire nel loro trono il buon senso e la ragione. A lui si debbono i progressi che quasi subitamente hanno fatto per ogni dove le scienze tutte, e il grado di perfezione a cui sono arrivate le arti.
 Il maggiore poi de' beneficii, anzi quello che dentro di contiene tutti gli altri che recati ci abbia la moderna filosofia, si è lo averci avvezzati a ponderare con un certo disinteresse le cose, dimodochè l'età, il numero, la dignità delle circostanze ci possano sopraffare.
 Abbiamo ora appreso a prescindere da ogni vano abbigliamento, ed a gettarci immantinente sopra l'essenza della cosa, e, quella penetrando e investigando per ogni più ascoso ripostiglio, senza pericolo d'illusione siamo giunti a discoprirne il vero. In simile guisa la fisica, appoggiatasi all'esperienza, ha insegnato a ben giudicare della natura de' corpi, e colla scorta di essa quindi ha determinato la probabilità de' diversi sistemi, e quinci dimostrate ridicole le vane paure del volgo. La morale, postasi ad investigare direttamente il cuore umano, quivi ha trovato le vere origini delle passioni e le diverse modificazioni de' nostri affetti, e, da quelle argomentando, ha stabilito il vero carattere e il vero peso de' vizii e delle virtù. Così, esaminando le matematiche e le arti, pervenuti siamo a comprendere il giusto valor di ciascuna, distinguendo tra le necessarie e le utili, tra le utili e le dilettevoli, e tra le dilettevoli e le soverchie.
 La poesia medesima, della quale ho determinato ora di brevemente parlare, ha nuovi lumi acquistati dallo spirito filosofico; e, comechè abbia per una parte perduti i pomposi titoli che non solo i poeti, ma i maggiori filosofi ancora donati le aveano, di celeste, di divina e di maestra di tutte le cose, ha nondimeno ricevuto dall'altra un merito meno elevato, a dir vero, ma più solido e più certo. Questo vero merito della Poesia piacemi che sia il soggetto del Presente discorso, Che conterrà alcune mie riflessioni, le quali giudicherò meritar qualche cosa, qualora vengano accompagnate dalla vostra sincera approvazione.
 In due schiere partisco io la maggior parte di coloro che sogliono giudicare della poesia. Altri sono certi facitori di versi o sia misuratori di parole, i quali sì tosto che sono giunti a scriver quattordici righe d'undici sillabe per ciascuna, e le cui desinenze si corrispondano alternando con egual suono, così si persuadono d'essere arrivati ne' più intimi penetrali di quella spelonca

dove Apollo diventò Profeta.
(Petrarca, Canzoniere, CLXVI,
S'i' fossi stato fermo alla spelunca)

 Allora è che costoro, ringalluzzandosi, e di versificatori credendosi divenuti veramente poeti, così fanatici si dimostrano per amore della poesia, che null'arte stimano potersi accostare a quella, non che paragonare. A questi debbono accompagnarsi alcuni altri, i quali, essendo pur di qualche mezzano valore in quest'arte, di buona fede sono persuasi dell'eccellenza ed importanza di essa, e ragionano di que' lor sonetti e di quelle lor canzoncine, non già in maniera di passatempo, ma con quella gravità ch'altri discorrerebbe del piano d'una campagna o della spedizione d'una colonia.
 L'altra parte di coloro che sogliono dar giudizio sopra la poesia son quelli che, applicati essendo ad alcuna delle scienze o delle arti più utili, con troppa severità condannano questa e tengonla a vile, come quella che punto non serve agli umani bisogni, ch'è vano trattenimento di gente oziosa e il cui merito in altro non consiste fuorchè in una foggia di parlare diversa dal linguaggio comune.
 Ora oserò io sperare di potere far sì che, l'una di queste due parti scendendo alquanto, e l'altra alquanto salendo, s'incontrino in un giusto mezzo, che colla ragione consenta e colla verità? Io non credo di poter ciò meglio ottenere che coll'esaminare per poco in che consista la poesia.




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