DISCORSO SOPRA LA
POESIA
I
Lo spirito filosofico, che, quasi Genio felice sorto a dominar la
letteratura di questo secolo, scorre colla facella
della verità accesa nelle mani, non pur l'Inghilterra, la
Francia e l'Italia, ma la Germania e le Spagne,
dissipando le dense tenebre de' pregiudizii
autorizzati dalla lunga età e dalle venerande barbe de'
nostri maggiori, finalmente perviene a ristabilire nel loro trono il buon senso
e la ragione. A lui si debbono i progressi che quasi
subitamente hanno fatto per ogni dove le scienze tutte, e il grado di
perfezione a cui sono arrivate le arti.
Il maggiore poi de'
beneficii, anzi quello che dentro di sè contiene tutti gli altri che recati ci abbia la moderna
filosofia, si è lo averci avvezzati a ponderare con un certo disinteresse le
cose, dimodochè nè l'età, nè il numero, nè la dignità delle
circostanze ci possano sopraffare.
Abbiamo ora appreso a prescindere da
ogni vano abbigliamento, ed a gettarci immantinente sopra l'essenza della cosa,
e, quella penetrando e investigando per ogni più ascoso ripostiglio, senza
pericolo d'illusione siamo giunti a discoprirne il vero. In simile guisa la
fisica, appoggiatasi all'esperienza, ha insegnato a ben giudicare della natura de' corpi,
e colla scorta di essa quindi ha determinato la probabilità de'
diversi sistemi, e quinci dimostrate ridicole le vane
paure del volgo. La morale, postasi ad investigare direttamente il cuore umano,
quivi ha trovato le vere origini delle passioni e le diverse modificazioni de' nostri
affetti, e, da quelle argomentando, ha stabilito il vero carattere e il vero
peso de' vizii e delle
virtù. Così, esaminando le matematiche e le arti, pervenuti siamo a comprendere
il giusto valor di ciascuna, distinguendo tra le necessarie e le utili, tra le
utili e le dilettevoli, e tra le dilettevoli e le soverchie.
La poesia medesima, della quale ho
determinato ora di brevemente parlare, ha nuovi lumi
acquistati dallo spirito filosofico; e, comechè abbia
per una parte perduti i pomposi titoli che non solo i poeti, ma i maggiori
filosofi ancora donati le aveano, di celeste, di
divina e di maestra di tutte le cose, ha nondimeno ricevuto dall'altra un
merito meno elevato, a dir vero, ma più solido e più certo. Questo vero merito
della Poesia piacemi che sia
il soggetto del Presente discorso, Che conterrà alcune mie riflessioni, le
quali giudicherò meritar qualche cosa, qualora vengano accompagnate dalla
vostra sincera approvazione.
In due schiere partisco io la maggior
parte di coloro che sogliono giudicare della poesia. Altri sono certi facitori di versi o sia misuratori di parole, i quali sì
tosto che sono giunti a scriver quattordici righe d'undici sillabe per
ciascuna, e le cui desinenze si corrispondano
alternando con egual suono, così si persuadono
d'essere arrivati ne' più intimi penetrali di quella spelonca
Là dove Apollo diventò Profeta.
(Petrarca, Canzoniere, CLXVI,
S'i' fossi stato fermo alla spelunca)
Allora è che costoro, ringalluzzandosi, e di versificatori credendosi divenuti veramente poeti, così fanatici si dimostrano per
amore della poesia, che null'arte stimano potersi accostare a quella, non che
paragonare. A questi debbono accompagnarsi alcuni
altri, i quali, essendo pur di qualche mezzano valore in quest'arte,
di buona fede sono persuasi dell'eccellenza ed importanza di essa, e ragionano
di que' lor sonetti e di
quelle lor canzoncine, non già in maniera di
passatempo, ma con quella gravità ch'altri discorrerebbe del piano d'una
campagna o della spedizione d'una colonia.
L'altra parte di coloro che sogliono dar
giudizio sopra la poesia son quelli che, applicati
essendo ad alcuna delle scienze o delle arti più utili, con troppa severità
condannano questa e tengonla a vile, come quella che
punto non serve agli umani bisogni, ch'è vano trattenimento di gente oziosa e
il cui merito in altro non consiste fuorchè in una
foggia di parlare diversa dal linguaggio comune.
Ora oserò io sperare di potere far sì che,
l'una di queste due parti scendendo alquanto, e l'altra alquanto salendo,
s'incontrino in un giusto mezzo, che colla ragione consenta e colla verità? Io
non credo di poter ciò meglio ottenere che coll'esaminare
per poco in che consista la poesia.
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