IV
Egli è adunque certissimo
che la poesia è un'arte atta per se medesima a dilettarci, coll'imitar
ch'ella fa della natura e coll'eccitare
in noi le passioni ch'ella copia dal vero. E questo è un pregio non vano, non
ideale, non puerile dell'arte stessa.
Le si aggiungono
nondimeno altri pregi non manco reali di questo. La versificazione, lo stile,
la lingua e simili, che formano la parte meccanica di
lei, non meritano meno d'esser considerate; ma noi per ora le tralasceremo,
bastandomi che sia chiaro come la poesia abbia facoltà di piacerne per via del
sentimento, ch'è la parte più nobile, anzi l'anima e lo spirito di quest'arte.
Che se altri richiedesse se la poesia
sia utile o no, io a questo risponderei ch'ella non è già necessaria come il
pane, nè utile come l'asino o il bue; ma che, con
tutto ciò, bene usata, può essere d'un vantaggio considerevole alla società. E,
benchè io sia d'opinione che l'instituto
del poeta non sia di giovare direttamente, ma di
dilettare, nulladimeno son persuaso che il poeta
possa, volendo, giovare assaissimo. Lascio che tutto
ciò che ne reca onesto piacere si può veramente dire a noi vantaggioso; conciossiachè, essendo certo che utile è ciò che
contribuisce a render l'uomo felice, utili a ragione si
posson chiamare quell'arti
che contribuiscono a renderne felici col dilettarci in alcuni momenti della
nostra vita.
Ma la Poesia può ancora esser utile a
quella guisa che utili sono la religione, le leggi e la politica. E non in vano si gloriano i poeti che la loro arte abbia
contribuito a raccoglier insieme i dispersi mortali sotto le graziose allegorie
d'Anfione e d'Orfeo. Omero ha pure insegnato, molto
imperfettamente bensì, ma pure quanto era permesso alla sua stagione, la
condotta delle cose militari, e i primi capitani della Grecia hanno fatto sopra
l'Iliade i loro studii; di che mi possono essere
buoni testimoni Platone, Aristotele, Plutarco ed altri
autori. Nè sono da dimenticarsi i cantici militari di
Tirteo, che infiammarono e spinsero alla vittoria gli
sconfitti Spartani, e che per pubblico decreto cantavansi
in ogni guerra dinanzi alla tenda del capitano. Esiodo ha insegnata
l'agricoltura, ed altri altre arti o sia fisiche o sia morali.
Egli è certo che la poesia, movendo in
noi le passioni, può valere a farci prendere abborrimento
al vizio, dipingendocene la turpezza, e a farci amar
la virtù, imitandone la beltà. E che altro fa il poeta
che ciò, collo introdurre sulla scena i caratteri lodevoli e vituperevoli delle
persone? Per qual altro motivo crediamo noi che tanto ben regolate repubbliche
mantenessero dell'erario comune i teatri? solamente
per lo piccolo fine di dare al popolo divertimento? Troppo male noi penseremmo
delle saggie ed illuminate menti de' loro legislatori. Il loro
intento si fu di spargere, per mezzo della scena, i sentimenti di probità, di
fede, di amicizia, di gloria, di amor della patria,
ne' lor cittadini; e finalmente di tener lontano
dall'ozio il popolo, in modo che non gli restasse tempo da pensare a dannosi macchinamenti contro al governo, e perchè,
trattenuto in quelli onesti sollazzi, non si desse in preda de'
vizii alla società perniciosi. Ciò ch'io
ho detto de' componimenti teatrali, si può dir colla
debita proporzione ancora d'ogni altro genere di poesia.
Se la poesia dunque è tale, come io,
scorrendola per varii capi, ho dimostrato, e come a
chi spassionatamente la esamina dee comparire, onde proviene che a' di nostri, e spezialmente in
Italia, incontra tanti disprezzatori? Se io ho a dire la verità, io temo che
ciò proceda non già dal difetto dell'arte, nè dei
valenti coltivatori di essa.
Per bene avvederci dell'origine di
questo disprezzo prendiamone un esempio dalla medicina. Questa scienza ha forse
ora tanti contradditori e tanti disprezzatori quanti ne ha
la poesia. Niuna cosa è più facile dell'asserire che una persona ha il tal
male, nè dello scrivere una ricetta
; così nulla è di più agevole che il misurare alcuno parole e il
chiuderlo In uno spazio determinato. Quindi è che al mondo si trovano tanti
ciarlatani, che di medico il nome si usurpano o loro si concede
gratis, e tanti versificatori che da sè assumono il
nome di poeta, o loro per certa trascuraggine vien conceduto dalla moltitudine, che non pensa più oltre.
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