V
Basta che un giovine
sia pervenuto a poter presentarvi una cattiva prosa frastagliata in versi, che,
più non pensando alla preziosità che la pietra richiede, commendiamo qualunque
vile selce o macigno, perchè il maestro ha saputo
segarlo. Noi non istiamo ad esaminare se l'artefice
di quella pietra ci abbia saputo formare una Venere
degna d'esser collocata in una reale galleria, ovveramente
un passatoio o un termine da piantarsi a partire il campo di Damone da quello di Tirsi.
Son come i cigni anco
i poeti rari,
Poeti che non sien del nome indegni,
(Orlando Furioso XXXV, 33.)
disse già l'Ariosto. Eppure noi veggiamo
tuttodì uscir delle scuole un numero di gioventù che con quattro sonetti
pretende di meritarsi il nome di poeta, e si trova chi loro il concede. Una mediocre osservazione della gramatica,
la legittimità delle rime, un pensiero che non sia
affatto ridicolo bastano per far sì che ogni monaca che si seppellisce, che
ogni moglie che becca un marito, che ogni bue che prenda la laurea, ricorrano a
voi. Sì tosto che soli quattordici de' tuoi versi
possono ottener l'onore d'essere ammessi in una raccolta, eccoti diventato
poeta.
Le scuole pubbliche istesse
contribuiscono a disonorare la poesia. Non contento, chi lor
presiede, d'insegnar male le arti che servir debbono
d'introduzione al viver civile, si sbraccia nel volere che gli scolari
diventino poeti. E perchè
questo mai? E a che può bisognare nel mondo ad un giovine
un'arte ch'è di puro piacere? perchè
adunque non si ammaestra quivi ancora la gioventù
nella musica e nella pittura? Frattanto ecco il danno che ne
proviene. Si fa perdere per qualche anno la metà della giornata ai
giovani che sono quivi adunati, in una inutile o seccagginosa occupazione. Molti di essi,
che hanno dalla natura qualche disposizione maggiore al verseggiare, trascurano
il più importante dell'eloquenza, e, invaghiti di se medesimi, da se stessi si
applaudiscono; un puerile amore di gloria gli accende; e, qualora escano
dall'erudito ginnasio, innamorati de' vezzi della
poesia ma senza bastevoli doti da poterne godere giammai, odiando ogni scienza
ed ogni arte necessaria al viver civile, rimangono a carico de'
lor genitori, si rendono ridicoli a'
lor compagni meglio consigliati, e, se mai producono
alcuna cosa, servono di trastullo alle persone o si assicurano le fischiate
della posterità.
Questo gran numero di verseggiatori, adunque, è la cagione per cui da molte altronde savie
persone viene in sì piccol conto tenuta la poesia. Nè meno cooperano a ciò molti, per altro valorosi,
rimatori, i quali vengono ammirati bensì, ma non piacciono.
Il poeta, come si può dedurre da quel
che di sopra abbiamo detto della poesia, dee toccare e muovere; e, per
ottener ciò, dee prima esser tócco e mosso egli
medesimo. Perciò non ognuno può esser poeta, come
ognuno può esser medico e legista.
Non a torto si dice che il poeta dee
nascere. Egli dee aver sortito dalla natura una certa
disposizione degli organi e un certo temperamento che il renda abile a sentire
in una maniera, allo stesso tempo forte e dilicata,
le impressioni degli oggetti esteriori; imperocchè
come potrebbe dilicatamente o fortemente dipingerli
ed imitarli chi per un certo modo grossolano ed ottuso le avesse ricevuto?
La poesia che consiste nel puro torno
del pensiero, nella eleganza dell'espressione, nell'armonia del verso, è come
un alto e reale palagio che in noi desta la
maraviglia ma non ci penetra al cuore. Al contrario la poesia che tocca e
muove, è un grazioso prospetto della campagna, che ci allaga e ci inonda di dolcezza il sono.
Ora che dovremo dire della nostra
presente poesia italiana? Infinite cose ci sarebbero a dire. Ma perciocchè il tempo è venuto meno al buon volere,
permettetemi ch'io rimetta ad altra occasione li
discorrervene a lungo. Frattanto io spero che verrà a ragionarvi meglio di me,
e di più importanti cose che queste non sono, qualche
altro degli Accademici, cui l'esempio dell'abate Soresi
e di me abbia rianimato a continovare un esercizio,
che ci può essere nello stesso tempo utile e piacevole, quale è questo delle
Lezioni private: di maniera che, se noi non vi abbiamo giovato o dilettato col
recitarvi le cose nostre, possiam lusingarci almeno
di averlo fatto coll'eccitamento datovi, acciocchè, ogni mese almeno, ci trattenghiate
con qualche vostro lavoro.
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