II.
Roma, 24 aprile ‘97
Ed ora
permettetemi di passare alla considerazione di certe cose prosaicamente
piccole, ma che, come assai spesso accade delle cose piccole nelle faccende
grosse del mondo, hanno assai peso nel fatto nostro.
Gli scritti di
Marx e di Engels - tanto per tornare a loro, che sono principalmente in causa -
furon essi mai letti per intero da nessuno, il quale si trovasse fuori
della schiera dei prossimi amici ed adepti, e quindi, dei seguaci e degl'interpreti
diretti degli autori stessi? Furono mai quegli scritti fatti tutti
oggetto di commento e di illustrazione, da gente che si trovasse fuori del
campo, che s'è formato intorno alla tradizione della deutsche
Socialdemokratie; nella quale impresa di lavoro applicativo ed esplicativo
ha per anni primeggiato soprattutto la “Neue Zeit”, magazzino indispensabile
delle dottrine del partito? Intorno a quegli scritti, in brevi parole, non si è
formato, fuori che in Germania, ed anche ivi assai parzialmente, e qualche
volta con modi non pienamente critici, ciò che i neologisti chiamano ambiente
letterario.
E poi la rarità
di molti di quegli scritti, e anzi la irreperibilità di alcuni di essi! C'è
molta gente al mondo, che abbia la pazienza di mettersi per degli anni, come
toccò a me, alla ricerca di un esemplare della Misère de la philosophie, che
fu solo assai di recente ristampata a Parigi, o di quel singolare libro che è
la Heilige Familie; e che sia disposta a durar più fatica per avere a
disposizione un esemplare della “Neue Rheinische Zeitung”, di quella non
tocchi, in condizioni ordinarie, a qualunque filologo o storico presentemente
per leggere e studiare tutti i documenti dell'antico Egitto? A me che pure ho
una certa pratica alquanto notevole dei libri e del modo di ricercarli, non è
toccata mai briga più fastidiosa di cotesta. Il leggere tutti gli scritti dei
fondatori del socialismo scientifico è parso fino ad ora come un privilegio da
iniziati! 1.
Che maraviglia,
dunque, se fuori della Germania, e quindi anche in Francia, e anzi in Francia
segnatamente, molti e molti scrittori, e specie fra i pubblicisti, abbiano
avuto la tentazione di ritrarre, o da critiche di avversarii, o da citazioni
incidentali, o da frettolose illazioni ricavate da brani speciali, o da vaghi
ricordi, gli elementi per foggiarsi un marxismo di loro invenzione e
maniera? Tanto più, poi, che, col sorgere in Francia ed in Italia di partiti
socialistici, che dal più al meno sono in voce di rappresentare una
esplicazione del marxismo, il che pare a me invero designazione inesatta, ai
letterati d'ogni maniera si offerse la comoda opportunità di credere o di far
credere, che in ogni discorso di propagandista o di deputato, in ogni enunciato
di programma, in ogni articolo di giornale, in ogni atto di partito, ci fosse
come l'autentica e ortodossa rivelazione della nuova dottrina, esplicantesi
nella nuova chiesa. Alla Camera Francese non si fu due anni fa quasi quasi sul
punto di discutere della dottrina del valore di Marx... come se fossimo
a Bisanzio? E che dirvi di tanti professori italiani, che han citato e discusso
per anni libri ed opuscoli, che notoriamente non eran mai giunti in questi
nostri paraggi; e specie dappoi che il signor Giorgio Adler2 scrisse quei suoi due libri alquanto
superficiali quanto inconcludenti, nei quali però egli offerse ai ricercatori
di comoda erudizione e ai facitori di plagio i facili tesori della bibliografia
e delle copiose citazioni: perché, a dir vero, quel signor Adler ha molto letto
come ha molto peccato.
Il materialismo
storico, che poi in un certo senso è tutto il marxismo, prima che entrasse
nell'ambiente critico letterario degli atti a svolgerlo e continuarlo, è
passato qui, fra noi popoli di lingue neolatine, attraverso ad una infinità di
equivoci, di malintesi, di alterazioni grottesche, di strani travestimenti e di
gratuite invenzioni: tutte cose coteste, che nessuno vorrà mettere a carico
della storia del socialismo, ma che, in tutti i modi non poteano non tornare
d'impaccio ai volenterosi di farsi una coltura socialistica, specie se son
persone che escano dalle file degli studiosi di professione.
Voi sapete la
fantastica storiella del biondo Marx inauguratore della Internazionale a
Napoli nel 1867, che fu raccontata dal Croce nel “Devenir Social”. Io di quelle
storielle potrei narrarvene parecchie. Che dirvi dello studente corso anni fa a
casa mia a vedere, una volta almeno de visu, la famigerata Misère de
la philosophie! Rimase sbalordito: “dunque - diceva - è un libro serio di
economia politica?” – “E oltre che serio - soggiunsi io - di dicitura
difficile, e in molti punti oscuro”. Non si poteva capacitare. “Vi aspettavate
- gli dissi - un poema su gli eroi della soffitta, o un romanzo come
quello del giovane povero?” Per fino quel bisbetico titolo di Heilige
Familie (Sacra Famiglia) ha dato ad alcuni occasione di
stranamente almanaccare. Singolare ventura di quella coterie di
posthegeliani - tra i quali, del resto, era un uomo notevole e di valore,
Bruno Bauer - che le sia toccato di passare ai posteri nel curioso persiflage
che ne fecero i due giovani scrittori! E dire che quel libro - che alla più
parte dei lettori francesi apparirebbe duro, intricato ed incondito - non è
veramente notevole, se non perché ci mostra come Marx ed Engels, liberi già
dallo scolasticismo hegeliano, si andassero districando dall'umanitarismo del
Feuerbach, e, mentre s'avviavano a quella che fu poi la dottrina loro, fossero
ancora in certo tal quale modo intinti di quel socialismo vero, che più
tardi essi stessi volsero in satira nel Manifesto.
Ma a canto a
queste storielle, tutte da ridere, qui in Italia se n'è svolta una, che
veramente non fa ridere: e intendo dire del caso Loria. Proprio in questi
ultimi anni, nei quali, tra difficoltà
grandissime, s'è andato formando da noi un partito socialistico, che nei
programmi e negl'intenti, e, per quanto la condizione del paese lo consente,
alla men trista anche nelle opere, risponde alle tendenze del socialismo
internazionale, proprio in questi ultimi anni venne in capo a parecchi, o
studenti, o quasi ex-studenti, di fare del signor Loria, ora l'autentico autore
delle dottrine del socialismo scientifico, ora l'inventore della
interpretazione economica della storia, ora tante e tante altre cose diverse, contrarie
e contraddittorie: di modo che il Loria, a sua insaputa e senza merito o colpa
sua, è passato a un tempo stesso ora per Marx, ora per anti-Marx, ora per
vice-, per sopra-, o per sotto-Marx. Anche cotesto equivoco è oramai
trapassato: e sia pace alla memoria sua. Da che i Problemi Sociali del
signor Loria furono tradotti in francese, parrà strano a molti dei vostri
compaesani, che quello scrittore sia potuto passare, non che per socialista in
genere, la quale opinione può parere in fin delle fini atto o segno
d'ingenuità, ma anzi per un continuatore e correttore di Marx; il che è
veramente sproposito da far rizzare i capelli.
Dunque, per
tali aneddoti d'intuitiva esemplarità, consolatevi per ciò che riguarda la
Francia; perché, non solo è vero, che intra Iliacos muros peccatur et extra,
ma perché, in fin delle fini, nessuno che non appartenga alla categoria di
quei folli, che sono i genii incompresi, può non convenire di questo principio:
che non si arriva mai tardi al mondo per fare il dover suo. E anzi qui, in
questo caso, si arriva tanto poco tardi, che, come Engels mi scriveva poche
settimane prima di morire: noi siamo al primo cominciamento ancora!
E tanto, perché
in questo primo cominciamento sia dato agli studiosi di occuparsi della
dottrina in questione con piena cognizion di causa, col minimo d'incomodo e col
preciso possesso delle prime fonti, pare a me, che sarebbe dovere del partito
tedesco di procurare una edizione completa e critica di tutti gli scritti
di Marx e di Engels; una edizione, voglio dire, che sia corredata, caso per
caso, di prefazioni dichiarative, di indici di riferimento, di note e di
rimandi. Sarebbe già un'opera meritoria il togliere agli antiquarii di libri il
modo di esercitare una indecente speculazione - ne so io qualcosa - su le
rarissime copie degli scritti più antichi. Agli scritti già apparsi in forma di
libri o di opuscoli converrebbe aggiungere gli articoli di giornali, i
manifesti, le circolari, i programmi, e tutte quelle lettere, che, per essere
di pubblico e di generale interesse, per quanto dirette a privati, hanno
importanza politica o scientifica3.
A tale impresa
non possono mettersi se non i socialisti di lingua tedesca. Non già che Marx ed
Engels appartengano alla Germania soltanto, nel senso patriottico e
sciovinistico, che ha per molti la parola di nazionalità. La forma dei loro
cervelli, l'andamento delle loro produzioni, l'assetto logico dei loro modi di
vedere, il loro senso scientifico e la loro filosofia, furono il portato ed il
resultato della coltura tedesca: ma la sostanza di ciò che essi han pensato ed
esposto è tutta nelle condizioni sociali, che s'eran svolte fino agli anni più
che maturi di loro vita per la massima parte fuori della Germania e
segnatamente in quelle della grande rivoluzione economico-politica, che dalla
seconda metà del secolo XVIII ebbe base e svolgimento soprattutto in
Inghilterra ed in Francia. Essi furono, per ogni rispetto, spiriti
internazionali. Ma, nulladimeno, solo fra i socialisti di lingua tedesca si
trova, a cominciare dalla Lega dei Comunisti fino al programma di Erfurt e fino
agli ultimi articoli del cauto, e ponderato Kautsky, quella continuità e
persistenza di tradizione, e quel sussidio di costante esperienza che
occorrono, perché l'edizione critica trovi nelle cose stesse e nella memoria
degli uomini i dati occorrenti a farla piena e viva. Né si tratta di scegliere.
Tutta la operosità scientifica e politica, tutta la produzione letteraria, sia
pur essa occasionale, dei due fondatori del socialismo critico, deve esser
messa alla portata dei lettori. Non si tratta già di compilare un Corpus
juris, né di redigere un Testamentum juxta canonem receptum; ma di
mettere insieme una elaborata raccolta di scritti, perché essi parlino
direttamente a chiunque abbia voglia di leggerli. Solo così gli studiosi di
altri paesi potranno avere a loro disposizione tutte le fonti, che altrimenti
apprese, per via di incerte riproduzioni o di vaghi ricordi, han dato luogo a
questo strano fenomeno, che non c'era fino a poco tempo fa quasi scritto alcun
di lingua non tedesca sul marxismo, che procedesse da una critica documentata;
specie se tali scritti uscivano dalla penna degli scrittori di altri partiti
rivoluzionarii, o di altre scuole socialistiche. Il caso tipico è quello degli
scrittori anarchisti, pei quali, specie in Francia ed in Italia, l'autore del
marxismo pare il più delle volte non sia esistito se non per essere lo
staffilatore di Proudhon e l'avversario di Bakunin, quando non divenga il
semplice caposcuola di quella che agli occhi loro è la massima delle reità,
ossia il rappresentante tipico del socialismo politico, e quindi - o infamia! -
anche parlamentare.
Tutti cotesti
scritti hanno un fondo comune; e questo è il materialismo storico, inteso nel
triplice aspetto, di tendenza filosofica nella veduta generale della vita e del
mondo, di critica dell'economia, che ha modi di procedimento riducibili in
leggi solo perché rappresenta una determinata fase storica, e di
interpretazione della politica, e soprattutto di quella che occorre e giova
alla direzione del momento operaio verso il socialismo. Questi tre aspetti, che
qui enumero astrattamente, come accade sempre per comodo di analisi, faceano
uno nella mente degli autori stessi. Perciò quegli scritti, che, tranne il caso
dell'Antidühring di Engels e del primo volume del Capitale, non parranno mai ai
letterati di tradizione classica come condotti secondo i canoni dell'arte di faire
le livre, sono in verità delle monografie, e nella più parte dei casi dei
lavori d'occasione. Ossia, sono i frammenti di una scienza e di una politica
che è in continuo divenire; e che altri - e non dico che ciò sia l'affare del
primo venuto - deve e può continuare. Per intenderli, dunque, a pieno, bisogna
ricollegarli biograficamente; e in tale biografia è come la traccia e l'orma, e
a volte l'indice e il riflesso della genesi del socialismo moderno. Chi cotesta
genesi non è in grado di seguire, cercherà in quei frammenti ciò che non c'è, e
non ci ha da essere: per es., delle risposte a tutti i quesiti che la scienza
storica e la scienza sociale possano mai offrire nella loro vastità e varietà
empirica, o una soluzione sommaria dei problemi pratici d'ogni tempo e d'ogni
luogo. A proposito ora, per es., della questione d'Oriente, nel discutere la
quale alcuni socialisti offrono lo spettacolo singolare di una lotta fra
l'idiotismo e l'avventataggine, si sente d'ogni parte fare appello al marxismo! 4. Difatti i dottrinarii e i
presuntuosi d'ogni genere, che han bisogno degl'idoli della mente, i facitori
di sistemi classici buoni per l'eternità, i compilatori di manuali e di
enciclopedie, cercheranno per torto e per rovescio nel marxismo ciò che esso
non ha mai inteso di offrire a nessuno. Costoro intendono il pensato ed il
saputo come cose che esistano materiatamente; ma non intendono il
pensare ed il sapere come operosità che siano in fieri. Costoro son metafisici,
secondo il senso che Engels attribuisce a cotesta parola, e che, veramente,
non è il solo che quella parola abbia o possa avere: secondo il senso, in
somma, che Engels le attribuisce per via d'una insistente amplificazione della
caratteristica che Hegel applicava agli ontologisti come Wolf e simiglianti.
Ma che forse Marx,
nello scrivere da pubblicista insuperato, nel periodo di tempo dal 1848-60, i
suoi saggi di storia contemporanea e i suoi memorabili articoli di giornale,
ebbe mai la pretesa di atteggiarsi a compiuto istoriografo; la qual cosa non
gli sarebbe forse riuscito d'esser mai, non essendo questa la vocazione e
l'attitudine sua? O che forse Engels, nello scrivere l'Antidüring, che
fino all'ora presente è il più compiuto libro di socialismo critico, il quale
reca a un di presso tutta quella filosofia che occorre alla intelligenza del
socialismo stesso, s'è mai sognato di descriver fondo, nel giro di così breve e
squisitissimo lavoro, all'universo scibile, e di segnare in perpetuo i termini
della metafisica, della psicologia, dell'etica, della logica e come altro si
chiamino, o per ragioni intrinseche di obiettiva partizione, o per ripiego e
comodo e vanità dei professanti l'insegnamento, le sezioni dell'enciclopedia? O
che è forse il Capitale una di quelle tante enciclopedie di tutto lo
scibile economico, delle quali ora precisamente i professori, specie se
tedeschi, van riempiendo il mercato?
Quell'opera,
per quanto vasta di tre volumi in quattro non piccoli tomi, può parere, a
confronto di tali enciclopediche compilazioni, come rassomigliante ad una
colossale monografia. Il suo soggetto principalissimo è la origine ed il
processo del sopravvalore (nell'orbita, s'intende, della produzione
capitalistica), poi, dopo combinata la produzione con la circolazione del
capitale, la spartizione del sopravvalore stesso. Sta come presupposto del
tutto la teoria del valore, portata a compimento su la elaborazione che
ne avea fatta la scienza economica per un secolo e mezzo: teoria che non
rappresenta mai un factum empirico tratto dalla volgare induzione, né
esprime una semplice posizione logica, come qualcuno ha almanaccato, ma
è la premessa tipica, senza della quale tutto il resto non è pensabile.
Le premesse di fatto, ossia il capitale preindustriale e la genesi sociale del
salariato, sono i capisaldi della spiegazione storica dell'iniziarsi del
capitalismo attuale: - il meccanismo della circolazione, con le sue leggi
secondarie e laterali, e da ultimo i fenomeni della distribuzione, guardati nei
loro aspetti antitetici e di relativa indipendenza, formano il tramite e le illazioni,
attraverso il quale e per le quali, si arriva ai fatti di configurazione
concreta, come ce li porge il movimento apparente della vita di tutti i giorni.
Il modo di rappresentazione dei fatti e dei processi è generalmente tipico,
perché si suppongon sempre come già tutte esistenti in atto le condizioni della
produzione capitalistica: ond'è, che le altre forme di produzione vengono
illustrate, o solo in quanto furono superate di già, e per il modo come furono
superate, o in quanto, come residuo, tornan di limite e d'impedimento alla
forma capitalistica. Di qui il frequente passare attraverso alle illustrazioni
di mera storia descrittiva per poi tornare, dalla dichiarazione delle premesse
di fatto, alla esplicazione genetica del modo come quelle premesse, data la
loro concorrenza e concomitanza, debbano funzionare tipicamente, formando esse
la struttura morfologica della società capitalistica. Da ciò dipende, che quel
libro, che non è mai dommatico, appunto perché critico, ed è critico, non nel
senso subiettivo della parola, ma perché ritrae la critica dal moto antitetico
e quindi contraddittorio delle cose stesse, anche nei punti nei quali arriva
alla descrittiva storica non si perde nello storicismo volgare, il cui
segreto è questo: rinunziare alla ricerca delle leggi del variare, e alle
varietà semplicemente enumerate e descritte appiccicare l'etichetta di processo
storico, di sviluppo o di evoluzione. Il filo conduttore di questa
genesi è il procedimento dialettico; ed è questo il punto scabroso, che mette
in tristissima condizione tutti i lettori del Capitale, che nel leggerlo
vi portino dentro gli abiti intellettuali degli empiristi, dei metafisici, e
dei padri definitori di entità concepite in aeternum. La fastidiosa
questione che si è fatta da molti sulle contraddizioni, che, secondo loro5, correrebbero fra il III e
il I volume del Capitale (qui intendo di parlare dello spirito della
disputa e non delle particolari osservazioni perché, di fatti, il III volume è
tutt'altro che un lavoro compiuto, e può offrire materia di critica anche a chi
professi in genere gli stessi principii), si vede come alla più parte di questi
critici manchi la nozione esatta del procedimento dialettico. Le contraddizioni
che essi notano non sono le contraddizioni del libro col libro stesso, non sono
le infedeltà dell'autore alle sue premesse e promesse: ma sono le stesse
condizioni antitetiche della produzione capitalistica, che, enunciate in
formule, si presentano allo spirito pensante come contraddizioni. Rata media di
profitto in ragione della quantità assoluta del capitale impiegato, e, cioè,
indipendentemente dalla varia composizione sua, ossia dalla proporzione fra
capitale costante e capitale variabile; - prezzi che si costituiscono sul
mercato per via di medie, che oscillano con assai difforme oscillazione intorno
al valore, e da questo si dilungano; - interesse puro e semplice del danaro
posseduto come tale, e abbandonato a prestito all'industria degli altri; -
rendita della terra, cioè di ciò che non fu mai prodotto di alcun lavoro; -
queste ed altre smentite alla così detta legge del valore (- gli è
proprio quel termine di legge che imbroglia i cervelli di molti! -) son
le antitesi stesse del sistema capitalistico. Queste antitesi, ossia l'irrazionale,
che, malgrado che paia irrazionale, esiste - a cominciare dal primissimo
irrazionale, che cioè il lavoro del lavoratore salariato renda a chi lo piglia
a mercede un prodotto superiore al costo (salario) - questo vasto sistema delle
contraddizioni economiche (per tale espressione sia reso onore a
Proudhon!) è ciò che ai socialisti sentimentali, ai socialisti semplicemente
ragionatori, e poi via via ai declamatori radicali, apparisce come l'insieme
delle ingiustizie sociali: - di quelle ingiustizie, che la onesta gente
fra i riformatori vorrebbe eliminare con degli onesti ragionamenti di legge!
Chi confronti ora, alla distanza di cinquanta anni, la trattazione di coteste
antinomie concrete nel III volume del Capitale con la Misère de la
philosophie, è bene in grado di riconoscere in che consista il filo
dialettico della trattazione. Le antinomie, che Proudhon volea astrattamente
risolvere (e per tale errore egli ha un posto nella storia) come ciò che la
ragion ragionante condanna in nome della giustizia, sono in fatti le condizioni
della struttura stessa, in guisa che la contraddizione è nella stessa ragion
d'essere del processo. L'irrazionale considerato come un momento del processo
stesso, mentre ci libera dal semplicismo della ragione astratta, ci mostra, al
tempo medesimo, la presenza della negatività rivoluzionaria nello stesso
grembo della forma storica relativamente necessaria.
Comunque sia di
cotesta assai grave ed intricatissima questione di concezione processuale, che
io non oserei di trattare a fondo come l'incidente di una lettera, sta il
fatto, che non è dato ad alcuno di distrarre le premesse, gli andamenti
metodici, le illazioni e le conclusioni di quell'opera, dalla materia in cui si
svolge e dalle condizioni di fatto cui si riferisce, per ridurne la dottrina in
una specie di volgata o di precettistica per la interpretazione della storia di
qualunque tempo e luogo. Né si può dar frase più scipita e ridicola di quella
che proclama il Capitale la Bibbia del socialismo. Già, la Bibbia, che è
un insieme di libri religiosi e di trattazioni teologiche, l'hanno fatta i
secoli! E ci fosse pure la Bibbia, col solo socialismo i socialisti non
diverrebbero onniscienti!
Il marxismo -
giacché questo nome è oramai adottabile come simbolo e compendio di un
molteplice indirizzo e di una complessa dottrina - non è e non rimarrà tutto
rinchiuso negli scritti di Marx e di Engels. Ci vorrà, anzi, molto, prima che
esso divenga la dottrina piena e completa di tutte le fasi storiche già ridotte
alle rispettive forme della produzione economica, e regola al tempo istesso
della politica. A ciò fare occorre, o studio accuratamente nuovo di fonti, per
chi voglia ingegnarsi a studiare il passato secondo l'angolo visuale della
nuova veduta storico-genetica, o speciali attitudini di orientazione politica
in chi voglia praticamente operare al presente. Come quella dottrina è in sé la
critica, così non può essere continuata, applicata e corretta, se non criticamente.
Come si tratta di appurare e di approfondire determinati processi, così non
c'è catechismi che tenga, non c'è generalizzazioni schematiche che valgano. Ne
ho fatto la prova io quest'anno. Mi proposi di trattare all'Università della
condizione economica dell'Italia superiore e media in su la fine del XIII, e in
sul cominciamento del XIV secolo, col principale intento di spiegare l'origine
del proletariato di campagna e di città, per trovar poscia una qualche
prammatica spiegazione al sorgere di certe agitazioni comunistiche, e per
dichiarare da ultimo le vicende assai oscure della eroica vita di Fra Dolcino.
Fu certo intento mio d'essere e rimanere marxista; ma non posso non prendere
sotto la mia responsabilità personale le cose che dissi a mio rischio e
pericolo, perché le fonti su le quali mi toccava di lavorare son quelle che maneggiano
tutti gli altri storici, d'ogni altra scuola o indirizzo, e a Marx non aveva
niente da chiedere, poiché lui non aveva niente da offrirmi nella fattispecie.
Mi par quasi di
aver risposto sufficientemente - sebbene per altri rispetti mi tocchi di continuare
- alla domanda principale che ricorre non solo nella vostra Prefazione, alla
quale io specialmente mi riferisco, ma in parecchi dei vostri scritti inseriti
nel “Devenir Social”. La vostra domanda s'aggira sempre su questo punto: per
quali ragioni il materialismo storico ebbe fino ad ora così poca diffusione e
così scarso sviluppo?
Con riserva
delle cose che dirò in seguito - guardate che bella minaccia di ulteriore
seccatura io vi faccio - voi non dovreste trovar fatica a rispondere ad
un'altra domanda, che vi siete fatta, specie nello scrivere ceste recensioni, e
che suona a un di presso così - almeno in tali termini la tradurrei io -: come
va che in tale imperfetta cognizione ed elaborazione del marxismo, tanti si
sono affannati a completarlo, ora con Spencer, ora col positivismo in genere,
ora con Darwin, ora con ogni altro ben di dio, dando segno di volere, chi sa
mai, o italianizzare, o infranciosare, o russificare il materialismo storico;
mostrando, vale a dire, di dimenticare due cose, che questa dottrina reca in se
stessa le condizioni e i modi della sua propria filosofia, ed è, cosi nella
origine come nella sostanza, intimamente internazionale?
Ma anche per
questo riguardo mi tocca di continuare.
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