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Antonio Labriola
Discorrendo di socialismo e di filosofia

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  • VII.
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VII.

Roma, 16 giugno '97

 

Mi capita un bel caso. Mentre pareami di non esser venuto al termine ancora di queste mie epistole, m'è toccato di dover discorrere delle stesse precise cose, delle quali mi vado intrattenendo con voi, in altro luogo, in altra forma, e d'animo men lieto.

In uno degli ultimi numeri della “Critica Socialeapparve una specie di messaggio, che il signor Antonio De Bella, sociologo calabrese, dirigeva contro quei socialisti esclusivi, che per ogni cosa ed in ogni questione, a quel che dice lui, se ne stanno al verbo di Marx. Il De Bella ha mancato di farci sapere, se il Marx, cui quelli che tartassa s'appellano, sia il genuino, o un altro così per dire alterato, o a dirittura inventato, un Marx biondo, o che so io altro. Il fatto è che m'ha concesso l'onore di metterci anche me nel branco di cotesti ostinati, cui rivolge i suoi moniti e i suoi consigli, perché si completino d'altra più vasta coltura sociologica e naturalistica. Cita invero il solo mio nome, senza dire a quale mio scritto, detto o fatto intenda di richiamarsi: e poi giù un pochino del solito catechismo della sociologia intinta di darwinismo, con la inevitabile filastrocca di tanti nomi di autori.

Credetti opportuno di rispondere; un po' per dire sommariamente, come il socialismo scientifico non si trovi poi tanto a mal partito, da aver proprio bisogno di certi consigli; per mostrare, che i complementi suggeriti dal De Bella, o sono i sottintesi, o sono il contrario del marxismo; e soprattutto perché, trovandomi da un pezzo in qua in vena di conversare con voi di socialismo e di filosofia, m'è parso opportuno di fissare con note ad hominem parecchie delle considerazioni critiche, che vado svolgendo tête-à-tête con voi, con una certa tal quale bizzarria di forma.

Vi mando la mia risposta, come è apparsa nella “Critica Sociale” di ieri. E anche questa è una lettera; e, sebbene non sia diretta a voi, potete metterla nella collezione, come se facesse seguito. Completa e riassume le altre, con qualche leggera e scusabile ripetizione.

Questa lettera extra, che indirizzavo al direttore della “Critica Sociale”, non è dolce di sale. Non la scrissi proprio con l'intenzione di far cosa grata al signor De Bella. C'è del cattivo umore. Forse questo umor di critica rivelante amarezza m’è venuto dal fatto, che, standomene io con la mente rivolta allo studio di questo grave problema dei rapporti del materialismo sociale col rimanente della intuizione scientifica contemporanea, m'è parso che i consigli del signor De Bella, - che del resto non stava a spiare quel che io vado scrivendo a voi, - fossero, per lo meno quanto a me, inopportuni; se non altro perché non avrei la fantasia di chiedergliene.

 

 

Roma, 5 giugno '97

 

Caro Turati,

 

Non mi è ben chiaro se il De Bella, nominandomi, parli proprio di me. Sarei anzi inclinato a credere, che egli rivolga la sua tirata a un mannequin di sua fattura, al quale abbia, commoditatis causa, appiccicato il nome mio. Comunque sia, dal momento che mescola il mio nome alle sue meditazioni, io non posso a meno di aggiungere alla vostra una nuova postilla.

Com'è risaputo, io entrai esplicitamente e pubblicamente nelle vie del socialismo solo dieci anni fa28. Dieci anni sono un tratto di tempo non veramente lungo nella mia esistenza fisica, giacché ne conto ormai quattro oltre il mezzo secolo; ma sono un tratto a dirittura breve nella mia vita intellettuale. Prima, insomma, di diventar socialista, io avevo avuto inclinazione, agio e tempo, opportunità ed obbligo d'aggiustar le mie partite ed i miei conti col darwinismo, col positivismo, col neokantismo, e con quanto altro di scientifico si è svolto intorno a me, e ha dato a me occasione di svolgermi tra i miei contemporanei, poiché tengo cattedra di filosofia all'Università dal 1871, e per l'innanzi ero stato studioso di ciò che occorre per filosofare. Volgendomi al socialismo, non ho chiesto a Marx l'abicì del sapere. Al marxismo non ho chiesto, se non ciò ch'esso effettivamente contiene: ossia quella determinata critica dell'economia che esso è, quei lineamenti del materialismo storico che reca in sé, quella politica del proletariato che enuncia o preannuncia. Non chiesi al marxismo nemmeno la conoscenza di quella filosofia, che esso suppone, e, in un certo senso, continua, superandola per inversione dialettica; ed è l'hegelismo, che rifioriva appunto in Italia nella mia gioventù, e nel quale io m’ero come allevato. Manco a farlo a posta, la mia prima composizione filosofica, in data del maggio 1862, è una: Difesa della dialettica di Hegel contro il ritorno a Kant iniziato da Ed. Zeller! Per intendere il socialismo scientifico non mi occorreva, dunque, di avviarmi per la prima volta alla concezione dialettica, evolutiva o genetica, che dir si voglia, essendo io vissuto sempre in cotesto giro di idee, da che pensatamente penso. Aggiungo anzi, che, mentre il marxismo non mi tornava punto difficile nei suoi lineamenti intrinseci e formali, in quanto metodo di concezione, mi tornava invece di faticosa acquisizione nel suo proprio contenuto economico. E mentre io andavo facendo, nel miglior modo che mi fu possibile, cotesta acquisizione, non eradatopermesso a me di confondere la linea di sviluppo che è propria del materialismo storico, ossia il senso che ha qui in questo caso concreto l'evoluzione, con quella, direi quasi, malattia cerebrale, che da anni già ha invaso i cervelli di quei molti italiani, che parlano ora di una Madonna Evoluzione, e l'adorano.

Che mi chiede, dunque, il De Bella? Che io, a guisa di giovane seminarista, pur mo svestito, ritorni a scuola! O vuole ch'io mi faccia ribattezzare da Darwin, riconfermare da Spencer, reciti poi la confessione generale innanzi ai compagni, e mi prepari a ricevere da lui l'estrema unzione? Per quieto vivere lascerei correre tutto il resto; ma contro all'appello alla coscienza dei compagni protesto recisamente. I compagni rigidi e perfino tirannici per ciò che si attiene alla condotta politica del partito in una certa misura e in date condizioni, li ammetto. Ma i compagni che abbiano autorità di pronunziare da arbitri in fatto di scienza.. - solo perché compagni... via, la scienza non sarà messa ai voti mai, nemmeno nella cosiddetta società futura!

O vuole una più modesta cosa, che io, cioè, affermi e giuri che il marxismo non è la scienza universale, e che gli oggetti che contempla non sono l'Universo? Concedo subito. E sfido che io possa non concedere. Mi basta di ricordarmi dell'orario della Università, e dei moltissimi corsi che enumera. Anzi concedo ancora di più. Ecco qua: “Questa dottrina non è se non agl’inizii suoi, ed ha bisogno ancora di molto sviluppo(Del materialismo storico, cap. I) 29.

Difatti, ciò che tormenta il De Bella e tanti altri, gli è appunto la caccia alla universale filosofia, nella quale il socialismo possa poi essere bene allogato, come la parte nella visione del tutto. S'accomodino! La carta è paziente: così dicono gli editori tedeschi agli autori novellini. Ma non posso risparmiarmi due avvertenze. La prima è, che nessun sofo di questo mondo riuscirebbe mai a darci l'idea dell'universa filosofia in due colonne della “Critica Sociale". La seconda è affatto personale. Sono venti anni ormai che io ho in uggia la filosofia sistematica, e come cotesta disposizione d'animo mi ha reso più accessibile al marxismo che è uno dei modi nei quali lo spirito scientifico si è liberato dalla filosofia come per sé stante, cosi è causa della mia inveterata diffidenza per lo Spencer filosofo, che nei Primi Principii ci ha ridata una schematica del cosmo. E qui occorre che citi me stesso:

“Io non ero venuto in questa università, ventitré anni fa, qual rappresentante di una ortodossia filosofica, né da escogitatore di novello sistema. Per le fortunate contingenze della mia vita, io avevo fatta la mia educazione sotto l'influsso diretto e genuino dei due grandi sistemi, nei quali era venuta al termine suo la filosofia, che oramai possiamo chiamare classica; e ossia dei sistemi di Herbart e di Hegel, nei quali era arrivata all'estremo delle conseguenze l'antitesi tra realismo e idealismo, tra pluralismo e monismo, tra psicologia scientifica e fenomenologia dello spirito, tra specificazione dei metodi ed anticipazione di ogni metodo nella onnisciente dialettica. Già la filosofia di Hegel avea messo capo nel materialismo storico di Carlo Marx, e quella di Herbart nella psicologia empirica, che, a date condizioni, e dentro certi limiti, è anche sperimentale, comparata, storica e sociale. Eran quelli gli anni, nei quali, per la intensiva ed estensiva applicazione del principio dell'energia, della teoria atomica e del darwinismo, e col ritrovamento delle accertate forme e condizioni della fisiologia generale, si rivoluzionava a vista d'occhi tutta la concezione della natura. E in pari tempo, l'analisi comparativa delle istituzioni, in concorrenza con la linguistica e con la mitologia comparata, e poi la preistoria tutta, e, da ultimo, la economia storica, rovesciavano la più parte delle posizioni di fatto e delle ipotesi formali, su le quali, e per le quali, si era per l'innanzi filosofato sul diritto, su la morale e su la società. I fermenti del pensiero, quei fermenti che sono impliciti nelle nuove o nelle rinnovate scienze, non accennavano, come non accennano ancora, allo sviluppo di una novella sistematica filosofica, che tutto il campo della esperienza contenga e domini. Passo sopra alle filosofie di privato uso ed invenzione, com’è il caso dei Nietzsche e dei von Hartmann, e mi risparmio ogni critica di

questi pretesi ritorni ai filosofi di altri tempi30, che dànno per resultato una filologia in cambio della filosofia, com'è accaduto dei neokantiani.

Mi soffermo a notare il quasi inverosimile equivoco verbale, per il quale molti ingenuamente, e specie in Italia, confondono senz'altro quella specificata filosofia, che è il positivismo, col positivo, ossia col positivamente acquisito nella interminabile nuova esperienza naturale e sociale. A costoro capita, per es., di non saper distinguere nello Spencer, ciò che è merito incontrastabile in lui, d'aver cioè concorso a formare la fisiologia generale, da ciò che è impotenza in lui a spiegare un solo fatto storico concreto per mezzo della sua sociologia del tutto schematica. A costoro accade di non distinguere, nello stesso Spencer, ciò che è dello scienziato da ciò che è del filosofo; il quale, giuocando di scherma con le categorie dell'omogeneo, dell’eterogeneo, dell'indistinto, e del differenziato, del conosciuto e dell'inconoscibile, è anche lui un trapassato: è, cioè, a volte un kantiano inconsapevole e a volte un Hegel in caricatura.

L'ordinamento della Università deve anch'esso spiccatamente riflettere lo stato attuale della filosofia, che ormai consiste nella immanenza del pensiero nel realmente saputo; e, cioè, consiste nell'opposto di ogni anticipazione del pensiero sul saputo, per via della teologica o metafisica escogitazione” (L'Università e la libertà della scienza, Roma 1897, pp. 15, 16 e 17) 31.

Al postutto poi cotesta filosofia, dirò così, vagheggiata dal De Bella, non sarebbe, in fondo, se non una riedizione della triunità Darwin-Spencer-Marx, messa in giro con tanta suggestione di eloquenza, ma con tanto poca fortuna32, or son tre anni già, da Enrico Ferri. Ebbene, caro Turati, io voglio fare onestamente la parte dell'avvocato del diavolo, e riconosco, che in coteste incerte aspirazioni alla filosofia del socialismo, (e poco manca, alcuni non credano che debba essere una specie di filosofia a privato uso dei soli socialisti) e perfino nei molti spropositi che qua e si vanno dicendo, c'è un nocciolo di sentimento giusto, che risponde ad un reale bisogno. Molti di quelli che in Italia si dànno al socialismo, e non da semplici agitatori, conferenzieri e candidati, sentono che è impossibile di farsene una persuasione scientifica, se non riallacciandolo per qualche via o tramite alla rimanente concezione genetica delle cose, che sta più o meno in fondo a tutte le altre scienze. Di qui la mania che è in molti, di cacciar dentro al socialismo tutta quella rimanente scienza di cui più o meno essi dispongono. Di qui i molti spropositi e le molte ingenuità, in fondo sempre spiegabili. Ma di qui anche un grave pericolo; che, cioè, molti di cotesti intellettuali dimentichino che il socialismo ha il suo fondamento reale soltanto nella presente condizione della società capitalistica, e in ciò che il proletario e il rimanente popolo minuto possono volere e fare; - che per opera degli intellettuali Marx divenga un mito; - e che, mentre essi discorrono, dall'alto al basso e dal basso all'alto, tutta la scala dell'evoluzione, da ultimo in un non lontano congresso di compagni si metta ai voti questo filosofema: il primo fondamento del socialismo è nelle vibrazioni dell'etere33.

Per ciò mi spiego le ingenuità del De Bella. Se Marx fosse ancora vissuto! Già si capisce: essendo nato il 5 maggio 1818, ed essendo morto il 14 marzo 1883, poteva umanamente vivere ancora; e, vivendo - direi io – avrebbe portato a compimento il III volume del Capitale, che c’è rimasto così sgangherato e così oscuro. Nossignore, dice De Bella, sarebbe diventato materialista. Ma santi numi; se era tale dal 1845, e per ciò venne in uggia agli ideologi radicali di sua conoscenza! E oltre che materialista sarebbe diventato anche positivista. Il positivismo! Nella volgare cronologia cotesto nome designa la filosofia di Comte e suoi seguaci. Ora questa avea idealmente tirate le cuoia, già prima che Marx fisicamente morisse. Che bel vedere:

il materialismo - il positivismo - e la dialettica in santissima trinità! E poi, che altro bel vedere; il papato scientifico del Comte riconciliato con la indefinita progressività del materialismo storico, che risolve il problema della conoscenza in opposizione ad ogni altra filosofia, ed enuncia:

- non esserci limitazione fissa, né a priori a posteriori, alla conoscibilità, perché nell'indefinito processo del lavoro, che è esperienza, e dell'esperienza, che è lavoro, gli uomini conoscono tutto ciò che fa bisogno ed è utile di conoscere34. Quel Comte, che proclamava chiuso per sempre il ciclo della fisica e dell'astronomia, proprio nel momento in cui si ritrovava l'equivalente meccanico del calore, e pochi anni innanzi alla strepitosa scoverta dell'analisi spettrale; quel Comte, che nel 1845 dichiarava assurda la ricerca circa l'origine della specie!

Ma il materialismo storico, continua De Bella, ha da contemplarsi con la preistoria! E qui il diavolo ci mette proprio la coda. L'Ancient Society del Morgan, pubblicata in America e giunta in Europa in pochi esemplari con la ditta Mac-Millan di Londra (1877), fu messa come sotto sequestro dalla spietata lega del silenzio fattavi attorno dagli etnografi inglesi, o invidi, o paurosi. I resultati delle ricerche del Morgan circolarono però per il mondo precisamente per mezzo del libro dell'Engels, che s'intitola: Della origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato ( ediz. 1884, ediz. 1891), che è al tempo stesso recensione, esposizione e complemento del testo, e reca in sé la tentata ricongiunzione di Morgan e di Marx. E che dice Engels di Morgan? – “aver questi novellamente scoverto il materialismo storico, nella assoluta ignoranza di quanto Marx ne avesse scritto”; e quale fu l’occasione del libro? - il desiderio di mettere a profitto le note e le glosse lasciate da Marx!

Via, la volgare cronologia è qualcosa di assai importante... anche pei socialisti.

E torniamo pure all'inevitabile Spencer. Chi è mai, che, fuori d'Italia, si sia permesso di aggiudicarlo al socialismo? È forse lo Spencer un filosofo dell’altro mondo? Di lui e sopra di lui si può leggere ora in tutte le lingue, non esclusa quella dell'ammodernato Giappone. Né pecca di oscurità: anzi agli occhi miei, che amo la succosa brevità, pecca di prolissa e di minuziosa popolarità. Il primo scritto di lui che si conosca reca la data del 1843. Eravamo, si noti bene, nel più forte dell'agitazione cartista. Quello scritto s'intitola: Della sfera propria dello stato. Spencer fu alle viste di tutto il mondo come ammirato collaboratore dell'”Economist”, della “Westminster” e della “Edinburg Review”; e notiamo nuovamente le date, precisamente negli anni significativi dal 1848 al '59. Chi mai si è fatto illusioni in Inghilterra sul senso e sul valore delle sue vedute sociali e politiche? La Statica sociale apparve nel '51, la Psicologia ( ediz.) nel '55, il Trattato sulla educazione nel '61, la edizione dei Primi principii nel '62, la Classificazione delle scienze nel '64, la Biologia dal '64 al '67, per non dire dei minori Saggi, e tra questi notevolissimi l'Ipotesi dello sviluppo (1852), la Genesi della scienza (1854), e il Progresso e la sua legge (1857). E qui chiudo la filastrocca per arrestarmi alle pubblicazioni che precedono il volume del Capitale (25 luglio 1867). Non occorreva invero il genio di Marx per scorgere in tali scritti ciò che ero in grado di scorgervi io, da semplice studioso della filosofia, già 30 anni fa: che, cioè, la dottrina dell'evoluzione che vi si enuncia è schematica e non empirica, che quella evoluzione è fenomenale e non reale, e che essa ha di dietro lo spettro della cosa in sé di Kant, dapprima onorata in tutte lettere col nome di Dio o della Divinità (Statica, ediz. del 1851), più tardi circonlocuita nel riverito nome dell'Inconoscibile.

Metterei pegno, che, se mai Marx fra il '60 e il '70 avesse recensito le opere dello Spencer, avrebbe usato del seguente stile: “ecco l'ultimo avanzo ombratile del deismo inglese del secolo XVII; - ecco l'ultimo sforzo della ipocrisia inglese nel combattere la filosofia di Hobbes e di Spinoza; - ecco l'ultima proiezione del trascendente sul campo della scienza positiva; - ecco l'ultima transizione fra il cretinismo egoistico del signor Bentham e il cretinismo altruistico del Rabbi di Nazareth; - ecco l'ultimo tentativo dell'intelletto borghese per salvare, con la libera ricerca e la libera concorrenza nell'al di qua, un enigmatico brandello di fede per l'al di ; - solo il trionfo del proletariato può assicurare allo spirito scientifico le condizioni piene e perfette di sua propria esistenza, perché solo nella trasparenza dell'opera può essere congruamente trasparente l'intelletto”. Così Marx scrivea - cioè, volevo dire, così avrebbe potuto scrivere: - ma lui avea da pensare allora all'Internazionale, e di questa lo Spencer non ebbe tempo di avvedersi.

Il 17 marzo del 1883 Federico Engels, parlando al cimitero di Highate in memoria dell'amico Marx, morto tre giorni innanzi, cominciava proprio così: “Come Darwin scovrì la legge dello sviluppo della natura organica, così Marx scovrì la legge dello sviluppo della storia umana35.

Non c'è da rimanerne proprio mortificati?

basta. Nell'Antidühring ( ediz. del 1878 - la terza è del '94) il medesimo Engels avea già acquisito tutte le nozioni fondamentali del darwinismo, che occorrono alla generale orientazione del socialismo scientifico. A ciò fare erasi preparato con dieci anni di novella educazione nelle scienze naturali, e candidamente confessava: esser lui in queste più addentro di Marx, che alla sua volta era forte in matematica. E nemmeno ciò basta. Nella prima edizione del Capitale si trova una nota caratteristica e originalissima sul nuovo mondo scoperto da Darwin. S'intende già che quei due modesti mortali, che non fecero mai le parti di sopracciò dell'Universo, inteso sempre di riferirsi a quel prosaico darwinismo della Origine della specie (1859), che è un gruppo di teorie tratte da un gruppo di osservazioni e di esperienze sopra un campo circoscritto della realtà, che rimane più in qua dalle origini della vita e precede d'un buon tratto la storia umana. In quelle teorie non poteano non iscorgere un caso analogico con la concezione epigenetica della storia, che essi aveano in parte definita, in parte adombrata appena36. Non seppero però mai di quel darwinismo, il quale ha scoperto le leggi della intera umanità (De Bella); di quel darwinismo, insomma, buono per tutto, che è una gratuita invenzione dei pubblicisti a corto di scienza, e dei decadenti della filosofia. L'amico loro Heine non avea forse detto: l'Universo è pieno di buchi, e il professore tedesco hegeliano covre quei buchi col suo berretto da notte?

E lasciando stare l'Universo e i suoi buchi, procuriamo, caro Turati, di fare ciascuno il dover nostro. Mi ricorre sempre per la mente questa grave invettiva che 30 anni fa pronunziava l'hegeliano B. Spaventa: “Qui da noi si studia la storia della filosofia nella geografia dell'Ariosto, e si citano alla pari, Platone e l'abate Fornari, Torquato Tasso e Totonno Tasso37.

Credetemi sempre, etc.

 





28Fin dal 1873 scrissi contro i principii direttivi del sistema liberale, e dal 1879 cominciai a muovermi su questa via di nuova fede intellettuale, nella quale mi son fermato e confermato con gli studii e con l’osservazione negli ultimi tre anni. Così a p. 23 della mia conferenza: Del socialismo, Roma 1889. Quella conferenza, che era come una profession di fede in istile popolare, fu da me completata con l’opuscoletto: Proletariato e radicali, Roma 1890.



29 “Non faccio voto di chiudermi in un sistema come in una sorta di prigione”. Così scrivevo ventiquattro anni fa (Della libertà morale, Napoli 1873, nella prefazione), e così posso ripetere ora. Quel libro contiene la trattazione per disteso della dottrina del determinismo, e trovava allora il suo complemento in un altro mio lavoro, dal titolo: Morale e religione, Napoli 1873.



30 Anche per il capo di alcuni socialisti passa ora il pio desiderio del ritorno a quelle altre filosofie. Ecco, uno si rivolge a Spinoza; cioè alla filosofia nella quale non cape il divenire storico. Un altro si contenterebbe del materialismo del secolo XVIII ut sic; cioè della negazione di ogni storia. C’è chi ripensa a Kant; - dunque, cioè, anche all’insolubile antinomia di ragion pratica e di ragion teoretica? anche alla fissità delle categorie e delle facoltà dell’anima, delle quali parea che Herbart avesse fatto man bassa? anche all’imperativo categorico, nel quale parea che Schopenhauer avesse scoverto il precetto cristiano in mascheratura metafisica? Anche al diritto di natura, del quale non vuol saperne oramai più nemmeno il papa? Ma perché non lasciare ai morti di seppellire i loro morti?

Di fatti delle due una. O voi quelle altre filosofie le accettate integralmente come furono, quando furono, e allora addio materialismo storico. O voi ci pescate dentro ciò che vi garba, e ci ricercate degli argomenti, e allora vi gravate di un lavoro inutile, perché la storia del pensiero è così fatta, in realtà, che in essa nulla è andato perduto di ciò che in passato fu condizione e preparazione alle attuali concezioni nostre.

C’è poi la terza ipotesi, che cadiate cioè nel sincretismo e nel confusionismo. Un bel caso del genere è quello di L. Woltmann (System des moralischen Bewusstsein, Düsseldorf 1898) il quale concilia l’eternità delle leggi morali col darwinismo, e Marx col cristianesimo.



31 Raccomanderei al lettore la mia relazione del 1887 sulla laurea in filosofia, ivi riprodotta in fine. L’amico Lombroso la definì allora scherzosamente: decapitazione della metafisica.



32 La poca fortuna è documentata dai molti articoli che gli furon scritti contro, a cominciare da quello abbastanza salato e pepato del Kautsky nella “Neue Zeit”, XIII, vol. I, pp. 709-16, a venire a quello del David nel “Devenir Social”, decembre 1896, pp. 1059-65, per tacere di tanti altri. A proposito, il Ferri, in una nota dell’appendice all’edizione francese del suo libro Darwin, Spencer, Marx, Paris 1897, dice: “Le professeur Labriola a tout récemment répété, sans la démontrer, cette affirmation, que le socialisme n’est pas conciliable avec le darwinisme (sur le Manifeste de Marx et Engels, dans le “Devenir Social”, juin 1895)”. Ora io (In memoria del Manifesto) me la piglio veramente con quelli i quali “cercano in tale dottrina (ossia nel materialismo storico) un derivato del darwinismo, che solo in un certo modo, ma in un senso assai lato, ne è un caso analogico”. Mi pare che negare la derivazione ed ammettere l’analogia non significhi negare la conciliabilità. Pregherei di confrontare il mio saggio: Del materialismo storico, cap. IV.



33 Il filosofema è in parte presegnato in queste parole del Ferri, che chiudono l’anzidetta nota: “le transformisme biologique est évidemment fondé sur le transformisme universel, en même temps qu’il est la base du transformisme économique et social”.

Dunque, Spencer è al tempo stesso un genio e un cretino; perché, essendo il principe dell’evoluzionismo, non ha mai capito il socialismo!



34 Mi aspetto una diade Socrate-Marx; perché Socrate per il primo scovrì: essere il conoscere un fare, e che l’uomo conosce bene solo ciò che sa fare. Un mio libro su la: Dottrina di Socrate reca la data del 1871, Napoli.



35 Cfr. “Züricher Sozialdemokrat” del 22 marzo 1883, p.I. Noto qui di passaggio che Darwin, morto l’anno innanzi, era nato il 1809. Engels nacque come Spencer nel 1820. Qui si tratta di veri contemporanei e coetanei, ossia di convissuti nel medesimo ambiente.



36 Dissi a un dispresso cosa sia la concezione epigenetica nello scritto che s’intitola: I problemi della filosofia della storia, Roma 1887. Questo scritto in parte suppone un altro mio più antico: Dell’insegnamento della storia, Roma 1876.



37 Questi era un improvvisatore da caffè, e fu, nel capovolto sentimento di se medesimo, un minuscolo precursore di Oscar Wilde.





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