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Iacopo Sannazaro
Sonetti e canzoni

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  • Parte seconda
    • XXXIX
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XXXIX

 

     Vaghi, soavi, alteri, onesti e cari

occhi, del viver mio cagione e scorte,

se ’l ciel qui vi creò con lieta sòrte

per far i giorni miei sereni e chiari,

     dunque il bel velo e que’ leggiadri e rari

capelli, a studio sparsi per mia morte

con le man ne’ miei danni sempre accorte,

perché mi son di voi sì spesso avari?

     Se questa offesa non tardasse in parte

la debil penna e l’affannato ingegno,

sareste forse ornati in molte carte;

     ché benché i’ sia di tanta altezza indegno,

d’Amor sospinto, pur potrei senz’arte

lassar di voi qua giù non leggier pegno.

 




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