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Iacopo Sannazaro
Sonetti e canzoni

IntraText CT - Lettura del testo

  • Parte seconda
    • XLVII
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XLVII

 

     L’alto e nobil pensier che sì sovente

a me stesso mi fura e in ciel mi mena,

m’avea tolto dal mondo e da la gente

e lontanato già d’ogni mia pena,

     quando quella mia luce alma serena,

folgorando d’un foco onesto ardente,

sùbito quasi un sol mi fu presente,

tal che agghiacciar senti’ ciascuna vena.

     Oh dolce assalto, oh utile paura,

oh inganno felice, in cui mi offerse

Amor, quanto ingegno, arte e natura!

     Ma, lasso, perché il cor, quando s’aperse,

non ne cacciò questa atra nebbia oscura

e ricoprò le sue virtù disperse?

 




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