XCIV
Non fu mai cervo sì veloce al corso
né
leopardo o tigre in alcun bosco,
né fiume
aitato da continua pioggia,
né nube che
si affretti inanzi al vento,
né vola
sì leggier dardo né strale,
come
questa caduca e breve vita.
Fallace, incerta e momentanea vita,
che le
più volte manchi in mezzo al corso,
ripensa
al velenoso acuto strale
che errar
mi fa per questo alpestro bosco;
vedi che
s’apparecchia un crudel vento,
che
minaccia una eterna e negra pioggia.
Se s’acquetasse la amorosa pioggia
et avesse
un sol dì quieta vita,
io
sperarei ancor con meglior vento
in porto
terminar questo mio corso;
né da
lunge vedendo il folto bosco
potrei
temer d’Amor né di suo strale.
Ma, lasso, io sento che ’l pungente strale,
che per
gli occhi miei versa amara pioggia,
a forza
mi fa gir di bosco in bosco,
pregando
lui, che mi ritene in vita,
che
’nanzi tempo mi interrompa il corso
e mi
soccorra in sì contrario vento.
Talor dal cor si move un caldo vento,
per
rimembranza de l’antico strale;
e
ripensando al periglioso corso,
dico fra
me: — Che sai se nebbia o pioggia
ti
preclude il camin de l’altra vita,
e morir
ti convien in questo bosco? —
Signor, tu vedi quanto è oscuro il bosco
ove mi
pinse il tempestoso vento,
quando
adietro lasciai la miglior vita.
Pungimi
il cor con un più bello strale,
e fa che
con devota e santa pioggia
quest’alma
indrizze a te l’ultimo corso.
Dal dì ch’io presi il corso in vèr del
bosco,
altro che
pioggia mai non vidi o vento,
si fe’
l’acerbo stral trista mia vita.
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