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Iacopo Sannazaro
Sonetti e canzoni

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  • Parte seconda
    • XCIX
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XCIX

 

Lamentazione sopra al corpo del Redentor del mondo a’ mortali

 

     Se mai per meraviglia alzando il viso

al chiaro ciel, pensasti, o cieca gente,

a quel vero Signor del paradiso,

     e se vedendo il sol da l’oriente

venir di rai vestito, e poi la notte

tutta di lumi accesa e tutta ardente;

     se i fiumi uscir da le profonde grotte

et in sue leggi star ristretto il mare,

né quelle udiste mai transgresse o rotte;

     se ciò vi fu cagion di contemplare

quel che ’n questa terrena imagin nostra

nostro stato mortal volse esaltare,

     volgete gli occhi in qua, c’or vi dimostra

non quella forma, oimè, non quel colore,

che fingean forse i sensi in mente vostra.

     Piangete il grande esizial dolore,

piangete l’aspra morte e ’l crudo affanno,

se spirto di pietà vi punge il core.

 Per liberarvi da l’antiquo inganno,

pende, come vedete, al duro legno,

e per salvarvi dal perpetuo danno.

     Inudita pietà, mirabil pegno,

donar la propria vita, offrir il sangue,

per cui sol di vederlo non fu degno!

     Vedete, egri mortali, il volto esangue,

le chiome lacerate e ’l capo basso,

qual rosa che, calcata, in terra langue.

     Piangi, inferma natura; piangi, lasso

mondo; piangi, alto ciel; piangete, vènti;

piangi tu, cor, se non sei duro sasso.

     Queste man che compuser gli elementi

e fermàr l’ampia terra in su gli abissi,

volser per te soffrir tanti tormenti.

     Per te volser in croce esser affissi

questi piè, che solean premer le stelle;

per te ’l tuo redentor dal ciel partissi.

     Oh sacro sangue, oh preziose e belle

piaghe, rimedio sol, fidate scorte

in tante turbulente, atre procelle;

     arme, con che l’oscure, orrende porte

de l’infernal tiranno ruppe e sparse

quel che col suo morir vinse la morte;

     quel vero sol, che ’n viva luce apparse

di giustizia e d’amor, per far più certe

le vie che di salute eran sì scarse,

     et aspettarne con le braccia aperte!

 




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