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Iacopo Sannazaro
Sonetti e canzoni

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  • Parte prima
    • XXVI
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XXVI

 

     Dolce, amaro, pietoso, irato sdegno,

pien di strana ineffabil leggiadria,

che ’n caldo arder di fredda gelosia

mi stringi, e sforzi Amor nel proprio regno,

     tu le mie tempie ornasti (ahi fiero pegno,

crudel membranza in sì lontana via!)

di quelle orride punte, che fer pria

diadema al vincitor del sacro legno.

     Lasso, queste è ’l ristoro de’ miei danni

e ’l pieno guidardon de’ miei martiri?

questa è la fede dopo tanti inganni?

     Spento foss’io, se non da’ miei prim’anni,

almen ch’al cominciar di tasospiri!

ché ben finisce chi non prova affanni.

 




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