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Iacopo Sannazaro
Sonetti e canzoni

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  • Parte seconda
    • XLII
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XLII

 

     Ripensando al soave onesto sguardo,

al rider vago, al parlar dolce umile,

al divin portamento, a quel gentile

spirto, che ’l ciel mi fe’ veder sì tardo,

     sento la piaga, ond’io gioisco et ardo,

versar foco sì dolce e sì sottile,

c’ogni altra vita, ogni piacer m’è vile;

e sol d’uscir di pena oggi mi guardo.

     Ma quel che ’l mio desir più desta ognora,

è la man bella e bianca, che da presso

il marmo avanza, e i gigli discolora.

     Man, che sola obliar mi fai me stesso,

che fosti a’ preghi miei sì amica allora

perché non ti poss’io veder più spesso?

 




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