SCENA
XIII
Donn’Anna
e Don Ottavio.
ANNA
Don
Ottavio, son morta!
OTTAVIO
Cosa è stato?
ANNA
Per pietà,
soccorretemi!
OTTAVIO
Mio bene...
Fate
coraggio!
ANNA
Oh Dei!
Quegli è il carnefice
Del padre
mio.
OTTAVIO
Che dite...
ANNA
Non
dubitate più: gli ultimi accenti
Che
l’empio proferì tutta la voce
Richiamar
nel cor mio di quell’indegno
Che nel mio
appartamento...
OTTAVIO
Oh ciel!
possibile
Che sotto
il sacro manto d’amicizia...
Ma come
fu, narratemi,
Lo strano
avvenimento.
ANNA
Era già alquanto
Avanzata
la notte,
Quando
nelle mie stanze, ove soletta
Mi trovai
per sventura, entrar io vidi
In un
mantello avvolto
Un uom
che al primo istante
Avea
preso per voi:
Ma
riconobbi poi
Che un
inganno era il mio.
OTTAVIO
(con
affanno)Stelle! seguite.
ANNA
Tacito a
me s’appressa,
E mi vuol
abbracciar: sciogliermi cerco,
Ei più mi
stringe; grido:
Non vien alcun.
Con una mano cerca
D’impedire
la voce,
E
coll’altra m’afferra
Stretta
così, che già mi credo vinta.
OTTAVIO
Perfido!
e alfin?
ANNA
Alfin il duol, l’orrore
Dell’infame
attentato
Accrebbe
sì la lena mia, che, a forza
Di svincolarmi,
torcermi e piegarmi,
Da lui mi
sciolsi.
OTTAVIO
Oimè!
respiro.
ANNA
Allora
Rinforzo
i stridi miei, chiamo soccorso,
Fugge il
fellon, arditamente il seguo
Fin nella
strada per fermarlo, — e sono
Assalitrice
d’assalita. Il padre
V’accorre,
vuol conoscerlo, e l’iniquo,
Che del
povero vecchio era più forte,
Compie il
misfatto suo col dargli morte.
Or sai
chi l’onore
Rapire a
me volse,
Chi fu il
traditore,
Che il
padre mi tolse;
Vendetta
ti chiedo;
La chiede
il tuo cor.
Rammenta
la piaga
Del misero
seno,
Rimira di
sangue
Coperto
il terreno,
Se l’ira
in te langue
D’un
giusto furor.
|