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Lorenzo Da Ponte Il dissoluto punito o sia il Don Giovanni IntraText CT - Lettura del testo |
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SCENA I
Ehi, via, buffone, non mi seccar.
No, no, padrone, non vo’ restar.
Ma che ti ho fatto che vuoi lasciarmi?
Oh niente affatto: quasi ammazzarmi!
Va’, che sei matto! fu per burlar.
Ed io non burlo, ma voglio andar.
Vien qui, facciamo pace: prendi...
Cosa?
Quattro doppie.
Oh sentite, Per questa volta ancora Ma non vi ci avvezzate: non credete Come le donne, a forza di danari.
Non parliam più di ciò! Ti basta l’animo Di far quel ch’io ti dico?
Lasciar le donne? Sai ch’elle per me Son necessarie più del pan che mangio,
E avete core D’ingannarle poi tutte?
È tutto amore. Verso l’altre è crudele; Io, che in me sento Sì esteso sentimento, Le donne, poi che calcolar non sanno Il mio buon natural chiamano inganno.
Non ho veduto mai Naturale più vasto, e più benigno.
Io no.
Non hai veduto Qualche cosa di bello, Caro il mio Leporello: ora io con lei Vo’ tentar la mia sorte; ed ho pensato, Per aguzzarle meglio l’appetito, Di presentarmi a lei col tuo vestito.
E perché non potreste Presentarvi col vostro?
Han poco credito (si cava il proprio abito e si mette quello di Leporello)
(con collera) Finiscila, non soffro opposizioni. (Leporello si mette l’abito di Don Giovanni)
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