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Jacopone da Todi
Laude

IntraText CT - Lettura del testo

  • LXX
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LXX

         “Donna de Paradiso,

lo tuo figliolo è preso

Iesù Cristo beato.

         Accurre, donna e vide

che la gente l’allide;

         credo che lo s’occide,

tanto l’ò flagellato”.

         “Como essere porria,

che non fece follia,

         Cristo, la spene mia,

om l’avesse pigliato?”.

         “Madonna, ello è traduto,

Iudallà venduto;

         trenta denar’ n’à auto,

fatto n’à gran mercato”.

         “Soccurri, Madalena,

ionta m’è adosso piena!

         Cristo figlio se mena,

como è annunziato”.

         “Soccurre, donna, adiuta,

l tuo figlio se sputa

         e la gente lo muta;

òlo dato a Pilato”.

         “O Pilato, non fare

el figlio meo tormentare,

         ch’eo te pòzzo mustrare

como a ttorto è accusato”.

         “Crucifige, crucifige!

Omo che se fa rege,

         secondo nostra lege

contradice al senato”.

         “Prego che mmentennate,

nel meo dolor pensate!

         Forsa mo vo mutate

de que avete pensato”.

         “Traiàn for li latruni,

che sian soi compagnuni;

         de spine s’encoroni,

ché rege ss’è clamato!”.

         “O figlio, figlio, figlio,

figlio, amoroso giglio!

         Figlio, chi consiglio

al cor me’ angustiato?

         Figlio occhi iocundi,

figlio, co’ non respundi?

         Figlio, perché t’ascundi

al petto o’lattato?”.

         “Madonna, ecco la croce,

che la gente l’aduce,

         ove la vera luce

déi essere levato”.

         “O croce, e que farai?

El figlio meo torrai?

         E que ci aponerai,

che no n’à enpeccato?”.

         “Soccurri, plena de doglia,

l tuo figliol se spoglia;

         la gente par che voglia

che sia martirizzato”.

         “Se i tollitel vestire,

lassatelme vedere,

         com’en crudel firire

tutto l’ò ensanguenato”.

         “Donna, la man li è presa,

ennella croc’è stesa;

         con un bollon l’ò fesa,

tanto lo ’n cci ò ficcato.

         L’altra mano se prende,

ennella croce se stende

         e lo dolor s’accende,

ch’è plu multipiicato.

         Donna, li se prènno

e clavellanse al lenno;

         onne ionturaprenno,

tutto l’ò sdenodato”.

         “Et eo comenzo el corrotto;

figlio, lo meo deporto,

         figlio, chi me ttà morto,

figlio meo dilicato?

         Meglio aviriano fatto

ch’el cor m’avesser tratto,

         ch’ennella croce è tratto,

stace desciliato!”.

         “O mamma, o’ n’èi venuta?

Mortal me dà’ feruta,

         ’l tuo plagner me stuta,

ché ’l veioafferato”.

         “Figlio, ch’eo m’ aio anvito,

figlio, pat’e mmarito!

         Figlio, chi ttà firito?

Figlio, chi ttà spogliato?”.

         “Mamma, perché te lagni?

Voglio che tu remagni,

         che serve mei compagni,

ch’êl mondo aio aquistato”.

         “Figlio, questo non dire!

Voglio teco morire,

         non me voglio partire

fin che mo ’n m’escel fiato.

         C’una aiàn sepultura,

figlio de mamma scura,

         trovarse en afrantura

mat’e figlio affocato!”.

         “Mamma col core afflitto,

entro ’n le man’ te metto

         de Ioanni, meo eletto;

sia to figlio appellato.

         Ioanni, èsto mea mate:

tollila en caritate,

         àginne pietate,

l coreà furato”.

         “Figlio, l’alma t’è ’scita,

figlio de la smarrita,

         figlio de la sparita,

figlio attossecato!

         Figlio bianco e vermiglio,

figlio senza simiglio,

         figlio, e a ccui m’apiglio?

Figlio, pur m’ài lassato!

         Figlio bianco e biondo,

figlio volto iocondo,

         figlio, perché t’à el mondo,

figlio, cusì sprezzato?

         Figlio dolc’e placente,

figlio de la dolente,

         figlio àte la gente

mala mente trattato.

         Ioanni, figlio novello,

morto s’è ’l tuo fratello.

         Ora sentol coltello

che fo profitizzato.

         Che moga figlio e mate

d’una morte afferrate,

         trovarse abraccecate

mat’e figlio impiccato!”.

 




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