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Jacopone da Todi
Laude

IntraText CT - Lettura del testo

  • LXXI
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LXXI

         O Francesco, da Deo amato,

Cristo en te ne s’è mustrato.

         Lo Nimico engannatore,

averser de lo Signore,

         creato l’omo, abe dolore

che possede lo suo stato.

         Gènno a llui con fradulenza,

e<n>cascòl d’obidienza;

         féli far granne perdenza,

de paradiso fo iettato.

         Poi che l’omo fo caduto,

e ’l Nimico fo saluto

         et en soperbia raputo

(ché li era signor deventato);

         Deo, vedenno questo fatto,

facese om e dèli el tratto

         e tolseli tutto l’accatto,

che sopre llom avìa aquistato.

         Co la sua umilitate

tolseli prosperitate

         e co la santa povertate

disseli: “Scacco iocato!”.

         Per gran tempo fo sconfitto

lo Nimico emmaledetto;

         relevòse e fece iètto

e lo mondo à arapicciato.

         Vedenno l’alta Signoria

ch’el Nimico se <’n> vencìa,

         mandar ce vòl cavallaria

cun duttor ben amaistrato.

         San Francesco ce fo elesso,

per confaluner c’è messo,

         ma non ne vòl null’<om> con isso,

che non sia al mondo desperato.

         Non vòl nullo cavaleri,

che non serva a tre distreri:

         povertat’et obedire

e ’n castetate sia enfrenato.

         Armase lo ’nguidatore

dell’arme del su’ Signore;

         ségnalo per grannamore,

de soi signi l’à adornato.

         Tant’era l’amore acuto,

ch’el nel suo core avìa tenuto,

         ch’ennel corpo s’è apparuto

de cinqui margarite ornato.

         De la fico abe figura,

ched è engressa per natura;

         rumpe la sua vestetura

e ’n boccareca melato.

         Poi l’insegna de scrimire,

de dar culpi e ssoffirire;

         ensegnali codeia dire

(‘Pace!’ ’n bocca li à plantato).

         Lo Nimico s’attremio,

vedenno lui, sì empaurio;

         parveli Cristo de Dio,

che en croce l’avìspogliato.

         “Set è Cristo, non me iova,

ché sse vencirà la prova;

         non so guerra ch’e’ me mova,

par dotto e amagestrato.

         Lascio a me, da cui sovénto!

Ancora non me sconvento;

         voglioce gire (e mo e’ lo tento),

ch’eo pòzza far con lui mercato!

         O Francessco, que farai?

De te medesmo occidirai

         del diiunio che fai,

llài duro encomenzato”.

         “Facciolo cun descrizione,

ch’e’ aio el corpo per fantone;

         tengolo en mea presone,

si ll’ho corretto e castigato”.

         “Vera mente fai con’ santo

e ’l tuo nom’è enn onne canto;

         mùstrat’è quanto sta’ ad alto,

ch’el Signor ne sia laudato”.

         “Celar voglio lo megliore

e mustrar me peccatore;

         lo meo core aio al Signore,

tenendo el capo umiliato”.

         “Quigna vita vorrai fare?

Or no vorrai tu lavorare,

         che nne pòzzi guadagnare

e darne a chi non n’è adasciato?”.

         “Metteròme a gir pezzente,

per lo pane, ad onne gente;

         l’amor de l’Onipotente

me fa gir co’ ’nebriato”.

         “Frate, tu non fai n<e>iente,

perescerai mala mente;

         tui sequaci fai dolente,

c’ài n<e>iente conservato”.

         “Tener voglio la via vera,

sacco voglio né pera;

         e, ’n pecunia, emposto c’era

che nulla sia da mei toccato”.

         “Or te nne va en foresta

con tutta questa tua gesta;

         placerà a l’alta Maiesta

e llom ne sirà edificato”.

         “Non somesso per mucciare,

nanti, vengo per cacciare,

         ch’e’ tte voglio assidiare

e a le terre aio atennato”.

         “Molta gente me torrai

cun questo ordene che fai;

         le femene me lassarai,

ché non n’è bon mesticato!”.

         “Et eo te voglio dir novelle,

le qual’ non te sapperò belle;

         fatt’ho ordene i sorelle,

da le qual’ si’ guerriato”.

         “Qual sirà la scuttiante,

che se voglia trare ennante

         cuntra le forze me’ tante,

che tutto ’l mondo ò conquistato?”.

         “Ne la Valle spoletana

una vergen c’è soprana,

         Clara de donna Ortulana,

tempio de Deo consecrato”.

         “Quilli che soconiogati

non sirò de star con frati;

         sirò da te allecerati

averòli so’ meo guidato”.

         “Et eo te voglio fare afflitto,

uno ordene aio eletto,

         penetenti, Orden deritto,

en matremonio derizzato”.

         “Or non me toccar la resia,

che è cuntra la tua via;

         questo non comportaria,

troppo ne sirìa turbato”.

         “Far ne voglio enquisizione,

a destruger tua masone;

         metteràiolo en presone

chi ne trovarò toccato”.

         “Oi me lascio, me taupino,

ché mme ss’è rotto l’oncino!

         Àime messo en canna un freno,

che mm’è molto arafrenato.

         O Francessco, co’ m’ài strutto!

El mondo te arprindi tutto

         et àime messo en tal corrotto

che m’ài morto e sobissato.

         Non voglio plu suffirire,

pro Anticristo voglio gire

         e vogliolo far venire,

ché tanto è profetizzato”.

         “Con cului te darò el tratto,

el mondo t’artorrò adafatto;

         enfra toi trovarò patto,

che i vesterò de meo vergato”.

         “La profezia non me talenta,

a la fin sì ’n me sconventa

         che te armaner la vénta;

allora siraio annabissato”.

         La bataglia dura e forte,

multi sirò feriti a mmorte;

         chi vencerà averà le scorte

e d’onne ben sirà ditato.

 




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