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Jacopone da Todi
Laude

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         Alte quatro vertute socardenalvocate,

o’ nostra umanetate perfice lo so stato.

         Como l’uscio posase ne lo so cardinile,

cusì la vita umana ’n esto quatrato stile.

Anema c’amàntase questo nobel mantile

pòse clamar gintile, d’onne ioi à adornato.

         La prima è la Prudenzia, lume dello ’Ntelletto;

la secunda è Iustizia, che essercita l’Affetto;

la terza è Fortetudene contra l’averso aspetto;

la quarta è Temperanza contra van delettato.

         Altessima Prudenzia, baila de la Rasone,

demustra<n’> ’l bene e ’l meglio, lo sommo en la stasone;

demùstra<n’> ’l male e ’l peio, ’l pessimo e la casone,

en la dannazione, che à ’n l’omo dannato.

         Altissima Prudenzia, col mercatar suttile

de trare cose utile (non sia cosa sì vile),

beato quel coraio che ten ritto tuo stile!

Pòse clamar gintile, degno de grannestato.

         Non par che la Prudenzia pòzza bono operare

senza l’altre vertute, che la deio adiutare;

envita la Iustizia che n’ ce deia albergare,

ché deia essercetare ciò che ella à pensato.

         ’N estante la Iustizia à <’m>posta lege al core,

che sopre onne cosa sia amato Deo Signore

con tutte le potenzie e con onne fervore,

ché li ssaffà l’onore d’essere cusì amato.

         Iustizia conestregneme ’n lo prossimo adamare,

, se è verace amore, loco se vòl mustrare;

como l’auro a lo foco lo fa paragonare;

cusì se vòl provare l’amor c’aio albergato.

         La Fortetudene à loco a tal pugna portare,

adamar e<n> lo prossimo che te fa eniurare;

tolle fura engànnate e statte a menaciare;

poterlo sempre amare parme amor aprobato;

         ché ’nn amare lo prossimo è grannesvalianza,

ché ’l trove desformato, pleno de niquitanza;

poter amar so essere, orrir la mala usanza

ène essaminanza de l’amor aprobato.

         Aio lo corpo endomito con pessimo appitito;

la Temperanza enfrenalo, ché de mai è nutrito;

ad onne ben recalcitra, como fusse ensanito;

a gran briga è varito, de tal guisa è amalato.

         Lo viso se fa povero de forme e de culuri,

l’audito sprezza sònora, che soplen’ de vanure,

lo gusto en poche cibora contemne li sapuri,

desprezzase li odori co onne vestire ornato.

         Da poi ch’el corpo pèrdese de for la delettanza,

l’anema conestregnese trovare altra amistanza;

la fede mustra e ’nségnate ’v’è la veramanza,

ménate la Speranza ’v’è l’Amor beato.

 




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