Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Jacopone da Todi
Laude

IntraText CT - Lettura del testo

  • XXVI
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

XXVI

         Sì como la morte face a lo corpo umanato,

multo peio sì fa a l’anema la gran morte del peccato.

         Emprima la morte al corpo sì li fa mortal firita,

che da onne membro i tolle, escarporescene la vita.

Le membra perdo so uso, poi che la vita è finita;

l’anema poi s’è partita, torna poi ’l corpo anichillato.

         Lo peccato plu ca morte sì fa sua firita dura,

che a l’alma tolle Deo e corrumpei so natura;

lo ben non operare, ma li mali en gran plenura;

cadere en tanta afrantura per cusì vil delettato!

         Questa morte tolle al corpo la bellezza e lo colore,

et la forma è sì desfatta, la veduta un orrore;

non se trovasecuro che no i n’e<n>gèneri pavore

de vedere quel terrore de l’aspetto desformato.

         Lo peccato sì fa a l’anematerrebele firita

che li tolle la bellezza ( da De’ <n’> era ensignita)

chi vedere la potesse sì li tolleria la vita:

la faccia terrebelita, crudel morte è ’n suo sguardato.

         Questa morte sì fa el corpo putredissimo fetente;

è la puzza estermenata, che conturba tutta gente;

non se trova né vicino, né amico, né parente,

che voglia essar sofferente de averlo un iorno a llato.

         Tutta puzza ch’è nel mondo fussensemor adunata

(solfanial de corpi morti e onne puzza de privata),

sirìa moscato et ambra po’ ’l fetor de la peccata,

quella puzza estermenata, che l’onferno àmputedato.

         Questa morte naturale a lo corpo par che dìa

tal firita che li tolle onne bona compagnia;

d’esto mondo l’à privato, ché iettato for ne sia,

co’ se fa a la malsanìa che da sani è separato.

         Lo peccato sì fa a l’anema la firita ch’è sì forte

che li tolle Deo e santi e l’àgneli con lor consorte;

de l’eclesia è esbannita (e<n>serrate i so’ le porte)

e li beni li soestorte, che nnulla parte ne i sia dato.

         Questa morte naturale al corpo percussione,

che la sua carne sia data a li vermi en commestione;

e li vermi congregati d’esto corpo fo stazzone,

enfra lor non n’è questione ch’ello non sia devorato.

         Lo peccato sì fa a l’anema la terrebel sua usanza,

che è data a le demonia, che stia en loro congreganza;

no lla pòzzo consumare, fòli mala vecinanza,

darli penenn abundanza coconvene al loro stato.

         L’ultema che fa la morte, che el corpo a ssepultura;

palazzo i corte, ma è mess’a destrettura;

la longezza e la latezza multo li sse a mmesura,

scarsa mente en la statura so’ la terra è ’ntumulato.

         Lo peccato mena l’anema al sepolcro de l’onferno

e loco sì è <’n>tumulata, che non n’esce en sempiterno;

frate, lassa lo peccato che te cce mena traenno:

po’ ch’èi scripto nel quaterno, averai cotal pagato!

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License