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Jacopone da Todi
Laude

IntraText CT - Lettura del testo

  • LXXIV
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LXXIV

         Que farai, Pier da Morrone?

Èi venuto al paragone.

         Vederimo êl lavorato

che en cell’ài contemplato.

         S’el mondo de te è ’ngannato,

séquita maledezzone.

         La tua fama alta è salita,

en molte parte n’è gita;

         se te sozz’a la finita

a bon’ sirai confusione.

         Como segno a ssaietta,

tutto lo monno a te affitta;

         se non ten’ belancia ritta,

a dDeo ne va appellazione.

         Se si auro, ferro o rame,

provàrite enn esto esame;

         quigno ài filo, lana o stame,

mustràrite enn est’azzone.

         Questa corte è una focina,

ch’el bon auro se cci afina;

         s’ello tene altra ramina,

torna en cennere e ’n carbone.

         Se ll’ofizio te deletta,

nulla malsanìa è plu enfetta;

         e ben è vita emmaladetta

perdir Deo per tal boccone.

         Grann’eo <n’>abi en te cordoglio

co’ t’escìo de bocca: “Voglio”,

         ché t’ài posto iogo en collo,

che tt’è tua dannazione.

         Quanno l’omo vertuoso

è posto en loco tempestoso,

         sempre ’l trovi vigoroso

a portar ritto el confalone.

         Grann’è la tua degnetate,

non n’è menor la tempestate;

         grann’è la varietate,

che trovari en tua masone.

         [Se no n’ài amor paterno,

’l mondo non girà obedenno;

         c’amor bastardo non n’è denno

d’aver tal prelazione.

         Amor bastardo à ’l pagamento

de sotto del fermamento;

         cà ’l so falso entennemento

de sopre à fatto sbandesone.

         L’Ordene cardenalato

posto s’è en basso stato,

         ciascheun so parentato

d’ariccar à entenzione!

         Guàrdate da prebendate,

che sempre i trovarà’ affamate;

         e tant’è sua seccetate

che non se ’n va per potasone!

         Guàrdate da baratteri,

ch’el ner per bianco ’l fo vedere;

         se non te ’n sai bene scrimire,

cantarai mala canzone.]

 




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