Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Jacopone da Todi
Laude

IntraText CT - Lettura del testo

  • LXXXI
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

LXXXI

         O Signor, per cortesia,

manname la malsanìa!

         A mme la freve quartana,

la contina e la terzana,

         la doppla cotidiana

co la granne ydropesia.

         A mme venga mal de dente,

mal de capo e mal de ventre;

         a lo stomaco dolur’ pognenti

e ’n canna la squinanzia.

         Mal dell’occhi e doglia de flanco

e la postema al canto manco;

         tiseco me ionga enn alto

e d’onne tempo fernosìa.

         Aia ’l fecato rescaldato,

la melza grossa e ’l ventr’enflato

         e llo polmone sia ’mplagato

cun gran tòssa e parlasia.

         A mme venga le fistelle

con migliaia de carvuncilli,

         e li granci se sian quelli

che tutto replen ne sia.

         A mme venga la podraga

(mal de cóglia sì me agrava),

         la bisinteria sia plaga

e le morroite a mme sse dìa.

         A mme venga ’l mal de l’asmo,

iongasecce quel del pasmo;

         como a can me venga el rasmo,

entro ’n vocca la grancia.

         A mme lo morbo caduco

de cadere enn acqua e ’n foco

         e ià mai non trovi loco,

che eo afflitto non ce sia.

         A mme venga cechetate,

mutezza e sordetate,

         la miseria e povertate

e d’onne tempo entrapparìa.

         Tanto sia ’l fetor fetente

che non sia null’om vivente,

         che non fuga da me dolente,

posto en tanta enfermaria.

         En terrebele fossato,

che Riguerci è nomenato,

         loco sia abandonato

da onne bona compagnia.

         Gelo, grando e tempestate,

fulgure, troni e oscuritate;

         e non sia nulla aversitate,

che me non aia en sua bailìa.

         Le demonia enfernali

sì mme sian dati a menestrali,

         che m’essèrcino en li mali,

ch’e’ ho guadagnati a mea follia.

         Enfin del mondo a la finita

sì mme duri questa vita

         e poi, a la scivirita,

dura morte me sse dìa.

         Allegom’en sseppultura

un ventr’i lupo en voratura

         e l’arliquie en cacatura

en espineta e rogarìa.

         Li miracul’ po’ la morte,

chi cce vene aia le scorte

         e le deversazioni forte

con terrebel fantasia.

         Onn’om che m’ode mentovare

sì sse deia stupefare

         e co la croce sé segnare,

che reo escuntro no i sia en via.

         Signor meo, non n’è vendetta

tutta la pena ch’e’ aio ditta,

         ché me creasti en tua diletta

et eo t’ho morto a villania.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License