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Jacopone da Todi
Laude

IntraText CT - Lettura del testo

  • LXXXVIII
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LXXXVIII

         Frate Ranaldo, do’ si andato?

De quolibet sì ài desputato.

         Or llo me di’, frate Ranaldo,

ché del tuo scotto non so’ saldo,

         se èi en gloria o en caldo

non lo m’à Deo revellato.

         Honne bona coscienza

ch’el morir te fo en pazienza;

         confessasti to fallenza,

assoluto dal prelato.

         Or ecco ià’ la quistione,

se avesti contrizione

         (quella che n’è vera onzione,

che destigne lo peccato).

         Or è’ ionto a la scola,

ove la Veretate sola

         iùdeca onne parola

e demustra onne pensato.

         Or è’ ionto a Collestatte;

loco se mustra li to fatti,

         tratte ne so’ fore le carte

del mal e del ben c’ài oprato.

         Ché non ce iova far sofismi

a quilli forti siloismi

         né per curso né per rismi,

che io vero non sia appalato.

         Conventato si en Parisi

a mmolto onore e grande spese;

         or se’ ionto a quelle prese

che stai en terra attumulato.

         Aio pagura che ll’onore

non te traiesse de core

         a ttenerte lo menore

fratecello desprezzato.

         Dùbetome de la recolta,

che del déveto non sia sciolta,

         se non pagasti ben la colta

ch’el Signor t’à commandato.

 




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