Capitolo LIV
GLI OPPOSTI IMPULSI DELLA NATURA E DELLA
GRAZIA
1.
Figlio, considera attentamente gli impulsi della natura e quelli della
grazia; come si muovono in modo nettamente contrario, ma così sottilmente che
soltanto, e a fatica, li distingue uno che sia illuminato da interiore
spiritualità. Tutti, invero, desiderano il bene e, con le loro parole e le loro
azioni, tendono a qualcosa di buono; ma, appunto per una falsa apparenza del
bene, molti sono ingannati. La natura è scaltra, trascina molta gente, seduce,
inganna e mira sempre a se stessa. La grazia, invece, cammina schietta, evita
il male, sotto qualunque aspetto esso appaia; non prepara intrighi; tutto fa
soltanto per amore di Dio, nel quale, alla fine, trova la sua quiete. La natura
non vuole morire, non vuole essere soffocata e vinta, non vuole essere
schiacciata, sopraffatta o sottomessa, né mettersi da sé sotto il giogo. La
grazia, invece, tende alla mortificazione di sé e resiste alla sensualità,
desidera e cerca di essere sottomessa e vinta; non vuole avere una sua libertà,
preferisce essere tenuta sotto disciplina; non vuole prevalere su alcuno, ma
vuole sempre vivere restando sottoposta a Dio; è pronta a cedere umilmente a
ogni creatura umana, per amore di Dio. La natura s'affanna per il suo
vantaggio, e bada all'utile che le possa venire da altri. La grazia, invece,
tiene conto di ciò che giova agli altri, non del profitto e dell'interesse
propri. La natura gradisce onori e omaggi. La grazia, invece, ogni onore e ogni
lode li attribuisce a Dio. La natura rifugge dalla vergogna e dal disprezzo. La
grazia, invece, si rallegra "di patire oltraggi nel nome di Gesù" (At
5,41). La natura inclina all'ozio e alla tranquillità materiale. La grazia,
invece, non può stare oziosa e accetta con piacere la fatica. La natura mira a
possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle spregevoli e grossolane. La
grazia, invece, si compiace di ciò che è semplice e modesto; non disprezza le
cose rozze, né rifugge dal vestire logori panni.
2.
La natura guarda alle cose di questo tempo; gioisce dei guadagni e si
rattrista delle perdite di quaggiù; si adira per una piccola parola offensiva.
La grazia, invece, non sta attaccata all'oggi, ma guarda all'eternità; non si
agita per la perdita di cose materiali; non si inasprisce per una parola un po'
brusca, perché il suo tesoro e la sua gioia li pone nel cielo dove nulla
perisce. La natura è avida, preferisce prendere che donare, ha caro ciò che è
proprio e personale. La grazia, invece, è caritatevole e aperta agli altri;
rifugge dalle cose personali, si contenta del poco, ritiene "più bello
dare che ricevere" (At 20,35). La natura tende alle creature e al proprio
corpo, alla vanità e alle chiacchiere. La grazia, invece, si volge a Dio e alle
virtù; rinuncia alle creature, fugge il mondo, ha in orrore i desideri della
carne, frena il desiderio di andare di qua e di là, si vergogna di comparire in
pubblico. La natura gode volentieri di qualche svago esteriore, nel quale
trovino piacere i sensi. La grazia, invece, cerca consolazione soltanto in Dio,
e, al di sopra di ogni cosa di questo mondo, mira a godere del sommo bene. La
natura tutto fa per il proprio guadagno e il proprio vantaggio; non può fare
nulla senza ricevere nulla; per ogni favore spera di conseguirne uno uguale o
più grande, oppure di riceverne lodi e approvazioni; desidera ardentemente che
i suoi gesti e i suoi doni siano molto apprezzati. La grazia, invece, non cerca
nulla che sia passeggero e non chiede, come ricompensa, altro premio che Dio
soltanto; delle cose necessarie in questa vita non vuole avere più di quanto le
possa essere utile a conseguire le cose eterne.
3.
La natura si compiace di annoverare molte amicizie e parentele; si vanta
della provenienza da un luogo celebre o della discendenza da nobile stirpe;
sorride ai potenti, corteggia i ricchi ed applaude coloro che sono come lei. La
grazia, invece, ama anche i nemici; non si esalta per la quantità degli amici;
non dà importanza al luogo di origine o alla famiglia da cui discende, a meno
che in essa vi sia una virtù superiore; è ben disposta verso il povero, più che
verso il ricco; simpatizza maggiormente con la povera gente che con i potenti;
sta volentieri con le persone sincere, non già con gli ipocriti; esorta sempre
le anime buone ad ambire a "doni spirituali sempre più grandi" (1Cor
12,31), così da assomigliare, per le loro virtù, al Figlio di Dio. La natura,
di qualcosa che manchi o che dia noia, subito si lamenta. La grazia sopporta
con fermezza ogni privazione. La natura riferisce tutto a sé; lotta per sé,
discute per sé. La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, da cui
provengono come dalla loro origine; nulla di buono attribuisce a se stessa, non
presume di sé con superbia; non contende, non pone l'opinione propria avanti
alle altre; anzi si sottomette, in ogni suo sentimento e in ogni suo pensiero,
all'eterna sapienza e al giudizio di Dio. La natura è avida di conoscere cose
segrete e vuol sapere ogni novità; ama uscir fuori, per fare molte esperienze;
desidera distinguersi e darsi da fare in modo che ad essa possa venirne lode e
ammirazione. La grazia, invece, non si preoccupa di apprendere novità e
curiosità, perché tutto il nuovo nasce da una trasformazione del vecchio, non
essendoci mai, su questa terra, nulla che sia nuovo e duraturo. La grazia
insegna, dunque, a tenere a freno i sensi, a evitare la vana compiacenza e
l'ostentazione, a tener umilmente nascosto ciò che sarebbe degno di lode e di
ammirazione, infine a tendere, in tutte le nostre azioni e i nostri studi, al
vero profitto, alla lode e alla gloria di Dio. Non vuol far parlare di sé e
delle cose sue, desiderando, invece, che, in tutti i suoi doni, sia lodato
Iddio, che tutto elargisce per puro amore.
4.
E', codesta grazia, una luce sovrannaturale, propriamente un dono
particolare di Dio, un segno distintivo degli eletti, una garanzia della salvezza
eterna. La grazia innalza l'uomo dalle cose terrestri all'amore del cielo e lo
trasforma da carnale in spirituale. Adunque, quanto più si tiene in freno e si
vince la natura, tanto maggior grazia viene infusa in noi; così, per mezzo di
continue e nuove manifestazioni divine, l'uomo interiore si trasforma secondo
l'immagine di Dio.
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