Capitolo I
CON QUANTA VENERAZIONE SI DEBBA ACCOGLIERE
CRISTO
Parola del
discepolo
1.
O Cristo, verità eterna. Sono queste, parole tue, anche se non
pronunciate in un solo momento, né scritte in un sol punto. E poiché sono
parole tue, e veritiere, esse devono essere accolte tutte da me con gratitudine
e con fede. Sono parole tue, pronunciate da te; ma sono anche mie, giacché le
hai proferite per la mia salvezza. E dalla tua bocca le prendo con gioia, per
farle penetrare più profondamente nel mio cuore. Parole di così grande
misericordia, piene di dolcezza e di amore, mi sollevano; ma mi atterriscono i
miei peccati, e la mia coscienza non pura mi impedisce di ricevere sì grandi
misteri. La dolcezza delle tue parole mi spinge, ma poi mi attarda il cumulo
dei miei difetti. Tu mi comandi di accostarmi a te con fiducia, se voglio stare
intimamente in te; tu mi comandi di ricevere il cibo dell'immortalità, se
voglio conquistare la vita eterna e la gloria. "Venite tutti a me - dici -
voi che siete faticati e oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28). Dolce
all'orecchio del peccatore, e piena d'intimità, questa parola; una parola con
la quale tu, o Signore Dio mio, inviti me, misero e povero, alla comunione del
tuo corpo santissimo.
2.
Ma chi sono io, o Signore, per credermi degno di accostarmi a te? Gli
immensi cieli non ti contengono, e tu dici: "Venite a me tutti". Che
cosa vuol dire una degnazione così misericordiosa, un invito così pieno di
amicizia? Come oserò venire, io che so bene di non avere nulla di buono, per
cui possa credermene degno? Come ti farò entrare nella mia casa, io che molte
volte ho offeso il tuo volto tanto benigno? Gli angeli e gli arcangeli ti
venerano; ti temono i santi e i beati; e tu dici: "Venite tutti a
me". Se non fossi tu a dirlo, o Signore, chi lo crederebbe; e se non fossi
tu a comandarlo, chi avrebbe il coraggio di avvicinarsi? Ecco, Noè, uomo
giusto, lavorò cent'anni nella costruzione dell'arca, per trovare salvezza con
pochi suoi; e come potrò io, solo in un'ora, prepararmi a ricevere con
religioso timore il costruttore del mondo? Mosè, il servo tuo grande, a te
particolarmente caro, fece un'arca con legni non soggetti a marcire e la
rivestì d'oro purissimo, per riporvi le tavole della legge; ed io, putrida
creatura, oserò ricevere con tanta leggerezza te, autore della legge e datore
della vita? Salomone, il sapientissimo re d'Israele, costruì, con un lavoro di
sette anni, un tempio grandioso a lode del tuo nome; ne celebrò la dedicazione
con una festa di otto giorni e con l'offerta di mille vittime pacifiche; e
collocò solennemente, tra gioiosi suoni di tromba, l'arca dell'alleanza nel
luogo per essa predisposto. E come ti introdurrò nella mia casa, io, infelice,
il più miserabile tra gli uomini; io che, a stento, riesco a passare
devotamente una mezz'ora? E fosse almeno, una volta, una mezz'oretta passata
come si deve!
3.
O mio Dio, quanto si sforzarono di fare costoro per piacerti! Ahimé!
Come è poco quello che faccio io. Come è breve il tempo che impiego quando mi
preparo a comunicarmi: raramente tutto raccolto; ancor più raramente libero da
ogni distrazione. Mentre, alla presenza salvatrice della tua essenza divina,
non dovrebbe, di certo, affacciarsi alcun pensiero non degno di te; ed io non
dovrei lasciarmi prendere da alcuna creatura, giacché sto per ricevere nella
mia casa, non un angelo, ma il Signore degli angeli. Eppure c'è un abisso tra
l'arca dell'alleanza, con le cose sante che custodisce, e il corpo tuo
purissimo, con la sua forza indicibile; tra i sacrifici legali di allora,
immagine dei sacrifici futuri, e il tuo corpo, vittima vera, che porta a
compimento tutti gli antichi sacrifici. Perché dunque non mi infiammo di più
alla tua adorabile presenza; perché non mi preparo con cura più grande a
nutrirmi della tua santità, quando quei santi dell'Antico Testamento -
patriarchi e profeti, e anche re e principi, in unione con tutto il popolo -
dimostrarono un così grande slancio devoto verso il culto divino? Danzò il
piissimo re Davide, con tutte le sue forze, la danza sacra dinanzi all'arca di
Dio, riandando col pensiero alle prove d'amore date, in passato, da Dio ai
patriarchi; apprestò strumenti vari, compose salmi e li fece cantare in
letizia, e più volte cantò lui stesso sulla cetra, mosso dalla grazia dello
Spirito Santo; istruì il popolo d'Israele a lodare Iddio con tutto il cuore, a
benedire ed esaltare ogni giorno il nome di Dio, d'una sola voce. Se allora si
viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo delle lodi
date a Dio davanti all'arca dell'alleanza, quanta venerazione e quanta
devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, di fronte al
sacramento e nell'atto di nutrirsi del corpo di Cristo, cosa più di ogni altra
sublime?
4.
Corrono molti, fino a luoghi lontani, per vedere le reliquie dei santi e
stanno a bocca aperta a sentire le cose straordinarie compiute dai santi
stessi; ammirano le grandi chiese; osservano e baciano le sacre ossa, avvolte
in sete intessute d'oro. Mentre qui, accanto a me, sull'altare, ci sei tu, mio
Dio, santo dei santi, il creatore degli uomini e il signore degli angeli.
Spesso è la curiosità umana che spinge a quelle visite, un desiderio di cose
nuove, non mai viste; ma se ne riporta scarso frutto di miglioramento
interiore, specialmente quando il peregrinare è così superficiale, privo di una
vera contrizione. Mentre qui, nel sacramento dell'altare, sei interamente presente
tu, mio Dio, "uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5); qui si riceve frutto
abbondante di salvezza eterna, ogni volta che ti accoglie degnamente e con
devozione. Non una qualunque superficialità, né la smania curiosa di vedere con
i propri occhi, ci porta a questo sacramento, ma una fede sicura, una pia
speranza, un sincero amore. O Dio, invisibile creatore del mondo, come è
mirabile quello che tu fai con noi; come è soave e misericordioso quello che
concedi ai tuoi eletti, ai quali offri te stesso, come cibo nel sacramento.
Sacramento che oltrepassa ogni nostra comprensione, trascina in modo del tutto
particolare il cuore delle persone devote e infiamma il loro amore. Anche
coloro che ti seguono con pia fedeltà, coloro che regolano tutta la loro vita
al fine del perfezionamento spirituale, ricevono spesso da questo eccelso
sacramento aumento di grazia nella devozione e nell'amore della virtù. Mirabile
e nascosta, questa grazia del sacramento, che soltanto i seguaci di Cristo
conoscono, mentre non la sentono coloro che non hanno la fede e sono asserviti
al peccato. In questo sacramento è data la grazia spirituale, è restaurata
nell'anima la virtù perduta e torna l'innocenza, che era stata deturpata dal
peccato. Tanto grande è talora questa grazia che, per la pienezza della
devozione conferita, non soltanto lo spirito, ma anche il fragile corpo sente
che gli sono state date forze maggiori.
5.
Rammarichiamoci altamente e lamentiamo la nostra tiepidezza e
negligenza, poiché non siamo tratti da un ardore più grande a ricevere Cristo,
nel quale consiste tutta la speranza e il merito della salvezza. E' lui,
infatti, "la nostra santificazione e la nostra redenzione" (1Cor
1,30); è lui il conforto di noi che siamo in cammino; è lui l'eterna gioia dei
santi. Rammarichiamoci, dunque, altamente che tanta gente si renda così poco
conto di questo mistero di salvezza, letizia del cielo e fondamento di tutto il
mondo. Cecità e durezza del cuore umano, non curarsi maggiormente di un dono
così grande, o, godendone tutti i giorni, finire persino col non badarvi! Se
questo sacramento santissimo si celebrasse soltanto in un certo luogo, e fosse
consacrato da un solo sacerdote in tutto il mondo, pensa da quale desiderio
sarebbero tutti presi di andare in quel luogo, a quel sacerdote, per veder
celebrare i divini misteri. Ma, ecco, i sacerdoti sono moltissimi, e Cristo
viene immolato in molti luoghi; e così quanto più è diffusa nel mondo la sacra
comunione, tanto più è manifesta la grazia e la carità di Dio verso l'uomo. Che
tu sia ringraziato, o Gesù buono, pastore eterno, che con il tuo corpo prezioso
e con il tuo sangue ti sei degnato di ristorare noi poveri ed esuli,
invitandoci a ricevere questi misteri con queste parole, uscite dalla tua
stessa bocca: "venite tutti a me, voi che siete faticati ed oppressi, ed
io vi ristorerò" (Mt 11,28).
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