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Ludovico Ariosto
I cinque canti

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  • CANTO TERZO
    • CXI
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CXI

Come chi vespe o galavroni o pecchie

per follia va a turbar ne le lor cave,

se gli sente per gli occhi e per l'orecchie

armati di puntura aspera e grave;

così fa il grido de le mura vecchie

del rotto albergo uscir le genti prave

con un strepito d'armi e, da ogni parte,

tanto rumor ch'avria da temer Marte.

 




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