I rapporti con le autorità civili
Se l’analisi della società era al negativo, di fronte alle istituzioni
egli teneva un atteggiamento di buon vicinato e di collaborazione, soprattutto
con le autorità amministrative locali. Non appena arrivato in diocesi fece dei
gesti di distensione verso le autorità civili. Al card. Panebianco dovette
spiegare perché aveva concesso i funerali religiosi per la morte del prefetto
della città, e il cardinale fu d’accordo con lui.150 Nel clima di
collaborazione Guarino non ebbe difficoltà a far celebrare le esequie per la
morte di Vittorio Emanuele II, richieste dal Comune, e ringraziò il sindaco che
aveva partecipato ai funerali di Pio IX.151 Evitava lo scontro diretto
quando sorgeva qualche problema, perché preferiva risolverlo di comune accordo.
Ciò gli permetteva di allentare il clima anticlericale molto diffuso nella
città e nella diocesi e di ottenere interventi di recupero di beni
ecclesiastici o di appoggio alla chiesa. Anche perché interventi di polizia
soprattutto sulle pratiche di devozioni tradizionali da parte della questura
potevano compromettere l’ordine pubblico.152 Non sempre infatti da
parte governativa c’era volontà di condiscendenza alle richieste
dell’Arcivescovo. L’azione pastorale del Guarino non poteva dimenticare i
carcerati, “i quali son pure figli di Dio ed hanno un’anima da salvare” e per i
quali propose al prefetto di Messina la predicazione degli esercizi
spirituali.153 Ricordava che quando da semplice sacerdote predicava
nelle carceri palermitane grande era il beneficio “per la quiete e buona
disciplina dei detenuti”. Ma il prefetto rispondeva che il direttore del
carcere non aveva locali idonei, né tempo, essendo la giornata piena. Chiedeva
perciò di limitare le predicazione solo al periodo di Pasqua e non di
Natale.154
E comunque c’era una parte dei politici e degli amministratori, che, pur
di fede liberale, rimaneva cattolica, anche se si sentiva indipendente dalle
indicazioni del papato e dalle rivendicazioni del potere temporale. Con questi
era possibile avere rapporti di stima e di collaborazione. Guarino però
rimaneva profondamente intransigente sulla soluzione della questione romana,
seguendo le indicazioni che venivano dalla Santa Sede. Nel 1887 il card.
Rampolla, molto amico di Guarino,155 gli inviò la lettera che il papa
aveva rivolto a lui come segretario di stato, nella quale si descrivevano la
situazione in cui versava la chiesa in Italia e le condizioni del papato. Si
chiedeva un irrigidimento dell’atteggiamento del’episcopato verso le autorità
governative per evitare qualunque impressione di legittimazione del nuovo stato
di cose senza che si fosse trovata una soluzione alla questione
romana.156 Dopo un ulteriore richiamo a seguire le istruzioni romane,
Guarino non riusciva a capire la posizione di qualche vescovo che tentava
avvicinamenti e collaborazione con il governo.157 Scriveva infatti al
card. Celesia nel 1894:
Avrà letto nei
giornali la lettera del card. Arciv. di Napoli diretta al Ministro della
guerra. Che le sembra di qualche proposizione, che accenna ad un certo
ravvicinamento e ad un cambiamento di politica? Sembra che quell’Eminentissimo
sia alla napoletana troppo di buona fede come certi nostri liberali
cattolici.158
Tuttavia il prefetto di Messina in
risposta al vicario generale della diocesi che gli annunziava la elevazione di Guarino
al cardinalato rispondeva che Guarino “l’armonia di questa [chiesa] con gli
interessi legittimi dello stato seppe sempre promuovere e
mantenere”.159 In una lettera privata al cronista della “Nuova
antologia” descriveva il Guarino come uomo di grande dottrina, devoto alla
chiesa senza essere fazioso, legato da relazioni eccellenti con le autorità e
parlamentari della sua diocesi.160
La collaborazione tra l’arcivescovo e
le autorità civili ebbe il suo banco di prova durante le calamità, e furono
tante, che colpirono Messina negli anni dell’episcopato del Guarino.
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