Le Figlie di S. Anna
Nel gennaio 1885 a Palermo
l’arcivescovo Guarino incontrò la madre Rosa Gattorno, fondatrice delle Figlie
di S. Anna, la quale espresse il desiderio di poter fondare una casa della sua
congregazione a Messina, dove già una società di buoni cattolici aveva aperto
una scuola paterna, con circa 200 giovani, tenuta dai Gesuiti. Ora
l’arcivescovo voleva una scuola simile per le ragazze che voleva affidare alle
Suore di S. Anna.202 Il progetto cominciò a concretizzarsi nel
1886.203 le scuole paterne non avevano controllo governativo e non
bisognavano di maestre patentate; se invece si apriva una scuola privata,
allora ricadeva sotto il controllo del provveditorato e bisognava di maestre
patentate.204
Dopo il colera, durante il quale le
suore si erano distinte per dedizione al servizio dei malati e dei poveri,
l’Arcivescovo affidò loro l’orfanotrofio nuovo. Contento del lavoro delle
Figlie di S. Anna che gestivano l’orfanotrofio e la scuola, iniziò le
trattative con la baronessa Ciancialo anche per l’impianto di una scuola per
infermiere e per un convitto e suole esterne nell’antico collegio di Maria.
Chiese perciò la qualificazione delle suore perché conseguissero titoli per
insegnare nelle scuole. Nel 1891 le case delle Figlie di S. Anna erano già 4,
la quarta infatti stava per essere aperta.205
Quando in quello stesso ano 1891 la
madre Gattorno gli chiese di inoltrare domanda alla Congregazione dei Vescovi e
Regolari per l’approvazione del suo Istituto, l’arcivescovo Guarino, che già
aveva inoltrato simile domanda per le Piccole Suore dei Poveri, volle fare
alcune osservazioni sulla vita dell’istituto, tenendo conto anche di quelle
fatte da altri vescovi siciliani. Pur riconoscendo il valore individuale delle
suore nel loro lavoro, tuttavia egli notava “ancora lo stampo dello spirito
secolaresco”, e perciò chiedeva maggiore oculatezza nella selezione delle
postulanti. Sebbene l’istituto fosse dedicato alla vita attiva, Guarino
ricordava di non dimenticare la vita contemplativa “perché le opere esteriori
della vita attiva devono essere informate dalla carità, e l’amor di Dio e del
prossimo per Dio non possono venirci che dalla santa meditazione […]. Nella
stessa vita attiva nelle musiche e in ogni altra opera – scriveva – bisogna
escludere i modi secolareschi interamente, e far sempre risplendere la
modestia, l’umiltà, la bontà evangelica e tutti quei modi che manifestano un
cuore pieno di Dio e distaccato dalle cose del mondo. Del resto poi è bene che
le Suore stiano sempre liete nel Signore, vogliose nell’operare il bene, e che
tutto facciano per Dio”.206 Per ottenere questi risultati, era convinto
della necessità di un noviziato che preparasse non solo alla conoscenza delle
regole e dello spirito della congregazione, ma fosse luogo dove le suore
fossero istruite “sulle virtù, sulla santa orazione, e sulla vita interiore,
sulla vera vocazione, sulla mutua carità, sul modo di vincere gli intoppi della
convivenza”.207
Dal rapporto epistolare tra il Guarino
e la madre Rosa Gattorno si può cogliere una trama di rapporti di solidarietà
che si erano intrecciati a Messina tra vari esponenti della nobiltà e della
borghesia che vedevano al centro l’azione sollecitatrice del
Guarino.208
Una riflessione a parte merita la
vicenda della pubblicazione del libro Travagli
e conforti della Gattorno. La principessa di Fitalia, Emilia Labenska,
scrisse con richiesta di segreto, al Guarino che durante un suo soggiorno in
Alta Italia aveva avuto occasione di avvicinare un’anima cara al Signore che
godeva grazie particolari, la quale le aveva fatto leggere certi libri che
aveva scritto 2spinta da una forza soprannaturale alla quale non poteva
resistere”.209 Poiché la principessa aveva trovato grande aiuto
spirituale da quella lettura chiedeva all’arcivescovo, al quale riconosceva
competenza nella scienza mistica, di darle un parere su quei manoscritti che
intendeva pubblicare a bene di altre persone. Aggiungeva che il testo era stato
letto da un teologo di Firenze che l’aveva rassicurata, ma lei intendeva di
avere il giudizio dell’arcivescovo Guarino e solo se fosse stato positivo
l’avrebbe dato alle stampe. Il Guarino, dopo aver letto i primi due quaderni
che la principessa gli aveva inviato, rispose il 30 aprile 1894 che i
manoscritti non contenevano errori:
Sono
immuni di errori teologici: anzi descrivono sotto imagini e figure assai bene i
travagli e i conforti delle anime elette tendenti alla perfezione cristiana e
alla vita straordinaria. Nulla vi ha di esagerato: anzi chi ha pratica di tali
anime vede benissimo che tutto va conforme ai fatti. E’ un libro che alle anime
privilegiate ed alle persone pie potrà riuscire utilissimo. Mi auguro che siano
uniformi gli altri quaderni. Come bene vi si apprendono le multiformi insidie
del demonio, le penalità interne delle anime, le varie arti infernali anche per
mezzo di qualche ministro infedele!210
Aggiungeva poi qualche osservazione:
Non
lo nego però che qualche limatura nella dicitura non sarebbe inopportuna. Ma
credo meglio che si lasci la semplicità dell’autore, meno qualche parola nella
revisione della stampa. Nel foglio 2° del quaderno 1° dove la serva di Dio
parla della unificazione della volontà umana rimane libera sempre; perché è
domma di santa fede che sotto qualsiasi influenza della grazia la volontà è sempre
libera, senza di che perderebbesi il merito, ed è anche libera di rimanere
unita alla volontà di Dio in modo da formare dell’uomo e di G. Cristo un solo
spirito “unus spiritus est” o di scostarsene. Rimanere tenacemente unita la
volontà dell’uomo a quella di Dio costituisce il merito, se non
devia.211
Grata al card. Guarino per “il parere
così illuminato” e per “la sua autorevole approvazione”, la principessa rispose
di ammirare “la saggezza dei suoi giudizi”, dichiarandosi felice che egli avesse
trovato gli scritti “immuni di errori teologici”.212 Qualche tempo dopo
gli inviò gli altri quaderni che nel frattempo aveva ricevuto.213 Il
Guarino però declinò l’invito della principesse di ritoccare i manoscritti,
adducendo il lavoro di una grande diocesi e la mancanza di clero che gli
rendevano le notti insonni.214 La principessa tornò ad insistere, ma
senza risultato.215 Guarino ala fine del mese di settembre dopo averli
letti rimandò i manoscritti e affidò ala madre provinciale delle Suore di S.
Anna e a suor Serafina il compito della “ripulitura”, ritenendo comunque
“sempre meglio conservare lo stile di una donna qual è l’autrice”. Che, se
fosse sfuggita qualche “espressione poco teologica”, contava poco, perché per
la stampa era necessaria la revisione ecclesiastica di un teologo designato
dall’autorità diocesana, e a Palermo il teologo era il suo discepolo e amico
can. Pennino, che, presente mentre Guarino scriveva la lettera, confermava di
essere sicuro che sarebbe stato affidato a lui questo compito e che avrebbe
mantenuto il segreto sull’autore. Sconsigliava il Guarino di stampare l’opera a
Messina per diversi motivi, non ultimo per non fare uno sgarbo al card.
Celesia.216 A marzo 1895 era già iniziata la stampa. Il titolo fu
ripreso dalla lettera del Guarino del 30 aprile; e si disse da lui voluto e
approvato dalla Gattorno: Travagli
continui e conforti passeggeri delle anime che camminano per la via della
santità scritti da una Serva di Dio.217 nell’itinerario dell’anima
erano narrate le vicende della fondazione dell’Istituto delle Figlie di S.
Anna, però in forma allegorica comprensibile solo a chi era a conoscenza dei
fatti.
Il libro, pubblicato a Palermo in due
volumi, portava scritto nel retro del prospetto “Con approvazione dell’Autorità
ecclesiastica” e conteneva soltanto i primi sette quaderni del manoscritto; e
forse per questo motivo non entrò in circolazione. Nel 1897 venne fatta in un
solo volume una seconda edizione con aggiunte, sempre a cura della principessa
di Fitalia. Poiché la prima edizione si presentava con una generica
approvazione dell’autorità ecclesiastica,per evitare probabilmente malintesi in
questa edizione venne pubblicata con la data del 22 aprile la lettera del card.
Guarino del 30 aprile 1894, di cui rimane una copia, nella quale egli
dichiarava che i manoscritti erano immuni da errori, e una lettera del Canonico
Antonino Pennino del novembre 1897 che sviluppava i contenuti della lettera del
card. Guarino. La lettera del Guarino indirizzata alla principessa di Fitalia
non era destinata alla pubblicazione per cui la principessa o anche il Pennino
ritennero di poter fare degli adattamenti e aggiunte per renderla quasi una
introduzione alla seconda edizione dell’opera,che comunque nella sostanza non
tradiscono il pensiero del Guarino. Per la verità la lettera era stata scritta
dopo che il Guarino aveva letto solo i primi due quaderni, ma, posta ora come
introduzione all’opera, veniva esteso il suo giudizio a tutta l’opera. Non
c’era la volontà di forzare l’approvazione del Guarino dal momento che il
cardinale non aveva espresso nessuna riserva sugli altri manoscritti ricevuti
nell’estate e in ogni caso aveva fiducia nella revisione del can. Pennino.
Rimane comunque la perplessità su una
operazione che ha rimaneggiato con una certa disinvoltura il testo della
lettera. Sull’approvazione dell’opera da parte del card. Guarino tuttavia non
ci possono essere dubbi perché il can. Pennino aveva un rapporto personale
molto intenso con il cardinale suo amico ed era presente quando il Guarino
scrisse sull’opera alla madre provinciale delle Figlie di S. Anna di Palermo
che era anche da lui personalmente conosciuta, come anche la principessa di
Fitalia. La sua testimonianza quindi non può essere contestata quando afferma
nella lettera alla principessa di Fitalia pubblicata nel volume:
Il
giudizio dell’E.mo Card. Guarino, di chiara e benedetta memoria, in lode della
operetta: Travagli e conforti delle
anime, da Lei con tanto zelo fatta pubblicare, è così autorevole, da
rendere assolutamente superfluo il mio povero parere.218
Era in ogni caso convinto il Pennino
che non tutto quello che era scritto nell’opera era adatto a tutti e non da
tutti poteva essere imitato, anche se ne potevano essere edificati; inoltre
molte cose riuscivano oscure e richiedevano delle spiegazioni da parte
dell’autrice. Queste preoccupazioni, che richiedevano solo una raccomandazione
di cautela, convinsero invece il S. Uffizio a imporre che il libro fosse tolto
dalla circolazione, nonostante l’approvazione del card. Guarino e l’imprimatur della curia
palermitana.219 Il motivo
espresso dal Maestro dei Sacri Palazzi p. Lepidi, non di natura teologica, era
che non tutti potevano capire il libro e che questo poteva quindi ingenerare
danno a suore poco equilibrate.220
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