La soppressione della Legazia sicula
Nel 1865 la situazione siciliana, e
palermitana in particolare, diventò sempre più grave a causa delle operazioni militari
del gen. Medici che con 15 mila soldati pose lo
stato d’assedio nelle province occidentali
dell’isola, mentre più viva si faceva la polemica sulla soppressione delle
corporazioni religiose e sull’incameramento dei loro beni.
La nascita del movimento cattolico
era concomitante alla ripresa delle tendenze regioniste che avevano un risvolto
culturale come salvaguardia della tradizionale cultura e identità del popolo
siciliano, e perciò stesso della tradizione cattolica del paese, e si
esprimevano anche sul piano politico e amministrativo. Quando altrove i
cattolici si rifugiavano nel non expedit, a Palermo i preti
zelanti guardavano con interesse al partito regionista che riscosse successo
alle elezioni del 1865, portando in parlamento uomini come D’Ondes Reggio ed
Emerigo Amari. Lo spirito zelante dei preti si trasformò sempre più in
atteggiamento intransigente soprattutto dopo la pubblicazione del Sillabo di Pio IX che dichiarava la inconciliabilità del papato con gli
errori moderni. I preti zelanti della Società del catechismo fecero pronta
adesione al Sillabo in un indirizzo di fedeltà al
papa57.
La battaglia però che più impegnò il
clero zelante fu per la soppressione della Legazia apostolica e del Tribunale
di regia monarchia sicula, che Pio IX aveva sancito con la bolla Suprema del 23 luglio 1867 all’indomani della legge di incameramento
dei beni ecclesiastici da parte del governo italiano58.
Era evidente che il Guarino, antico
segretario del giudice di monarchia, si dichiarasse ora per la sua
soppressione. Non abbiamo testimonianze esplicite, ma le sue scelte
antiregaliste e filoromane, la sua passione per la libertà della chiesa dallo
stato non potevano non fargli tirare le stesse conclusioni a cui era arrivato
una parte del clero siciliano.
Negli anni duri che seguirono fino
alla breccia di Porta Pia, nonostante la sua moderazione, non poté passare
inosservata la sua avversione al nuovo ordine dal momento che fu sorvegliato
speciale della questura con l’accusa immaginaria di mene reazionarie, senza
tuttavia che si riuscisse a provare niente sul piano giudiziario. Scriveva
infatti il procuratore generale del re, fornendo notizie sul sac. Giuseppe
Guarino al ministro di grazia e giustizia in occasione della sua elezione all’episcopato
nel 1872:
Il Sacerdote Giuseppe Guarino versato nelle
discipline canoniche e nella filosofia morale, è in fama di onesto e gode la
stima del clero, che ha ben visto la promozione di lui alla dignità vescovile.
Come prete mal vede l’ordine di cose stabilite in Italia dal 60 in qua; e
sebbene riserbato non nasconde il desiderio che ha di vederlo distrutto. Per la
qual cosa fu tenuto sempre d’occhio dall’autorità politica, che qualche volta
lo ha indiziato come complice di cospirazioni contro il Governo, il che per
altro non si è mai potuto giudizialmente stabilire. Questo è quanto ho potuto
raccogliere da fonti autorevoli sul conto del menzionato Sacerdote.59
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