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Francesco Michele Stabile
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • Guarino a Palermo
    • La soppressione della Legazia sicula
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La soppressione della Legazia sicula

            Nel 1865 la situazione siciliana, e palermitana in particolare, diventò sempre più grave a causa delle operazioni militari del gen. Medici che con 15 mila soldati pose lo

 stato d’assedio nelle province occidentali dell’isola, mentre più viva si faceva la polemica sulla soppressione delle corporazioni religiose e sull’incameramento dei loro beni.

            La nascita del movimento cattolico era concomitante alla ripresa delle tendenze regioniste che avevano un risvolto culturale come salvaguardia della tradizionale cultura e identità del popolo siciliano, e perciò stesso della tradizione cattolica del paese, e si esprimevano anche sul piano politico e amministrativo. Quando altrove i cattolici si rifugiavano nel non expedit, a Palermo i preti zelanti guardavano con interesse al partito regionista che riscosse successo alle elezioni del 1865, portando in parlamento uomini come D’Ondes Reggio ed Emerigo Amari. Lo spirito zelante dei preti si trasformò sempre più in atteggiamento intransigente soprattutto dopo la pubblicazione del Sillabo di Pio IX che dichiarava la inconciliabilità del papato con gli errori moderni. I preti zelanti della Società del catechismo fecero pronta adesione al Sillabo in un indirizzo di fedeltà al papa57.

            La battaglia però che più impegnò il clero zelante fu per la soppressione della Legazia apostolica e del Tribunale di regia monarchia sicula, che Pio IX aveva sancito con la bolla Suprema del 23 luglio 1867 all’indomani della legge di incameramento dei beni ecclesiastici da parte del governo italiano58.

            Era evidente che il Guarino, antico segretario del giudice di monarchia, si dichiarasse ora per la sua soppressione. Non abbiamo testimonianze esplicite, ma le sue scelte antiregaliste e filoromane, la sua passione per la libertà della chiesa dallo stato non potevano non fargli tirare le stesse conclusioni a cui era arrivato una parte del clero siciliano.

            Negli anni duri che seguirono fino alla breccia di Porta Pia, nonostante la sua moderazione, non poté passare inosservata la sua avversione al nuovo ordine dal momento che fu sorvegliato speciale della questura con l’accusa immaginaria di mene reazionarie, senza tuttavia che si riuscisse a provare niente sul piano giudiziario. Scriveva infatti il procuratore generale del re, fornendo notizie sul sac. Giuseppe Guarino al ministro di grazia e giustizia in occasione della sua elezione all’episcopato nel 1872:

 

                Il Sacerdote Giuseppe Guarino versato nelle discipline canoniche e nella filosofia morale, è in fama di onesto e gode la stima del clero, che ha ben visto la promozione di lui alla dignità vescovile. Come prete mal vede l’ordine di cose stabilite in Italia dal 60 in qua; e sebbene riserbato non nasconde il desiderio che ha di vederlo distrutto. Per la qual cosa fu tenuto sempre d’occhio dall’autorità politica, che qualche volta lo ha indiziato come complice di cospirazioni contro il Governo, il che per altro non si è mai potuto giudizialmente stabilire. Questo è quanto ho potuto raccogliere da fonti autorevoli sul conto del menzionato Sacerdote.59

 

 




57 F.M. Stabile, Il clero, cit., p. 151.



58 F.M. Stabile, L’abolizione, cit..



59 Lett. del procuratore generale del re al ministro di grazia e giustizia, 30.3.1872, Archivio centrale dello stato Roma, Ministero Interno, Affari culto, Siracusa, b. 125, fasc. 304.






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