Ministero pastorale
Il Mira nel 1873 poteva confermare
la stima e la fiducia che il Guarino si conquistò negli anni in cui aveva
l’incarico di ufficiale di carico nel dipartimento per il culto e anche dopo
aver lasciato l’incarico governativo, per la sua scienza nel diritto
ecclesiastico e civile e per il suo retto giudizio:
Moltissimi così del clero come del foro andavano di
frequente a consultarlo, e ne avevano sicura direzione negli affari anche più
intrigati.60
Nei primi due anni di presenza a
Palermo il Guarino si era limitato a celebrare e confessare la domenica nella
chiesa di S. Domenico, retta dai Domenicani. Quando fu beneficiale e poi
canonico della Magione trasferì in quella chiesa la sua attività pastorale,
comunque sempre limitata, almeno fino al 1863, anno in cui rinunziò al suo ufficio
statale. Ora che era più libero dall’impiego, il suo confessionale alla Magione
e nella chiesa di S. Francesco di Sales divenne un punto di riferimento per
molti chierici e laici.
E così pure, per averne consiglio e direzione,
accorrevano a lui in gran numero rispettabili famiglie, sicché vedevasi sempre
affollato il suo confessionale nella Costantiniana Basilica della Magione,
dov’egli da canonico, recavasi tutti i giorni per la sacra ufficiatura. Al
pergamo poi era sì dolce ed affascinante, che veniva spesso richiesto per ogni
genere di predicazione, ed ascoltato con immenso frutto dalle anime, perché la
sua era parola di fuoco, era spada a due tagli, che penetrava i
cuori.61
La sua direzione spirituale era
molto ricercata, così come lo era quella del can. Turano, tanto che,
allontanatosi da Palermo per la nomina episcopale, rimase in contatto
epistolare con molte persone da lui guidate:
La sua attività non gli impediva di dirigere da
lontano alcune anime che volevano essere guidate da lui nella via della
perfezione. Si era formata a Palermo una congregazione di pietosissime persone
che vivevano una vita di elevazione spirituale. Ricordo una nobilissima figura
del laicato di Palermo... il cav. Francesco Landolina di Rigilfi, principe di
Torrebruna, uomo sopra tutti veramente ottimo, cattolico fervente, signore
caritatevole, espressione della più simpatica bontà. Qualche dama gentile di
quella società eletta prese il velo ed ebbe mansioni importanti tra le figlie
di S. Anna62
A Palermo conobbe la madre Maria
Rosa Zangara, fondatrice delle Figlie della Misericordia e della Croce e
partecipò alle riunioni con cui i sacerdoti Evola, Rampello, Pennino e qualche
altro discutevano sui fenomeni mistici della Zangara e sul modo come dirigerla
nelle vie dello spirito.63
Conobbe anche lui la Zangara - scrive il padre
Antonino da Castellammare - anche lui la stimò, anche lui la venerò, altrimenti
non si sarebbe interessato di lei. E, non solo la conobbe, ma più tardi ebbe
occasione di difenderla e di impostarne decisamente lo spirito.64
Da arcivescovo di Messina fu
richiesto a nome dei teologi che si occupavano della straordinarietà dei
fenomeni mistici della Zangara. Rispose che “l’ubbidienza mostrata da Rosa in
tali prove era la più fine e perfetta, mentre in tale anima vi era lo spirito
di Dio e suggerì che dichiarassero alla povera anima che non aveva fatto
peccato e che non era mancata perciò nell’ubbidienza in tutto quello che in
essa era accaduto”.
La risposta dell’Arcivescovo di Messina - commenta il padre Antonino da
Castellammare - fu accolta a Palermo come una sentenza di cassazione.
All’istante disparvero i dubbi, i timori, le difficoltà; all’istante si
quietarono tutti, tutti si serenarono e smisero subito dal più provare e
tormentare quella povera vittima. Si persuasero definitivamente quella della
Zangara essere un’anima eccezionale, un’anima veramente privilegiata da Dio e
si convinsero perfettamente il vero direttore di lei essere Gesù Cristo, per
cui si rimisero pienamente, ed una volta per sempre, alla sovrana volontà di
Nostro Signore. Come trovarono la serenità e l’orientamento i teologi di
Palermo, così la Maria Rosa trovò la pace perfetta e la perfetta impostazione
dello spirito. Ma di tanto bene, ella fu debitrice all’anima santa ed
illuminata di mons. Guarino, anch’esso suo antico direttore.65
Altro luogo di riferimento del
Guarino fu il monastero di Sales dove fu cappellano delle monache e dove poté
ancor più liberamente che alla Magione dare vita a varie devozioni. Di grande
rilevanza la devozione del S. Cuore66.
A quel periodo risaliva ancora
l’amicizia con la famiglia di Francesco Parlati che fu poi uno degli esponenti
del movimento cattolico siciliano e napoletano, direttore a Palermo agli inizi
del novecento del quotidiano cattolico “Il Sole del Mezzogiorno”.67
Racconta il Parlati sulla “Libertà” di Napoli del 1897 alla morte del Guarino,
che il p. Guarino era legato “d’intimissima, fraterna amicizia” al suo genitore
e per questo frequentava la sua casa dove si faceva una gran festa attorno a
lui. Un giorno però la madre manifestò al Guarino il desiderio di averlo come
confessore.
Volentieri; risposele con la sua consueta affabilità
il rigido sacerdote, ma da quel giorno cesseranno le mie visite a casa vostra.
Ci ribellammo tutti - scriveva il Parlati - e mia madre fu la prima a ritrattar
la preghiera68
La sua tenera affettuosità con gli amici
palermitani si può cogliere per la morte di Giacomo Majorca. Scriveva al p.
Giacomo Cusmano:
Non so se abbia Ella mai conosciuto sino a qual punto
estendevasi la mia amicizia coll’impareggiabile ed amatissimo d. Giacomo
Majorca non mai abbastanza rimpianto. L’amicizia, che mi legava a lui, non avea
confini. Consideri adunque la S. V. Rev.ma quale assistenza presterei alla
desolata famiglia, e quali conforti alla virtuosa vedova se fossi presente. Ma
la Provvidenza mi cacciò via da Palermo, e per sempre. Però non mi era mestieri
pensar molto per cercare a chi raccomandare i superstiti del mio illustre
amico. Da lontano non lascerò mai di fare quel che mi sarà possibile; ma una
guida vicina è necessaria anziché utile soltanto. [...] Sia Ella l’Angelo tutelare
dei figlioli, l’Angelo consolatore dell’afflitta madre. L’abbia come famiglia
sua, ed eziandio famiglia mia, e come padre lontano la metto sotto le di lei
cure come padre vicino. Rendiamo servizio a Dio ed onoriamo la memoria
carissima dell’amico comune, che abbiamo perduto, al quale era anch’Ella
affezionatissimo.69
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