Gli amici preti
L’amico e discepolo Antonino Pennino
scrive che il Guarino lasciò a Palermo “un immenso tesoro di affetti”. Le più
forti amicizie furono quelle però che lo legarono al clero palermitano. Fu
molto stimato dall’arcivescovo Giovan Battista Naselli che lo volle sempre
vicino fino agli ultimi istanti della sua vita.
Né avea preso mai alcuna importante decisione nel
governo della diocesi - scriveva il Pennino - senza aver prima sentito il
parere di lui, che era da tutti riconosciuto come dottissimo, specialmente in
Diritto Canonico.70
E ne aveva realmente bisogno il
Naselli che si trovava sempre più inceppato nell’esercizio del suo ministero
pastorale da una selva di pretese da parte del governo e dell’Economato dei
benefici vacanti.
Ma l’arcivescovo a cui il Guarino
rimase legato per tutta la vita e che gli sopravvisse fu il card. Michelangelo
Celesia al quale con tutta probabilità Guarino doveva la sua nomina ad
arcivescovo di Siracusa. La corrispondenza con il Celesia rimane un documento
interessantissimo per conoscere l’animo del Guarino, le sue ansie pastorali, i
suoi giudizi sulla società, ma anche la sua sottile ironia. Il legame con
Celesia veniva rafforzato dalla venerazione che il Guarino nutriva per l’ordine
di S. Benedetto e anche per l’altro monaco Dusmet, arcivescovo di Catania, di
cui aveva una grandissima stima. Il Celesia, non appena fu a Palermo nel 1871
volle subito Guarino “come suo primo consigliere per gli affari della
Curia”71.
Ma il Guarino fu soprattutto un
maestro del giovane clero palermitano. Mentre il Galeotti era costretto a
riparare a Roma, il giovane clero palermitano trovava in Guarino e in Turano
consiglieri e guide spirituali sagge ed equilibrate. A volte i preti andavano
dall’uno all’altro per aiuto e consiglio.
Stimato poi e venerato dalle persone più cospicue del
clero - scriveva il Pennino - attirava a sè in modo particolare, per le sue
attraenti e affabili maniere, i giovani sacerdoti, molti dei quali,
scegliendolo a direttore delle loro coscienze, ne frequentavano la casa, lo
circondavano di filiale premura ed affetto.72
Molti anni più tardi nel 1886 Guarino
ricordava a Celesia che la sua casa palermitana era luogo di incontro e di
allegra fraternità dei giovani preti.73 Sul filo della memoria
ricorderà quegli anni ruggenti, quei preti che non avevano paura di sfidare
anche il carcere per l’affermazione delle loro idee. Ad alcuni di essi rimase
poi particolarmente legato: Giacomo Cusmano, Antonino Pennino, Nunzio Russo,
Francesco Russo, Vincenzo Mucoli,
Antonino Calì, Isidoro Carini.
Non dovea cercar molto - scriveva al Cusmano - perché
tra tanti egregi Sacerdoti di Palermo, i quali hanno stanza permanentemente nel
mio cuore, due occupano il centro, il Can. Pennino e la S.V. Rev.ma”74.
E a Nunzio Russo:
Come sarei felice con due Russo e due Pennino nella
mia diocesi! l’uno per accendere il fuoco, l’altro per regolare l’incendio!
Siete due figli intimamente a me cari, e scolpiti indelebilmente nel mio
cuore.75
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