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Francesco Michele Stabile
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • Guarino a Palermo
    • La direzione spirituale
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La direzione spirituale

            Può essere significativa una analisi delle lettere del Guarino al giovanissimo prete Nunzio Russo, del quale è pure aperta la causa di beatificazione, inviate nei primi mesi del 1868. Il Russo era da pochi anni sacerdote, ma era stato già vivace promotore di congregazioni per i poveri, aveva svolto il compito di vicesegretario dell’associazione di S. Francesco di Sales. Nel 1867, colto dal tifo e dal colera nell’esercizio del suo ministero di assistenza ai malati, i medici disperavano per la sua salute.

 

                La cara vostra lettera del 21 - gli scriverà nel 1883 l’arcivescovo Guarino - mi dimostra che finora non avete conosciuto l’amore immenso che vi porto. Dio sa quanto penai quando vi vidi preso dal cholera, e quando vi seppi sofferente al cuore al ritorno da Girgenti! sapete perché vi voglio bene? Lo dirò con semplicità perché temete Dio e lo servite con rettitudine d’intenzione. Non ci è altro, non ho mai trascurato di pigliar conto del mio caro P. Nunzio e pei lavori sacerdotali e per la salute corporale.76

 

            È importante sottolineare che Guarino e Russo avevano temperamenti molto diversi. Il Guarino era pacato, ordinato, riflessivo, il Russo invece era uno spirito focoso, pieno di fantasia e di iniziativa. Per il giubileo sacerdotale dell’arcivescovo Celesia, il Russo attraverso il suo giornalettoLetture Domenicali” fece delle proposte di celebrazione e di omaggio, coinvolgendo anche i vescovi siciliani, che a Celesia sembrarono impertinenti. Il Guarino giustificò Nunzio Russo:

 

                Mi fa gran pena il dispiacere di V. Eminenza Rev.ma; ma in cuor mio esclamai tostofelix culpa!” È davvero doloroso l’invito all’alto indirizzo di Sua Santità; ma quanto a noi, creda pure V. Em., esser tale la comune nostra riverenza e tale il nostro affetto alla sua veneranda persona, da non dubitare affatto che l’intero Siculo Episcopato riceverà con gioia quel pensiero affettuoso del Sac.te Russo.

                Che d’impertinenza Em. Prelato? Non sa che nella maggioranza i Vescovi di Sicilia siam suoi figlioli, ben inteso, io primogenito? E poi chi non vede a semplice lettura esser quella una proposta non sua, ma del giornalista? Replico che soltanto del Papa fu troppo l’ardire del buon Nunzio ingannato dalla sua fantasia. Io era solito costà chiamarlo col titolo grazioso insieme e grandioso di “Ministero e real segreteria di stato”. Sa V. Em. che spesso convenivano in casa mia in Palermo parecchi egregi Sacerdoti, i quali con somma consolazione vidi attorno a Lei già adulti e canonici. Fra costoro era assiduo il caro poeta Ferrigno, a cui davamo tutti argomenti per improvvisare Sonetti. Una sera lo invitai ad un Sonetto per descriver Nunzio Russo. Se quello scritto esistesse, V. Em. non potrebbe trattenere le risa; lo descrisse come un fochista che va appiccando il fuoco alle sue moschetterie, e poi scappa via al largo. Fu bene indovinato.77

 

            Il Guarino aveva capito benissimo lo spirito di Nunzio Russo che non era mosso da impertinenza nelle sue iniziative che potevano sembrare forse troppo ardite, ma sgorgavano da sincera devozione e attaccamento al proprio vescovo e alla chiesa. Il Guarino conobbe Nunzio Russo ancora giovane chierico e poi lo seguì nei primi passi del suo ministero presbiteriale.

            Ci servono a capire la personalità del Guarino, la sua spiritualità e il suo metodo di direzione le cinque preziose lettere che il Guarino inviò al Russo nel 186878. Il p. Nunzio Russo si era rivolto a lui per avere consiglio in un periodo di ricerca interiore e di difficoltà. Desiderava portare equilibrio al suo temperamento focoso e vulcanico e comprendere con chiarezza la vocazione specifica a cui Dio lo chiamava nell’esercizio del suo ministero. Il rapporto fra i due è affettuoso e fraterno. Guarino si rivolge a Russo con l’appellativo: “Mio carissimo padre e fratello”. Solo una volta scrive: “Mio dolce padre e fratello”. Quando poi sarà arcivescovo a lui e agli altri preti palermitani si rivolgerà: “Mio carissimo figlio”. Ma in una delle lettere del 1868 al Russo, egli stesso si dichiarafiglio79. Il rapporto è anche molto schietto e leale. Noi non possediamo le lettere che furono l’occasione di queste risposte del Guarino. Avremmo potuto capire alcuni riferimenti particolari che il Guarino lamentava nei confronti del suo amico, non nascondendogli le sue difficoltà:

 

                Mi parla dell’operetta. Ma che operetta? Ah Dio! Come mi son trovato senza testa! Preghi per me. Andiamo a noi. Della sua non mi è piaciuta l’ultima parte: lo dico col cuore in mano. Gesù Cristo soltanto e i grandi Santi han potuto dir molto in poco: io devo a forza dir poco in molto. Meravigliarsi adunque delle mie lettere lunghette importa non voler sentir nulla. Ma che pro allora? Io non so fare altrimenti. E poi la carità vuol esser sempre intiera, e non mai dimezzata. Se la fo di cuore, e le par carità, mi lasci fare; per altro non ha altro scopo la nostra dimora nel mondoglorificare Dio nella mutua carità” “diligite alterutrum”. Se io fossi infermo, saprebbe Ella negarmi assistenza? Se altrimenti bisognoso, come lo sono pur troppo, e le chiedessi aiuto, saprebbe misurarmelo? Amiamo Dio nel prossimo, ed ogni cosa nostra andrà bene80.

 

            Il Guarino non si pone come maestro di fronte all’allievo, ma evidenzia anche i suoi limiti, fa autocritica, dovendo anche sottolineare i limiti dell’amico e aiutarlo ad aver fiducia. L’interesse per la crescita interiore dell’amico è però grandissimo:

 

                Dar consigli e precetti è la più facile cosa del mondo. Ma pur posso assicurarla innanzi a Dio, che senza punto discendere nelle profonde cavità del mio cuore perverso, basta guardarlo alla sfuggita anche nella corteccia esteriore, per trovarvi argomenti d’immensa umiliazione. Con intimo convincimento le dico che non so come sia sacerdote, e come possa osare di versarmi ne’ sacri ministeri. Come mi spaventa l’Eternità! Oh terribile Eternità! Oh immensa mia miseria, e profonda indegnità. Che mi vale sentir fortissimo lo zelo per Pietro? Che mi vale sentir veementemente la forza del Cattolicesimo, se poi non ho affatto, ma neppur per ombra, lo spirito di sacrificio, di mortificazione, di santità, e di mansuetudine, che deve informare quel sentimento? [...] Le confido da figlio che in qualunque cosa incontro umiliazioni tragrandi [sic], colle quali Dio punisce le mie inconsideratezze. Andiamo a noi. Non le nego affatto che sento un interesse vivissimo per l’anima sua, e che vorrei non solo preservata da ogni colpa e difetto, ma abbellita altresì di tutte le più care virtù. Con tutta sincerità le dico che penso di vederla mano mano e col tempo secondo il tipo, che ne ho formato nella mia mente, e m’inebrio di consolazione non solo, ma comincio ad amarla come se avesse già Ella raggiunto quella meta. Se questo è peccato, non l’avrò perdonato giammai, perché non ne ho dolore, né mi sento disposto ad averne.81

 

            Presupposto richiesto dal Guarino per la vita spirituale è una grande serenità ed equilibrio dello spirito che escluda sempre agitazione ed affanno82. Una vita ordinata, e direi organizzata, senza attivismo sfrenato:

 

                In ogni caso vada piano piano. Il correre con fretta rende lasso di buon’ora, e spesso frutta solo una rottura di gambe senz’altro. Par che Dio la voglia nella vita attiva. Per la sua vita attiva basta quel che ho detto, purchè l’occhio sia semplice e retto in ogni cosa.83

 

            Ma una vita ordinata non significa rigidità di programma e di orario:

 

                L’orario sta bene. Attendo lo statino settimanale. Ma se la carità o la salute portino talvolta qualche alterazione, non cada in angustie ed agitazioni di spirito.84

 

            E qualche tempo dopo scriveva:

 

                Intorno all’orario parmi che il demonio voglia gettarlo tra opposti estremi - indeclinabile esattezza di metodo esteriore da una parte, impossibile a praticarsi da un sacerdote secolare che fa vita attiva - nessun ordine dall’altra, ed attenzione esatta sulla vita interiore, impossibile anch’essa a praticarsi senza un ordine intorno alla meditazione ed ai divini uffizi. Anbe [?] bene medio - Conservi un orario non però indeclinabile per l’orazione, per la S. Messa e pel Breviario; voglio dire consacri le ore, che verranno opportune, a tali esercizi; e nel resto del giorno serva Dio com’egli stesso vorrà, secondo le occasioni, che si presenteranno, o che abitualmente le appartengono, come sono lo studio e i moribondi85

 

            Ma questa serenità interiore non deve essere turbata né dagli imprevisti della vita, ma neanche dalle stesse difficoltà della propria sensibilità e concupiscenza, anzi ne sono un cammino obbligato.

           

                Le oscillazioni e i trambusti sono una condizione necessaria per arrivare alla meta dell’ordine e della calma abituale. Ma qualsiasi turbamento della parte inferiore non dee giammai sgomentare la volontà e disturbare l’intelletto. La natura raddoppierà i suoi sforzi; ella ne sentirà tutto il peso; ma abbia gran mire e ripari coll’applicarsi ad opere esteriori di carità. Non tenda l’orecchio sugli strepiti della parte sensitiva, si applichi ad altro; e dalla conoscenza della propria miseria tragga il frutto della umiltà.86

 

            Ma il traguardo a cui deve giungere il cristiano e il sacerdote è l’abbandono in Dio:

           

                A nulla valgono le massime se manca un abbandono intiero nel seno di Sua Divina Maestà, come il bambolo si abbandona e riposa tranquillamente sulle braccia di sua Madre. Si eserciti adunque in questo sincero e totale abbandono. Tenga gran conto dell’onore di Dio e non si curi d’altro. Così fa chi sta abbandonato.87

 

            La serenità della vita e l’ordine servono a vivere in comunione di abbandono con Dio ed è attraverso la orazione che questo si realizza:

 

                Non lasci l’orazione, menoche talvolta da altri doveri ne sia impedito; ma in questo caso supplirà con elevare a Dio il pensiero, più frequentemente, dirigendo alla sua gloria le operazioni della giornata.88

 

            Guarino delinea un itinerario di letture che privilegia la meditazione diretta sul testo del Vangelo, solo in un secondo tempo passa attraverso i commenti, in quanto gli scrittori della vita di Gesù la colgono solo da un loro punto di vista particolare:

           

                Il cenobita vi vedrà tutta l’asprezza della mortificazione, senz’altro, il temperamento gentile tutta la incantevole dolcezza, e così via via. Ad evitare impressioni isolate, io la considererei nel vero essere universale, cioè complessivo di tutte le virtù, meditando attentamente il Vangelo.89

 

            Sul tema della meditazione, seguendo i maestri della spiritualità, Guarino raccomanda a Nunzio Russo:

 

                Il gusto della meditazione non è punto necessario. Il gusto è di Dio, non è nostro. Quando vuol darlo è padrone, quando negarlo è pur padrone; ma nulla monta per noi.90

 

            Si può cogliere con evidenza, ed è espressamente affermato da lui, che il maestro di vita spirituale a cui il Guarino si rifaceva era S. Francesco di Sales. Alla spiritualità di questo santo voleva iniziare tutti i suoi penitenti e amici:

 

                Tutti i Santi hanno imitato Gesù Cristo; non sarebbero altrimenti sugli altari. Ma S. Francesco di Sales è una delle copie più esatte e più perfette del Redentore. Lo studi nel suo spirito, nelle sue massime, ne’ suoi scritti, nella sua vita. Deh! c’infonda il nostro Santo protettore lo spirito della dolcezza misto alla più severa austerità.91

 

            Il riferimento al “nostro santo protettoreera evidente perché sia Guarino che Russo facevano parte dell’Associazione di S. Francesco di Sales. È nello spirito del santo che Guarino si cimenta in consigli sull’educazione dei giovani chierici e studenti che p. Nunzio Russo in quel periodo aveva il compito di formare nella Congregazione di disciplina del clero all’Olivella presso i padri dell’Oratorio. Nunzio Russo si chiedeva come conciliare l’amabilità e la dolcezza verso i giovani con un contegno sobrio e riservato da parte dell’educatore.

            Ancora una volta il Guarino cercava di contemperare la teoria della severità propria del tempo con lo spirito del Sales. Guarino, a causa della sua formazione personale, propendeva per l’atteggiamento serio e riservato da parte dell’educatore nei confronti dei giovani: melior est ira risu. E tuttavia non proponeva una regola rigida di comportamento:

 

                Se il bisogno richieda ch’Ella si mostri severo, non approverei che discenda poi a soverchia amabilità col mostrarsene pentito, affinché i giovanetti non smettano l’impressione del timore già utilmente concepita. Si abbia pazienza senza fine, ma sia prudente in ogni cosa. La prudenza ricerca e adopera i mezzi opportuni a che ciascuna virtù raggiunga il suo scopo. Ella sovrintende alla educazione della gioventù ecclesiastica e letteraria; se delle volte crederà necessario il viso severo, se l’abbia; se l’amabile, se l’abbia pure, ma l’amabilità non distrugga i frutti della severità, né questa si tramuti in asprezza.92

 

            Ma non si trattava solo di trovare equilibrio tra amabilità e severità. Seguendo S. Francesco di Sales, Guarino rifiutava la regola ascetica della totale indifferenza e distacco sensibile nel rapporto con le persone;

 

                Conservare l’ugualità del cuore con tutti - scriveva a Nunzio Russo - è grande virtù insieme e gran dovere. L’amor proprio potrebbe far travestire di zelo una mera genialità. Ma non bisogna del pari andare tra molte sottigliezze. Sales ammetteva il caso di un trasporto maggiore verso un’anima, che ne dia argomento, purchè non si lasci per tanto di amare quelle altre, che esercitano proprio la nostra pazienza, ed han bisogno di aiuti. Io veramente amerei di più le anime bisognose se fossi capace di virtù, ed impegnerei tutta l’industria a tirarle verso Dio e il dovere con la forza del più tenero amore. Oh Dio mio carissimo fratello, tutto può, tutto vince la dolce carità! Che Iddio me la conceda!.93

 

            Questa regola del Sales può spiegare la spontaneità con cui Guarino non temeva di esprimere il suo affetto particolare verso gli amici. In questo era alieno da ogni rigorismo, manifestando invece una profonda umanità di sentimenti. Il filone giansenista, pur essendo presente in certa cultura ecclesiastica siciliana, soprattutto sul piano giuridico ed ecclesiologico, non lasciava tracce sul piano morale in Sicilia. Fu perciò facile il consolidarsi della spiritualità salesiana.

            Non ci è facile sapere quando Guarino si incontrò con questa spiritualità salesiana. È certo tuttavia che l’inserimento nell’Associazione di S. Francesco di Sales intensificò l’interesse per questo santo, e per le sue opere. La motivazione principale stava nel fatto che, contrariamente ad altri santi fondatori di ordini religiosi, il Sales era un prete secolare e la sua spiritualità era adatta per tutti i cristiani e non solo per chi era chiamato alla vita religiosa. Era quasi l’inizio di una spiritualità laicale che permetteva di vivere nel secolo senza contrasti interiori. Perciò al p. Nunzio Russo che era stato formato dai Gesuiti e si orientava verso quella spiritualità, scriveva l’8 marzo 1868:

 

                Per la custodia del suo interno si affezioni a San Francesco di Sales. Legga di quando in quando le sue opere; se ne provveda; legga le lettere, le sacre reliquie, il Teotimo, le istruzioni varie. Le vie del Signore son varie - quella di S. Ignazio non parmi la sua; egli per altro fondava un ordine [sic], ove dee praticarsi quel che scrisse secondo lo spirito dell’ordine istesso. Sales era all’inverso prete secolare, scrisse per tutti, la sua vita abbraccia tutte le strade, e ad una severa Austerità seppe accoppiare la più soave facilità dolcemente ed amorosamente.

                Legga, legga S. Francesco di Sales; è impossibile che non vi trovi soddisfatti tutti i bisogni del suo cuore, per distruggere il vecchio Adamo, e vestirsi di Gesù Cristo.

                Vuol  veder s’è vero? Le farò leggere due lettere: una di S. Girolamo a S. Agostino, l’altra di costui di risposta al primo. Mi dirà in buona fede quale soddisferà meglio il suo cuore. Or Sales formò sopra S. Agostino il suo spirito.94

 

            Il Guarino era convinto che i tempi ormai erano cambiati, che le vecchie formule ascetiche non corrispondevano più alle istanze spirituali dell’uomo moderno. Era troppo attento alla vita del suo tempo per non percepire la polemica contro gli ordini religiosi tradizionali. Nuovi valori e nuova sensibilità si affermavano. Era necessario che anche nella chiesa si avvertisse il bisogno di nuove espressioni religiose che potessero essere rivolte a tutti e a tutti fossero accessibili nella vita quotidiana.

 

                Siamo poi in tempi - continuava - che solo lo spirito di Sales può salvare il mondo; e il sacerdote obbligato per ministero a salvare il mondo dee formarsi uno spirito atto a raggiungere quello scopo. Non parlo degl’esseri straordinari i quali sono creati da Dio come campioni e modelli e danno l’impronta al secolo, in cui vivono - parlo bensì di chi vive alla comune ed alla semplice con virtù ordinarie -. Ci siamo intesi?.95

 

                Molti anni più tardi, nel 1883, quando il Russo era già direttore dell’Associazione di S. Francesco di Sales e fondatore di una congregazione di preti missionari nello spirito del santo, il Guarino, arcivescovo di Messina, gli ricorderà questa sua lettera del 1868 e se ne compiacerà, quasi a veder realizzato quello che aveva intuito, distaccando il Russo dalla spiritualità ignaziana e orientandolo a quella Salesiana, come ancora gli ricordava di averlo ricondotto a Palermo, perché non aveva ritenuto la permanenza del Russo a Girgenti accanto a mons. Turano la sua vera strada.96

            Guarino rivendicava così una parte importante nelle scelte del p. Russo avendogli indicato un impegno attivo nella vita ecclesiale palermitana nello spirito di S. Francesco di Sales e di averlo sostenuto quando Russo si trovava in grandi difficoltà:

 

                Si avvicina la sua Primavera; ma badi che l’Inverno suol essere lunghetto; se ritorna la grandine, non se ne affanni: è questo l’ordine della Provvidenza. Le staggioni [sic] poi, che si fan più desiderare nella vita interiore, sogliono essere l’està e l’Autunno, il quale Autunno è l’espressione della maturità del divino amore e però le frutta di quella staggione [sic] sono le più squisite. L’està è calda, ha pure buoni frutti, ma è calda a [sic] troppa furia, che bisogna render calma coll’auretta autunnale.97

 

            L’esperienza del colera tra la fine del 1866, che seguì alla rivolta di settembre, e l’estate 1867 fu certamente importante per il giovane clero zelante che si impegnò eroicamente nell’assistenza ai colerosi. Nunzio Russo vi rimase colpito dalla malattia e si temette per la sua morte. Si racconta un episodio significativo dell’amicizia del Guarino con Nunzio Russo:

 

                Fu allora, come ella [la madre] più tardi raccontava, che in mezzo ai conforti che le prodigavano i parenti e gli amici e fra tante esortazioni a ben sperare ascoltò la parola - la quale più che un conforto era un vaticinio - la parola di due sacerdoti che il Signore destinava l’uno, il can. Giuseppe Guarino ad Angelo della Chiesa di Messina e Cardinale di S. R. Chiesa e l’altro, il p. Cusmano a rinnovare in mezzo a noi i prodigi di carità di S. Vincenzo de’ Paoli. Costoro - a somiglianza del divino maestro - un giorno che ella era maggiormente afflitta, le dissero: noli flere! Non pianga, signora: suo figlio non morrà perché serve alla Chiesa di Palermo.

                È storia e fu profezia. Malgrado la violenza del male che all’occhio della scienza non lasciava nulla a sperare, Iddio ispirava a quei suoi servi la certezza della guarigione in vista del gran bene che l’infermo avrebbe dovuto fare alla Chiesa di Palermo.98

 

            Per il Guarino questa esperienza palermitana fu anche il preludio a cui si ispirò a Messina durante il colera del 1884-1885.

            Ma non fu solo per Nunzio Russo la preoccupazione del Guarino; sempre mantenne, anche da arcivescovo di Messina, questa paterna attenzione per tutti i suoi amici. Tenerissimo il modo con cui a ognuno si rivolgeva:

 

                Figlio mio - scriverà al Pennino nel 1881 - nelle mie sollecitudini e ne’ miei divieti vorrei che vediate soltanto l’amor che vi porto. Una volta la vostra vita fu ad un filo; quel pericolo m’è sempre presente; da qui le mie sollecitudini [...]. P. Cusmano mi ha tenuto e mi tiene angustiato per la sua salute, che cosa sta a fare con la benedetta angiopatia? Del resto adusato a vivere sulle braccia della Provvidenza, faccia a suo modo. Però ditegli che gli do severa ubbidienza di pregare Dio per la sua salute. Abbracciatelo e beneditelo caramente.99

           

            Sempre sulla stessa linea di direzione molti anni più tardi al can. Annibale Di Francia raccomandava cautela e oculatezza nella direzione spirituale, senza lasciarsi facilmente impressionare da persone che manifestavano particolari doni carismatici:

 

                L'ammonizione, che bisognai farvi, fu prodotta dall'affezione paterna, perché la via presa vi portava al precipizio, ed io doveva arrestarvi nella corsa. Siate cauto , diffidate sempre delle donne, le quali si lasciano trasportare dalla loro vivacissima fantasia. Colla saputa credo anch'io che vi sia mestieri andar piano: ma ritenete ch'è una dabbene sì, ma pazza, e non affatto un'anima posta da Dio in via straordinaria - niente affatto - e credete altresì che attualmente in Messina di tali anime straordinarie ce n'è appena una.

                Non parlate giammai di materie che riguardino le coscienze, ancorché conosciate indipendentemente dalle confessioni. Sentitemi e ubbiditemi, e non vi pentirete giammai.100

 

 

 




76 Lett. al p. N. Russo, 23.4.1883, ivi.



77 Lett. al card. M. Celesia, 25. 1. 1886, ASAP, Carte Celesia, Corrispondenza Celesia-Guarino.



78 Archivio Nunzio Russo, Palermo



79 Lett. al p. N. Russo, 15.3.1868, ivi.



80 Lett. del 6.4.1868, ivi.



81 Lett. del 15.3.1868, ivi.



82 Lett. del 6.4.1868, ivi.



83 Lett. del 25.1.1868, ivi.



84 Ivi.



85 Lett. dell’8.3.1868, ivi.



86 Ivi.



87 Lett. del 6.4.1868, ivi.



88 Lett. del 25.1.1868, ivi.



89 Lett. del 15.3.1868, ivi.



90 Lett. del 6.4.1868, ivi.



91 Lett. del 15.3.1868.



92 Ivi.



93 Ivi.



94 Ivi.



95 Lett. dell’8.3.1868, ivi.



96 Lett. del 14.3.1868, ivi.



97 Lett. del 6.4.1868, ivi.



98 Cenni biografici del P. N. Russo, Tip. Pontificia, Palermo 1908, p. 47.



99 Lett. al can. Pennino, 9.6.1881, ASF, b. LXIII, f. 5c



100 Lett. al can. A. Di Francia, 8.9. ?, ASF, b. LVIII, f. 2a.






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