Il sacerdozio cattolico
Ma quale è la figura che il Guarino
delinea del sacerdote cattolico? Attraverso un’accorta citazione dei padri
della chiesa Guarino esalta i poteri del sacerdote fino ai limiti di una
accettabile teologia. È tuttavia il suo grande amore per il sacerdozio
cattolico che gli fa accogliere questa concezione del sacerdozio che avrà molto
successo quasi fino ai nostri giorni. Egli delinea due compiti del sacerdote:
quello cultuale e quello caritativo:
Col divino potere conferitogli da Gesù Cristo di
tramutare il pane e il vino nel corpo e nel sangue dell’Uomo Dio, egli apre il
cielo [...] dà a Dio un culto e un onore degno di sè [...] risana il mondo con
una propiziazione di valore infinito [...] dispone a suo talento del corpo del
Signore.”118.
La centralità del sacerdote nasce
quindi dal fatto che “l’Unigenito del Padre s’incarna nelle mani del Sacerdote,
conciossiachè egli è la causa attiva, perché realmente la persona di Gesù
Cristo sussista nell’ostia consacrata"119
Il prete allora può chiamare figlio
il suo creatore, è l’economo dei beni di Dio e suo compagno e coadiutore; “che
anzi egli ha il primato nel giudizio divino delle coscienze; conciossiachè la
sua sentenza precede quella dell’Altissimo; è quindi nell’arbitrio suo il
giudizio celeste [...]. Può mai concepirsi potere più grande, dignità più
sublime? No, non usò punto una espressione di enfasi Innocenzo Papa III quando
chiamò Dii i Sacerdoti”120.
L’altro compito del sacerdote è la
carità: non esiste opera a favore dell’uomo che non abbia come suo iniziatore
un sacerdote che accompagna l’uomo dalla culla alla tomba. “O mondo, intendilo
bene! E perché hai due pesi e due misure? Sciagurato quando maltratti i tuoi
sacerdoti!”.
Il sacerdote cattolico deve aver
coscienza di esser al di sopra di Abramo, di Mosè, di Aronne. “Emulerete le
gerarchie del cielo? Ma gli Angeli vi sono inferiori in dignità, e si prostrano
a venerarvi”. Il sacerdote ha più potere dei santi taumaturghi, del patriarca
san Giuseppe, della stessa Vergine Maria, che solo una volta generò il figlio,
mentre nelle mani del prete s’incarna ogni giorno. “E sebbene la Beatissima
Vergine, scrisse Innocenzo Papa II, sia stata più degna e più eccelsa di tutti
gli apostoli; non però a lei ma a questi diede il Signore le chiavi del cielo”121.
La parabola è così compiuta, il
sacerdozio è già la realizzazione del regno. Il popolo di Dio usufruisce
soltanto dei frutti di tanto potere. La santità richiesta quindi dal prete deve
essere non comune. Arma del sacerdote è la sapienza che parte dal timor di Dio
e dall’umiltà, “si adorna di pudore, e quindi schiva le lusinghe della carne e
dei sensi; si distingue per la pace, e però sfugge le contese e i rancori; non
superba od arrogante, si cuopre di dolce e soave modestia; arrendevole alla ragione,
si accheta ai giusti consigli”; è piena di misericordia e di carità, non
critica alcuno, non è ipocrita.
La pace del prete si esprime nel non
lasciarsi travolgere né dalle rivoluzioni né dalle pestilenze, non fuggendo mai
di fronte al pericolo. La polemica di Guarino è ancora una volta contro i preti
accondiscendenti alla mentalità opportunistica del secolo e contro i preti
rivoluzionari, contro i "bizzarri teologi-filosofi" :
... posponendo la nobiltà del sacerdozio o le
austerità di una vita vergine e penitente alla bassezza di un lucro materiale,
o al fasto di un vivere vanitoso, gettano la dilegione in faccia ai direttori
delle coscienze, dai quali credono procedere le generose risoluzioni,
mormorano, deridono, sindacano, discendono alla più vile degradazione della
stessa loro dignità, per rendere omaggio al casato, e senza ribrezzo alcuno,
mentre agognano al credito di sodezza di pietà, e di senno teologico, insultano
a Dio stesso nelle soavi ed ineffabili operazioni della sua grazia [...]. Onta
e sventura a quegli sciagurati, che disertando le proprie fila, sfuggono
l’umiltà della croce, e la semplicità della fede per militare nelle schiere
nemiche sotto il vessillo della superbia e della carne.122
Una posizione di equilibrio esprime
Guarino quando afferma la necessità della scienza nel prete, che però non deve
esser disgiunta dalla santità, perché la scienza non diventi arroganza, e
d’altra parte inutile rendono il prete nella chiesa i buoni costumi se non è
fornito di scienza.
Mi pare che questa affermazione
molto provocatoria in quei tempi in cui si giustificava ancora la presenza di
semplici preti idonei solo a dir messa, ma ignoranti, possa essere assunta, al
di là del retroterra ideologico sulla figura del prete, come un programma
pastorale preciso del futuro arcivescovo.
La stessa osservazione di equilibrio
vale per le notazioni pratiche sull’affettuosità del prete verso la famiglia,
sulla dolcezza da manifestare nel ministero. Il riferimento a S. Francesco di
Sales ritorna puntualmente nelle citazioni e nello spirito:
A mio avviso, un vero cristiano amerà sempre meglio
essere incudine che martello, rubato che rubatore, morto che omicida, martire
che persecutore... Ma è sempre meglio esser buono, esser semplice, che scaltro
e malizioso.123
Perciò nel discorso per un novello
sacerdote non sa proporre altri come maestri se non S. Francesco di Sales e S.
Vincenzo de’ Paoli. Sono come il compendio del suo modello di prete.
Abbiatevi adunque innanzi agli occhi costantemente
due esemplari, S. Francesco di Sales, e S. Vincenzo de’ Paoli; dal primo
apprenderete a divulgar la verità con dolcezza e dottrina, a distruggere
l’errore senza arroganza, a trarre i cuori a Dio con ogni soavità, e senza
l’impeto d’uno zelo amaro, che svapora, e si perde; dall’altro vedrete che la
carità è paziente, è benefica, non è astiosa, non è insolente, non si gonfia,
non è ambiziosa, non cerca il proprio interesse, non si muove ad ira, non pensa
male [...] a tutto si accomoda, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, e non
mai vien meno. Amendue infine vi diranno con quai sensi di pietà dolce e
profonda, ei convenga consacrare il corpo del Signore; con quanto amore rilevar
dall’affanno le vittime infelici della colpa; con quanta prontezza ed
espansione sparger dovunque la beneficenza, la carità, la vita, onde continuare
degnamente la doppia missione di G. Cristo: Ad
hoc veni ut testimonium perhibeant veritati - ad hoc veni ut vitam habeant et
abundantius habeant - Sicut misit me Pater, et ego mitto vos.124
Era evidente che Guarino tentava di
rivalutare il compito del prete in una società che cominciava a contestare il
suo ruolo sociale. A differenza dei preti più aperti agli stimoli della cultura
moderna che volevano ridare una funzione sociale al prete come interprete di
istanze popolari o come educatore del popolo, per evitare l’accusa al prete
perché parassita, il Guarino rilancia la figura del prete attraverso una
rivalutazione apologetica, ma ancora, e questo è il dato più rilevante,
rivendicando una funzione preminentemente cultuale, spirituale e caritativa.
Staccato dagli interessi della propria famiglia, il prete non poteva essere un
funzionario dello stato, ma della chiesa nella disciplina, nell’obbedienza,
nella spiritualità. Il primato dell’interesse religioso su quello politico e
sociale era evidente, e faceva riscontro alla preminenza della chiesa sullo
stato e del ministero ecclesiastico sull’impegno civile.
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