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Francesco Michele Stabile
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • Arcivescovo di Siracusa
    • Il clero
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Il clero

            L’attenzione del vescovo era rivolta soprattutto al clero, convinto com’era che una riforma religiosa non poteva portare frutti senza un clero rinnovato. La situazione del clero a Siracusa era particolarmente difficile sia per una forte presenza di preti liberali e antitemporalisti con rivendicazioni spesso di tipo democratico sia per la presenza di abusi nelle amministrazioni ecclesiastiche e nella vita privata del prete. Degli 11 comuni siciliani nei quali il clero nella sua totalità aveva inviato petizioni contro il potere temporale del papa, seguendo l’invito di Passaglia, 4 erano della diocesi di Siracusa, compresa la stessa città, ai quali sono da aggiungere gli altri preti numerosi che individualmente avevano firmato la petizione.20 Né aveva giovato in quegli anni di smarrimento la lunga sede vacante dopo la morte di mons. Robino.

            Agli incontri con il clero perciò Guarino riservava la maggior parte del suo tempo. I suoi decreti di visita rispecchiano una linea di rinnovamento spirituale e di coinvolgimento pastorale di tutto il clero. Innanzitutto richiamava alla spiritualità tradizionale perché il clero prendesse coscienza della grande sua dignità e responsabilità pastorale. Voleva un clero devoto soprattutto nella celebrazione della messa, che non si lasciasse distrarre “dallo spirito della sua vocazione, e dal servizio di Dio nel popoloinseguendo interessi della famiglia, della campagna e oziando nelle strade, nei giochi, nei caffè.21 Invitava a stabilire una nuova fratellanza nella concordia, nell’aiuto reciproco, con umiltà e riverenza ai superiori. Seguace di S. Francesco di Sales si rivolgeva ai preti con dolcezza e convinzione, ma a volte era costretto a minacciare o infliggere pene disciplinari come la sospensione a divinis, quando alcuni preti, e non erano pochi, avevano bisogno di emendarsi e invece recalcitravano22. Guarino capiva che il miglior modo per la salvaguardia del clero era quello di migliorarne la formazione e di impegnarlo in attività pastorali.

            Per prima cosa ripristinò l’incontro mensile per la soluzione dei casi morali a cui i preti dovevano partecipare con una relazione scritta da mandare poi all’arcivescovo. Si doveva seguire l’ordine dei trattati di teologia morale a cominciare quindi dal trattato sugli atti umani. L’indirizzo morale consigliato era quello di S. Alfonso. Pensava il Guarino di proporre in seguito a livello diocesano il tema da trattare. A questo incontro stabilì che ne seguisse un altro sempre con cadenza mensile per una dissertazione su un tema dogmatico o polemico “molto più contro gli errori della moderna Filosofia”.23 Questa dissertazione doveva alternarsi con l’esercizio di una predica o sermone da fare a turno, a cui ognuno dei presenti poteva fare delle osservazioni. Il parroco e il vicario foraneo dovevano rilasciare un attestato di presenza a questi incontri ai preti che volevano ottenere la facoltà di confessione e di predicazione.

            Per evitare che ci fossero preti senza specifici incarichi pastorali, a ogni sacerdote durante la visita affidava una chiesa perché ne avesse cura particolare, oltre che con la celebrazione delle messe, anche con il catechismo ogni domenica ai bambini; e per incentivarne l’impegno stabiliva che fosse corrisposto, dove possibile, un piccolo donativo ai preti catechisti. Si dovevano dividere i bambini in due gruppi, maschi e femmine, i quali dovevano imparare a memoria le risposte del catechismo del Bellarmino, comprendendone però il significato: “È risaputo che la forza dell’insegnamento non è nella parola, mezzo a trasmettere il pensiero, ma nella comprensione della parola”.24

            Nelle ore vespertine fece obbligo ai parroci di tenere il catechismo agli adulti nella chiesa madre e in due altre chiese, però in orari diversi. Per gli adulti si doveva seguire il Catechismo Romano, senza discostarsi dalle dottrine ivi esposte. Insistette perché fossero spiegati i sacramenti e i comandamenti, il Credo, il Pater e l’Ave Maria. Non doveva mancare inoltre nelle chiese la spiegazione del vangelo nelle messe dei giorni festivi con parole semplici e facili adatte all’intelligenza e capacità dei fedeli , “evitando ricercatezza di stile di parole”, perché ne traessero reale profitto.

            Per favorire una più varia predicazione e uno scambio fraterno, auspicò che nelle  chiese i presbiteri si invitassero fra di loro per la predicazione in occasione di particolari festività, purché i predicatori fossero quelli approvati dall’arcivescovo.

 

                Lo scopo di questa disposizione - sintetizzava egli stesso - è: diffondere fra i fedeli l’insegnamento religioso, la pietà, la conoscenza dei dogmi della nostra dolcissima religione, in modo [che] ogni fedele sappia custodire il tesoro della fede e respingere i serpeggianti errori: alimentare e mantenere nel Clero lo studio, dando bando all’ozio, alle futili conversazioni, e compiere la propria vocazione, quella di servire la chiesa ed attendere alla santificazione delle anime.25

 

            Il parroco doveva assumere un ruolo sempre più di responsabile di tutta la vita pastorale, mentre i confessori dovevano creare una nuova coscienza sulla necessità della istruzione religiosa:

 

                Sarà cura del parroco vegliare che sia ben condotto il servizio del popolo nelle pratiche suddette del Catechismo ai fanciulli e agli adulti, e della spiega del Vangelo: raccomandiamo ai Confessori d’insinuare ai loro penitenti la assiduità ai Catechismi, dimostrando l’obbligo preciso di coscienza che ne hanno ed il peccato grave [di] cui si fanno rei nello sfuggire l’istruzione sui doveri cristiani.26

 

            Nei centri dove il clero era ancora numeroso eresse inoltre la congregazione dei Padri Rigordanti della Buona Morte, sul modello di quelle già conosciute a Palermo, per l’assistenza dei malati.27

            Non si limitava il Guarino ai decreti pastorali, ma ingiungeva anche decreti amministrativi e disciplinari. Molti erano gli abusi che riguardavano l’amministrazione delle chiese, uno dei nodi più complicati e difficili, perché l’amministrazione delle rendite e dei legati era la causa più frequente delle divisioni all’interno del clero:

 

                Ed in verità non potevami immaginare che tra Sacerdoti del Signore potesse sussistere un germe annoso di discordia per bassa ambizione di dominio, e che radice di tanti mali potesse essere l’incarico della procura delle Chiese. Però è indubitato che il Clero scisso in partiti, e rivolgendo sempre a quella miseria le sue mire e il suo interesse, si è alienato dai suoi doveri e lascia il popolo devoto nell’abbandono.28

 

            Fu perciò molto rigoroso nel richiedere inventari e bilanci, libri delle messe, dei legati, scritture notarili, comminando anche pene per chi avesse sottratto libri contabili e scritture. In molti casi costituiva una deputazione amministrativa composta da tre sacerdoti per ogni chiesa da amministrare, che doveva curare l’adempimento degli oneri, la celebrazione delle messe, la pulizia della chiesa e degli arredi, la manutenzione. Ma i problemi erano molti e non sempre risolvibili soprattutto quando questi abusi investivano lo stesso capitolo della cattedrale che non intendeva sottoporre al vescovo le amministrazioni di sua competenza che erano diventate appannaggio quasi esclusivo di alcuni canonici. Egli voleva intervenire ma non iniziare un contenzioso con il capitolo che non avrebbe giovato alla vita pastorale e avrebbe creato scandali in quei tempi difficili; chiedeva perciò un intervento della congregazione per la riforma strutturale del capitolo metropolitano con l’inserimento di nuovi canonici titolari.29

            L’interesse di Guarino non riguardava solo la salvaguardia delle rendite e la buona amministrazione, ma anche la salvaguardia degli edifici religiosi. Quando si doveva intervenire per ristrutturare chiese pericolanti, non potendo sperare in un intervento dello stato, allora egli nel corso della visita nominava tre o quattro commissioni: una di civili, una di maestri artigiani e una di massari agricoli, e qualche volta una di preti, perché raccogliessero fondi o promuovessero iniziative per reperire i soldi necessari. Egli da parte sua rinunziava al provento dovutogli per la visita e lo lasciava come somma per queste opere.

 

 




20 F.M. Stabile, Il clero palermitano, cit., 114.



21 Pastoralis visitatio, decreti Sortino, pp. 258-260 e cfr. anche visita Lentini, da p. 304 ss.



22 Relatio, cit., III/XV; lett. al card. Celesia, 28.6.1872, ASAP, Cesi 1891.



23 Pastoralis Visitatio, p. 258 r., 314; Relatio, cit., III/XIV.



24 Relatio, cit., III/I.



25 Pastoralis Visitatio, cit., p. 258, 330.



26 Ivi, p. 258.



27 Pastoralis Visitatio, cit., p. 278.



28 Visita 273.



29 Relatio, cit., III/I; II/V.






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