Il
popolo
Preoccupato
soprattutto del clero in questa sua visita, Guarino non ci offre una analisi
minuziosa delle condizioni religiose e civili del popolo. Se il suo giudizio sul
clero era pessimista, più ottimista appare quello sul popolo, dal momento che
la partecipazione alle sue iniziative di devozione e di predicazione
incontravano grande risonanza e concorso di popolo. Era convinto che la fede e
la pietà del popolo aumentavano di giorno in giorno, anche se riteneva
necessaria una riforma dei costumi.
Nonostante
esistessero in diocesi 71 confraternite laicali, egli sentì il bisogno di
introdurre in diocesi il Terz’ordine di S. Francesco, l’Associazione delle
Madri cristiane, delle Figlie di Maria. In questo modo inseriva le forme nuove
dell’aggregazione cattolica moderna. Incrementò alcune devozioni come quella
del Sacro Cuore, costituendone i vari sodalizi, il culto perpetuo di S.
Giuseppe e la recita del Rosario vivente35. A Siracusa poi egli stesso
fondò le associazioni delle Figlie di
Maria, delle Madri cristiane e la
Congregazione di S. Luigi Gonzaga nella quale riuniva e istruiva personalmente
i giovani nei giorni festivi, e che pensava di estendere a tutta la diocesi.
Per la cura delle ragazze si rivolse alle Figlie della Carità di S. Vincenzo
de’ Paoli.36
Non
era andato a Roma dopo la sua nomina, per la consacrazione; vi si recava a
gennaio 1873, dopo aver iniziato il suo ministero pastorale. Ritornato,
comunicava ai suoi fedeli la benedizione del S. Padre Pio IX e li invitava a
celebrare la quaresima nella penitenza e nella partecipazione all’Eucaristia.
L’Eucaristia, come già nella notificazione del maggio 1872, è il tema su cui
insistette il Guarino desideroso di propagandare nella sua diocesi la comunione
frequente. L’uomo è come il figliuol prodigo, che si allontanò dall’amore del
Padre per amore dei piaceri, o come colui che scendeva da Gerusalemme a Gerico
e fu bastonato e gettato sul margine della strada perché aveva deviato dalla
retta strada cioè dalla retta dottrina, e si era allontanato quindi dalla
chiesa. Il pane eucaristico è la vera dottrina che dona la vita, e la vera
dottrina e la vita non si trovano se non nella chiesa. Ritornare a Dio
comportava quindi un ritorno alla chiesa. La partecipazione all’Eucaristia
doveva produrre una nuova coscienza di appartenenza ecclesiale. Perciò il suo
invito è pressante:
Bisogna adunque aderire
all’Uomo-Dio, mangiar le sue carni e bere il suo sangue, perché l’anima
mantenga la sua vita, ch’è nella verità, nella vera sapienza, nel vero bene: e
il nostro corpo si abbia il dritto a risorgere nell’estremo dì ad una vita
glorificata ed impassibile e conforme a quella del Figliol di Dio.37
L’unità
del cibo forma l’unità della Chiesa:
Chi adunque togliendo a sua
guida il libero pensiero va via dalla Chiesa, e lascia il cibo delizioso e la
bevanda salutare della mensa del Signore, si separa dalla maestosa unità, e si
priva del bel corredo delle virtù, il cui germe Gesù Cristo deposita nel cuore
dell’uomo che si comunica della sua carne [...] No, figliuoli miei, non è
possibile che l’uomo senza Dio sia capace di vera virtù, di vera nobiltà
d’animo, di vera integrità di costumi.38
L’invito
alla Eucaristia diventa invito a tornare nella chiesa perché l’Eucaristia è
nella chiesa, comunità visibile e gerarchicamente ordinata:
La casa dov’è imbandita la mensa
del Signore, che tanti beni comunica all’uomo, è la S. Chiesa cattolica, il cui
Capo invisibile è Cristo istesso, ed il visibile il Sommo Pontefice suo Vicario
in terra.39
Quando
l’uomo si allontana dalla chiesa è la stessa convivenza umana che rischia
pericolo. La ragione umana, ferita, da sola non può avanzare senza luce e forza
che vengono dalla legge di Dio e dai sacramenti. Allontanandosi dalla chiesa,
l’uomo non perde solo i tesori celesti, ma attira anche la maledizione e con
essa la carestia, la povertà ed ogni genere di temporali castighi; così si
arriva alla dissoluzione della società. La proposta finale però si limitava al
richiamo alla confessione e alla comunione una volta a Pasqua o tre volte
l’anno.
L’invito
alla penitenza da realizzare attraverso la preghiera, l’elemosina e in
particolar modo il digiuno, considerato come fatto ascetico, fu ancora il tema
della notificazione per la quaresima del 1874.40 All’esercizio della
pratica sacramentale mirava la pastorale di Guarino che per eccitare la fede,
per spingere alla frequenza della confessione sacramentale e al culto delle
virtù cristiane aveva intensificato la predicazione nella quaresima, negli
esercizi spirituali e in occasione di altre ricorrenze.
Nel
1875 il papa Pio IX indisse il giubileo, e questo divenne una buona occasione
per ribadire la fedeltà alla chiesa. La lettura che egli fa del giubileo è in
chiave spirituale. Conosceva bene le implicazioni sociali che erano presenti
nel giubileo ebraico, ma poiché partiva dal presupposto che tutto quello che
avveniva presso gli Ebrei era un simbolo, una figura di quel che sarebbe
accaduto nella chiesa cattolica per la misericordia di Gesù Cristo, così la
lettura del giubileo assunse una connotazione preminentemente di rinnovamento
spirituale del cristiano.
Or questo Giubileo Ebraico -
scriveva al clero e ai fedeli -, il quale accordava remissioni e franchiggie
temporali adombrava il Giubileo spirituale della Chiesa.41
In
modo chiaro e semplice il Guarino spiega il significato delle indulgenze
dell’anno santo e vuole che anche i sacerdoti siano attenti perché nei fedeli
non si ingeneri confusione e si perda di vista il richiamo ad una autentica
conversione che si doveva concretizzare poi nella confessione sacramentale e
nella penitenza. La parola del vescovo è rivolta in primo luogo ai predicatori.
Dalle sue raccomandazioni possiamo ricostruire i mali che, secondo il Guarino,
più affliggevano la sua diocesi. Innanzitutto la bestemmia, molto diffusa in
tutte le categorie, “resa così comune e popolare nelle stampe spudorate ed
empie, che vanno per le mani di tutti, nelle conversazioni, nei convegni ed
anche nelle campagne e tra i fanciulli”. Si tratta evidentemente non solo delle
bestemmie contro Dio e i santi, ma anche delle accuse anticlericali diffuse
dalla stampa contro la chiesa e i sacerdoti.42
Altri
richiami riguardano la profanazione dei giorni festivi a causa di una
concezione materialista ed utilitarista della vita, la profanazione del luogo
santo coll’ostentare in esso vanità e sconcezze, anziché devozione. Si riferiva
il Guarino alla consuetudine per cui le chiese erano spesso luogo di incontro e
di amoreggiamenti da parte della gioventù. Un tema molto attuale era ancora la
celebrazione dei matrimoni civili senza il rito religioso:
Predicate a tutti esser domma di
fede non esistere matrimonio tra Cattolici fuori il Sagramento, ed esser
inseparabili per divina disposizione la natura di contratto dalla natura di
sagramento: di modo che l’unione secondo le sole civili solennità non
costituisce che un concubinato; e se è bene osservarle, perché si abbia la
famiglia gli effetti civili d’una legittima unione, questa unione non sarà mai
tra cattolici né valida né legittima senza il sagramento.43
Certamente
mirato era questo monito sul matrimonio civile. Le motivazioni però che
portavano o al solo matrimonio civile o al solo matrimonio religioso, per la
maggior parte dei casi, non erano di natura ideologica, ma più spesso di natura
sociale o economica.44
Non
mancava nell’azione pastorale del Guarino un richiamo ai peccati sociali che
dovevano essere denunziati nella predicazione sulle indulgenze:
Predicate - scriveva il vescovo
- contro le usure, contro il furto, le rapine, le ingiustizie, i falsi
giuramenti, contro la disonestà dei costumi, l’avarizia,
l’irreligione.45
Alla
denunzia dei mali doveva seguire la proposta all’impegno caritativo:
Insinuate l’elemosina, la
compassione verso i ciechi, gl’infermi, i vecchi, gli orfani, tutti
gl’impotenti al lavoro: perocché i poverelli sono i prediletti figliuoli di
Dio.46
Dolcezza,
misericordia, prudenza richiedeva il vescovo dai confessori, memori delle loro
stesse infermità. Limpidezza di vita chiedeva a tutti i sacerdoti, impegno
nella catechesi ai parroci. L’anno santo doveva diventare per tutti occasione
di rinnovamento della vita religiosa e perciò il Guarino raccomandava non solo
la catechesi, ma gli esercizi spirituali al clero e al popolo in tutti i comuni
della diocesi.
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