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Francesco Michele Stabile
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • Arcivescovo di Messina e cardinale
    • La prima lettera pastorale ai messinesi
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La prima lettera pastorale ai messinesi

            Da Siracusa mons. Guarino inviò la sua prima lettera pastorale ai messinesi il 16 luglio 1875. L’imbarazzo del prelato era evidente perché per un verso rimaneva grato ai Siracusani per l’affetto con cui lo avevano accompagnato nel suo peregrinare per la diocesi, per altro doveva ora presentarsi a una nuova comunità di cui poco conosceva e i cui problemi erano certamente pari, se non più gravi di quelli di Siracusa. Il richiamo a S. Paolo che riunisce i presbiteri a Mileto per il saluto di commiato era quanto mai adatto ad esprimere i sentimenti di affetto e di stima che in soli tre anni si erano intrecciati tra lui e la chiesa siracusana.

            Nella consapevolezza del suo limite di uomo e di prete, egli, con l’esperienza già maturata a Siracusa, ci teneva a delineare ai suoi nuovi diocesani, quale immagine di vescovo voleva incarnare. Uno stile semplice quello della lettera, che risente del linguaggio patristico, soprattutto nella prima parte, esortativa e parenetica, quasi un parlare a cuore aperto di sé e delle sue difficoltà e del bisogno della loro carità e preghiera per compiere il suo ministero.

 

            Com’è terribilescriveva  citando S. Gregorio – il  pensiero che il Vescovo vien tratto per obbligo ad esser l’esemplare di una vita ben composta e la norma irreprensibile della vita evangelica.22 

 

            Ma come delineare la figura di questo pastore? Un uomo dalla parola dolce che moltiplica gli amici e calma i nemici, secondo l’Ecclesiastico. Di carità paziente e benigna:

 

            E’ mite se corregge, semplice se carezza, non suole inasprirsi che con benignità, non adirarsi che con pazienza, non isdegnarsi che con umiltà […] Il Vescovo terrà scolpito in cuore quel che di Dio disse il Profeta: non sarà melanconico, né turbolento; non disprezzerà la canna fessa, né ammorzerà il lucignolo che fuma.23

 

            Questa via mediana che contempera dolcezza e severità era la strada che gli aveva insegnato il suo maestro S. Francesco di Sales. E anche allo stesso santo sembra da ricondurre il tentativo di Guarino di conciliare l’operosità del pastore e il bisogno di contemplazione, anche se prevedeva in questo molte difficoltà.

            Guarino sapeva di essere per indole sua più portato alla condiscendenza, riconosceva però che anche l’eccessiva condiscendenza aveva i suoi pericoli, perché il vescovo doveva essere fedele alla verità, capiva tuttavia che il rischio più grande nella vita del vescovo era l’esercizio del potere. La sua proposta, al di di ogni riforma strutturale del sistema ecclesiastico, comunque necessaria, coglie lo spirito profondo dell’autorità nella chiesa, non intesa come potere giuridico che afferma il diritto dell’istituzione e il trionfo dei suoi ordinamenti, ma come aiuto al fratello in Cristo, nella comune consapevolezza di essere da Cristo giudicati e salvati, sia colui che serve il fratello con l’autorità sia colui che riceve l’ammonizione fraterna. E’ l’umiltà che deve dare al vescovo questa consapevolezza e la giusta misura nell’esercizio del potere, altrimenti l’autorità si trasforma in dominio. E la garanzia sta nel sentirsi più peccatore degli erranti:

 

            Or anche nel punire gli eccessi, nel duro bisogno di far uso dell’impero della sua potestà, dev’essere umile il vescovo, credendosi in cuor suo da meno degli erranti, di modo che esercitar debba il potere sui vizii, non affatto sui fratelli, e godere soltanto nel recar giovamento, non mica nella sua preminenza: vitiis potius quam fratibus dominetur …non gaudeat praeesse, sed dumtaxat prodesse.24

 

            Segue alla delineazione dell’immagine del vescovo, che è anche suo programma di vita, una raccomandazione ai vari ordini ecclesiali, ai capitolari, ai parroci, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli. Il tema più bello è quello del valore della preghiera corale come preghiera del popolo cristiano, della chiesa:

 

            La Divina Salmodia riunisce tutti gli ecclesiastici del mondo in un sol cuore, in una sola preghiera, in sol sospiro, per richiamar dal Cielo la misericordia e la grazia … è la voce nel mar tempestoso … è il pianto di Rachele … è il lamento della Chiesa … è lo strazio della vedova di Naim … è il ponte gettato negli abissi … è la scala misteriosa di Giacobbe … è il laccio d’oro che trae dal Cielo il Paracleto.25

 

            Ai parroci e preti ripropone due modelli sacerdotali, S. Francesco di Sales e S. Vincenzo de Paoli, il primo attento agli errori del secolo, l’altro esempio di carità. L’esortazione ai sacerdoti e ai regolari si muove soprattutto sul piano della riforma di vita, più ancora che sull’impegno pastorale. Alle monache richiama l’ascolto della parola di Dio e l’essere vittima per i peccatori. Al popolo augura la pace, chiede di fuggire la bestemmia, ormai comune e popolare nelle città e nelle campagne, di osservare il riposo nei giorni festivi, come rispetto della stessa spiritualità dell’uomo, di aver riverenza per la casa di Dio; e ricorda poi gli obblighi morali: fuggire l’usura, i furti, le rapine, le ingiustizie, i falsi giuramenti, i costumi disonesti, l’avarizia, l’irreligione. La proposta cristiana, ricordava il pastore Guarino, si realizza nell’amore reciproco, per essere, come i primi cristiani, un cuor solo e un’anima sola.

 

 




22 Lettera pastorale di mons. Giuseppe Guarino al clero e al popolo dell’Archidiocesi di Messina, tip. Di Andrea Norcia, Siracusa 1875, p.7.



23 Ivi, p. 13.



24 Ivi, p. 13.



25 Ivi, pp. 14-15.






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