L’arcivescovo Guarino
Non
bastava delineare la figura del vescovo ideale, Guarino voleva rendere visibile
questa figura. Da indizi e testimonianze possiamo delineare qualche aspetto
della sua personalità di vescovo. Il can Isidoro Carini, uno dei giovani preti
zelanti palermitani divenuto bibliotecario vaticano, scriveva a Guarino nel
1882:
Io
sono tuttavia sotto il fascino della bontà tutta paterna, e tutta cuore di V.
E. a cui il Supremo Distributore de’ doni accordò, in bella armonia colla
fortezza episcopale, la soavità, l’incanto, l’autorevolezza del
Salesio.26
Può essere significativa una vicenda che vide coinvolto il Guarino in
prima persona. I frati conventuali della chiesa di S. Francesco dove era venerata
l’Immacolata lamentarono il 1 luglio 1882 ingerenze da parte dell’economo
parrocchiale di S. Lorenzo, accusando l’arcivescovo di essere connivente a un
progetto di annessione della chiesa di S. Francesco alla diocesi. Lamentava
ancora il guardiano che l’arcivescovo volesse pontificare l’8 dicembre nella
chiesa di S. Francesco festa dell’Immacolata. Era vero invece che il Guarino
aveva più volte richiamato l’economo parrocchiale, proibendo ogni tipo di
ingerenza. Scrisse pertanto al p. generale dei conventuali che egli non voleva
ingerenza alcuna, che tuttavia non accettava il giudizio del guardiano secondo
cui l’arcivescovo aveva “una bell’anima”, ma era “male attorniato”:
Lasciamo
a Dio il giudizio dell’anima: io non sono che miseria, e del resto checchè
pensino di noi gli uomini, non siamo né più né meno di quel che siamo innanzi a
Dio. Però per quanto riguarda i miei criteri devo confessarle ingenuamente che
sono tre, la mia coscienza, la preghiera, e il mio povero intelletto: dei primi
due non diffido punto essendomi fedelissimi, del terzo sempre dubito, non
perché sia cattivo o manchi di
buona volontà, ma perché è sempre ragazzo e però facile ad ingannarsi: io
quindi non mi affido mai ai suoi suggerimenti senza ricorrere agli altri miei ausiliari fedelissimi, cioè in primo luogo alla preghiera e dopo questa alla
coscienza. Se tutti mi ingannano non mi resta che umiliarmi innanzi a
Dio.27
Il generale dei conventuali rispose dichiarandosi dolente per quello
che avevano insinuato i frati:
Nel
mentre l’Ecc. V. mi edifica altamente col suo linguaggio da vero Pastore
d’anime, mi confonde e mi umilia chiedendomi delle scuse che non ha dovere di
domandare, né io il diritto di chiedere. Permetta invece che Le chieggia io
tali scuse, per qualunque dispiacere abbia mai risentito in tutto il corso
della malagurata questione, e da qualsivoglia membro dell’Ordine.28
E proprio per questa sua umiltà poteva
rivolgersi direttamente ai suoi fedeli per chiedere di pregare per lui: “Sarei
gratissimo a’ miei fedeli se volessero usarmi la carità di pregare anche per
me”.29
La
particolare delicatezza di Guarino si manifestava soprattutto nell’attenzione
che egli aveva per i suoi confratelli nell’episcopato, nella sua grande
disponibilità all’ospitalità, nel prevenirli nel fare gli auguri per le feste.
Scriveva il vescovo Celestino Del Frate a Guarino:
La
sua gratissima del 28 pp. Dimostra a una volta a qual giunga la cortesia
dell’Eccellenza V. Rma. Non solo ha voluto ricevere la mia persona, che le era
sconosciuta, nel suo Palazzo, ma ora giunge a dichiararmisi obbligato per
quest’incomodo da me datole, ed a ringraziarmi!30
Un episodio può essere illuminante
sulla delicatezza e attenzione di Guarino alla condizione della povera gente.
Ciò che più era contrario alla sua sensibilità non era la mancanza di un prete
al celibato, quanto l’aver abusato della buona fede di un povero contadino. Al
vescovo di Mileto di Calabria faceva notare infatti che un arciprete della sua
diocesi era arrivato a Ganzirri con una donna incinta ed era stato ospitato da
un contadino povero. La donna che diceva essere sua sorella aveva partorito un
bambino che venne lasciato al contadino con la promessa di un aiuto economico.
L’aiuto era arrivato per un breve tempo, ma poi il prete si era rifiutato di
continuare a mandare i soldi. Guarino si era sentito perciò in dovere di
comunicare l’episodio non solo per disciplina ecclesiastica, “ma altresì –
scriveva al vescovo – perché si degni imporre allo sventurato arciprete che non
possa in buona coscienza gravare un povero infelice villano del mantenimento
d’un ragazzo che non gli appartiene né punto né poco”.31
La serietà di vita, il suo impegno di
ordine e armonia, la dolcezza del Guarino erano accompagnate da una certa
giovialità, ironia, umorismo che spesso si esprimeva soprattutto nel rapporto
con gli amici. Alcune battute servono a capire meglio il suo temperamento anche
di fronte a situazioni incresciose.
Poiché il governo aveva imposto al
card. Celesia per la dignità di cianuro del capitolo della cattedrale una
persona non gradita dall’arcivescovo, Guarino gli scrisse:
Mi
consolo più sentire ch’Ella adusata come le anime perfette a ricevere dalle
mani di Dio con lieta rassegnazione sive bonus sive malum si mantenga
tranquilla così da non alterare per nulla il suo umore e il suo buon appetito.
Oltre d’esser questa una regola di cristiana perfezione ammirevolissima, è
altresì un eccellente sistema igienico.32
Scherzava poi sui suoi reumatismi,
usando il linguaggio giuridico: “Li guadagnai in Palermo, ed è passato già in
cosa giudicata dopo gli altri gradi di giurisdizione di Siracusa e di Messina,
dove non li scampa nessuno”.33 E ancora: “In tutte le chiese che visito
in questa città predico l’osservanza dei divini precetti, e tra lo scirocco e i
fiati della molta gente nell’altra settimana ebbi regalata una bella
costipazione con febbre”.34 Si divertiva poi dei nomi con cui lo
chiamava il popolo delle campagne:
Non
dia importanza al titolo indelebile che mi dà l’autore della lettera – scriveva
a mons. Carini – s’Ella venisse con me in Sacra Visita riderebbe largamente al
vedere che me ne danno assai più alti, p.e. Santità, Santo Padre, Gesù
Sacramentato, Santissima Trinità, Padre Eterno, e poi scendendo troppo giù,
Padre Cappellano! Rida bene, un po’ di ricreazione ci vuole, è anch’essa virtù,
che S. Tommaso chiamerebbe eutropelia.35
E quando fu nominato cardinale:
In
città, nessuno eccettuato, greci, latini, barbari fan cose da pazzi, e ciascuno
si fa delle illusioni secondo il proprio gusto intorno ai dissidi
attuali!36
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