La diocesi di Messina
Il
30 aprile 1877 il Guarino iniziava la visita pastorale della diocesi che si protrasse
fino al 1881. La diocesi molto vasta e ricca di centri abitati richiedeva molto
tempo per la visita. Ad essa l’arcivescovo dedicava i mesi della primavera e
dell’autunno, perché le strade o mulattiere di montagna non permettevano
facilmente il trasferimento da un centro ad un altro, che spesso doveva
attuarsi a dorso di asino. “La visita adunque dei Pastori della Chiesa,
successori legittimi degli apostoli del Redentore, è una riproduzione della
visita fatta da Figliuol di Dio all’umanità” – scriveva nell’annunziare la
visita pastorale.37 Ma l’ordine della visita, come già a Siracusa,
doveva seguire le indicazioni del concilio di Trento:
Proibiamo
qualsiasi spesa inutile per lusso, donativi, o per cibi non frugali. Qualsiasi
spesa eccessiva sarebbe un denaro detratto ai poverelli con discapito dei
nostri doveri, dappoichè siam tenuti in ogni tempo alla frugalità, alla
moderazione, alla modestia, e non tolleriamo affatto che alcuno ci alieni dalle
regole di vita dateci dai sacri canoni, e dalla natura stessa del nostro
ministero, e che ci siamo sempre proposti di seguire coll’ajuto del
Signore.38
Perché
la visita non si risolvesse in un fatto esclusivamente giuridico di ispezione,
ma costituisse momento di rinascita delle comunità locali, l’arcivescovo
inviava ancora una volta due missionari che dovevano preparare il popolo e il
clero all’incontro con il pastore, e raccomandava ai parroci e ai curati la
catechesi in preparazione alla cresima, l’esame dei padrini, le debite disposizioni
con la confessione e comunione sacramentale.
La
visita pastorale di mons. Guarino diventava una occasione propizia di
evangelizzazione. L’arcivescovo diventava predicatore, catechista, missionario.
Scriveva il p. Annibale di Francia della visita a Castanea:
Il suo
dire era semplice, apostolico, popolare, ma tuttavia pieno di quella grave,
dignitosa imponenza, che dev’essere propria dei vescovi. Dimostrò che la sacra
Visita del vescovo ai suoi diocesani è una riproduzione della sacra visita del
Figliuolo di Dio all’umanità, e che questa a quella si attacca per non
interrotta successione di sacri Pastori. Gesù Cristo con la sua visita redense
i popoli: il vescovo viene ad applicare i frutti di questa redenzione; Gesù
Cristo stabilì la sua Chiesa sulla roccia incrollabile del Papato: il vescovo
viene ad accendere negli animi l’amore e la devozione verso il Supremo
Fondatore della Chiesa e verso il suo Vicario, il Romano Pontefice. Indi passò
a parlare del Sacramento del Matrimonio, base ed ordine del buon ordine
sociale, come quello che è base della vera famiglia cristiana e che a tal uopo
è stato stabilito da Gesù Cristo. Deplorò tutti mali spirituali e temporali che
provengono alle famiglie o dalla cattiva recezione di questo sacramento, o dal
non riceverlo affatto, contentandosi del solo rito civile. Toccò poi del
Sacramento della Cresima, per cui egli era venuto a comunicare a quel popolo
quello Spirito santo, che a Lui era stato conferito nella sua episcopale
consacrazione.39
Il
nuovo modello di cattolicesimo veniva veicolato da Guarino rompendo una
tradizione legata alla devozione ai santi e a una ecclesiologia gallicana, con
la riaffermazione della centralità di Cristo e del papa. La devozione al papa
veniva divulgata attraverso l’obolo di S. Pietro, i pellegrinaggi, la
celebrazione dei giubilei del papa.40 Il contatto con la gente e con il
clero gli diede una visione più completa dello stato della diocesi.
La
diocesi di Messina era una delle più grandi diocesi siciliane. Erano sue
suffraganee le diocesi di Patti, Nicosia, Lipari. L’arcivescovo di Messina
faceva inoltre da delegato apostolico per la diocesi di Catania, Acireale, S.
Maria del Mela, immediatamente soggette alla S. Sede. Guarino fu prima
visitatore apostolico e poi dal 31 agosto 1883 archimandrita del SS. Salvatore,
una circoscrizione ecclesiastica di origine monastica che aveva giurisdizione
sui centri che nel passato erano soggetti ai monasteri brasiliani.41
La
tipologia della diocesi di Messina si distaccava da quella delle altre diocesi
siciliane, perché, a differenza di queste, essa aveva un tessuto parrocchiale
molto diffuso, dovuto alla diversa conformazione dei centri abitati nel suo
territorio. La popolazione era infatti sparsa nel territorio in piccoli centri
e villaggi, mentre in altre parti dell’isola era raggruppata in grossi centri
agricoli di parecchie migliaia di abitanti. Per questo motivo Messina aveva il
più alto numero di parrocchie.
Secondo
i dati della visita pastorale del Guarino del 1877-1881, nella città di
Messina, all’interno della cinta urbana, le parrocchie erano 11, di cui dieci
di rito latino, una di rito greco, mentre l’arcivescovo era parroco unico delle
44 chiese parrocchiali dei villaggi della cintura urbana, la cui cura d’anime
veniva affidata a cappellani curati. Si contavano in città 100 chiese, 13
monasteri di donne, 29 confraternite. Il clero urbano era composto da 189 preti
e 77 religiosi.
Le
arcipreture curate nei centri più popolati della diocesi erano 18. E pure 18 erano
le parrocchie con parroci amovibili a discrezione dell’arcivescovo. Tra
parrocchie, curazie, filiali di vario genere si aveva un totale di 88 centri
curati. A queste parrocchie sono da aggiungere le 14 parrocchie
dell’Archimandritato. Il clero della diocesi era composto da 371
preti.42 Più completi i dati pubblicati da G. Bertolotti e che furono
forniti ufficialmente dalla diocesi.43 Messina città aveva 11
parrocchie urbane, di cui una di rito greco, 128 chiese, 280 preti e 128.000
abitanti. Nella diocesi inoltre c’erano 132 parrocchie con 202.158 abitanti. Si
aveva così un totale di 143 parrocchie su 330.158 abitanti, 640 chiese, 1084
preti secolari e religiosi. I chierici nel 1882 erano 24; nell’ultimo
quinquennio 27 erano stati ordinati preti, mentre 118 erano stati i preti
defunti nello stesso quinquennio. La differenza pone in modo evidente la crisi
di ordinazioni presbiterali e la conseguente diminuzione del clero.
La
crisi numerica del clero già faceva sentire le sue ripercussioni nel sistema
allora vigente che richiedeva una presenza rilevante di preti per i servizi
religiosi.44 A un parroco, che lamentava la carenza di preti, Guarino
rispondeva:
Sono
dolentissimo di sentire l’affligente condizione in cui ella ritrovasi pel
servizio spirituale di cotesta sventurata parrocchia, molto più per la mancata
assistenza dei sacerdoti. Io non posso che partecipare a’ dolori come partecipo
alle afflizioni di ben 138 parrocchie della nostra povera Diocesi. Buon per noi
che Dio è buono, e terrà conto della nostra attività e del nostro volere nel
servire i fedeli.45
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