Chiesa e società
La
società attraversava, secondo l’arcivescovo Guarino, una crisi profonda che
sconvolgeva i vecchi ordinamenti non solo politici, ma anche morali, culturali,
sociali, religiosi. La visione negativa che della società era maturata in lui
già a partire dagli anni ’60 veniva a rafforzarsi negli anni di episcopato
messinese per le difficoltà che incontrava nello svolgimento del suo ministero.
Sviluppava quindi Guarino le tesi tipiche dell’intransigentismo cattolico
ottocentesco. I processi di secolarizzazione erano visti come il tentativo che
si volesse rendere Dio “straniero” alle cose del mondo e all’uomo, che si
volesse cercare altrove che nella dottrina celeste della chiesa, “la fonte
della moralità delle azioni, e il fondamento della prosperità sociale e
individuale”.88 A ciò conducevano la rivoluzione francese, la libera
ragione, il positivismo, il panteismo, la scienza moderna e tutte quelle
ideologie che volevano affrancare l’uomo dal soprannaturale.
Scossa
l’autorità divina della chiesa, “non è possibile qualsiasi autorità sulla
terra”, perché la macchina umana, perduto il suo perno – pensava l’arcivescovo
Guarino – si rivolta di rivoluzione in rivoluzione senza trovare requie. E i
mestatori che parlano di progresso indefinito finiscono per carpire le sostanze
dei cittadini “in loro vantaggio esclusivo”. La Francia che non ebbe pace sotto
l’impero della ragione e del patibolo, l’ebbe sotto l’impero di Dio perché vide
“disseccati i suoi rivi di sangue, restituita la proprietà, miti i costumi,
cessati il dispotismo democratico e la barbarie, ricomposta la famiglia,
ritornate con Dio la prosperità e la pace”. L’invito a un ritorno alla fede,
alla chiesa e al rispetto delle potestà che vengono da Dio era la conclusione
più ovvia per la salvaguardia dei valori tradizionali.89
Ciò
diventava tanto più urgente in quanto bisognava porre una diga al dilagare del
torrente della corruzione che avanzava dalla negazione della rivelazione e
dalla indifferenza religiosa al sensualismo diffuso, alle frodi, alle rapine,
ai ladronecci, ai misfatti più atroci. Per Guarino non era possibile nessun
accordo con la modernità, e per questo criticava i cattolici liberali che
tentavano di “mettere sulle vie del moderno progresso anche la religione
cattolica, come se questa religione santissima fosse l’opera degli uomini
suscettibile di umani perfezionamenti, una formula esteriore, che non lega le
coscienze a’ suoi dommi ed alla sua morale immutabili come Dio! A coloro che
così pensano, - scriveva – e che pure vogliono essere tenuti in conto di
cattolici, può ben farsi il rimprovero che Tertulliano dirigeva a certi
filosofi del suo tempo, i quali volevano dare al mondo un cristianesimo
storico, platonico e dialettico”.90
L’attentato
dei massoni alla spoglie di Pio IX il 13 luglio 1881 portava Guarino a ritenere
che non si agitava una questione politica, ma una lotta contro la religione e
il papato. Egli accentuava quindi la divaricazione e l’opposizione tra luce e
tenebre con la certezza che da questa guerra apocalittica ne sarebbe derivata
la vittoria dell’autorità divina del papato e della religione rivelata che,
secondo l’enciclica di Leone XIII Aeterni Patris, non poteva essere se non in
armonia con la ragione.91
Di
fronte ai pericoli che correva la religione in Italia, i cattolici non potevano
stare “sonnolenti”, ma dovevano mostrarsi “coraggiosi”. Però quelli che in
Italia si dichiaravano cattolici costituivano un mondo molto variegato, secondo
Guarino. Eccetto pochi che si dichiaravano atei, gli altri italiani si
dichiaravano cattolici puri, ma solo con le labbra. Accettavano la religione,
non la pratica religiosa, mentre altri accettavano la religione di Cristo solo
“come strumento di progresso materiale e terreno”, senza chiesa, essendo stata
la religione travisata dai papi con l’alleanza della chiesa con la tirannide.
La preoccupazione di Guarino non si limitava al piano religioso, ma anche alle
conseguenze sociali del rifiuto dell’autorità del potere spirituale. Poiché era
convinto che il potere spirituale era il fondamento della società, e che, se
veniva rinnegato, tutto il sistema sociale sarebbe crollato, e si sarebbe
andati verso la distruzione di ogni potere pubblico e verso l’universale
anarchia.92
In
coerenza con il pensiero cattolico intransigente del suo tempo rifiuta come
male il principio della sovranità popolare come depositaria di autorità e di
autonomia perché portava allo stato aconfessionale, ripropone temi delle
encicliche papali di Leone XIII, chiede il riconoscimento pubblico della
istituzione ecclesiastica, ponendosi in un’ottica conservatrice, e per tanti
aspetti reazionaria, anche se non è un legittimista borbonico.93
La
sua preoccupazione preminente riguarda il futuro della religione e le
conseguenze, provocate dalle nuove idee, nell’erosione del modello di una
società arcaica che si riteneva cristiana. Seguendo Leone XIII, Guarino tiene a
rafforzare il ruolo della famiglia e della moralità ad essa legata con un
ragionamento allora molto diffuso:
Noi
attraversiamo un cataclisma assai pericoloso. […] Si è mutato alle cose il nome
loro, ai principi di ordine e di eterna giustizia si sono sostituite massime
sovversive della umana convivenza, e l’edificio sociale è minato alla base”. E
poiché base e fondamento della società è la famiglia, essa è quella più colpita
dalla letale demoralizzazione, che osano chiamare civiltà.94
La
famiglia secondo il creatore deve essere una, indissolubile, santa. Ma la
concupiscenza rovinò questi valori: “Il padre di famiglia divenne un padrone
assoluto e un despota, la madre una schiava, il figlio una vittima”. Ciò nel
paganesimo. Gesù viene a sanare questi mali con il sacramento del matrimonio
che diviene base dell’edificio sociale. Così la donna viene collocata come
mediatrice tra padre e figli e il matrimonio come sacramento viene riscattato
dall’essere “un ignobile contratto di compravendita o di locazione come nel
divorzio”.95 La sua catechesi poi riprendeva i temi del matrimonio base
dell’ordine sociale e metteva in guardia dal matrimonio celebrato solo con il
rito civile.96 La crisi della società aveva coinvolto anche la
famiglia. Il vescovo doveva denunziare la trascuratezza di alcuni a celebrare
il matrimonio religioso, l’indifferenza di alcune famiglie all’educazione
religiosa dei figli che venivano corrotti dal cattivo esempio.97 E,
ancora più grave, secondo Guarino, era il fatto che il male non aveva
contagiato solo la borghesia, ma anche i ceti “rozzi” delle campagne per cui si
avevano anche bambini non battezzati nella diocesi.98
Per
la santità della famiglia era importante amministrare presto il battesimo dei
bambini, come anche avere sollecitudine nei confronti dei malati e
moribondi.99 E tuttavia Guarino, rigido nel chiedere presto il
battesimo dei bambini, era poi tollerante sull’uso dei nomi anche se non erano
nella tradizione cristiana. Al parroco che si impuntava nel rifiuto di imporre
il nome di Idea a una bambina di Gualtieri, scriveva che solo nei casi di
oscenità o di superstizione il parroco poteva negarsi e che comunque non era
obbligatorio dare nomi di santi.100
Gli
interventi di Guarino volevano mettere in guardia clero e fedeli dagli errori
moderni. Quanto questa crisi e questa mentalità nuova avevano toccato la
diocesi, quali fatti nuovi si verificavano nel processo di secolarizzazione
della società messinese? Fino a che punto si poteva parlare di nuovo? o si
trattava di mali antichi che ora venivano percepiti come nuovi?
Il
morbo più pericoloso per Messina nella preoccupazione del vescovo era “una
crescente incredulità divenuta ormai vezzo di moda per mostrare grandezza
d’animo e spirito forte non soggetto a pregiudizii di donnacciola e di uomini
dappoco.101 La novità era la forte presenza della massoneria che aveva seminato
dubbi e favorito l’allontanamento della borghesia dalla pratica
religiosa.102 Non che la società fosse occupata totalmente dalla
massoneria, ma si era creato uno spirito di timore e di rispetto umano per
paura di essere tacciati di clericalismo:
Tutto
spiegano per clericalismo e gli uomini se ne guardano come dalla peste. Non
così le donne, e da loro soltanto possiamo augurarci bene.103
E
tuttavia Bovio faceva fiasco a Messina, perché il rettore dell’università gli
negava l’aula, mentre il ministro imponeva di concederla: e Bovio allora
Messina di clericalismo: “Che chaos! I tempi stringono” scriveva Guarino a
Celesia.104
L’allentamento
del controllo sociale della chiesa e la crisi della pratica religiosa si
potevano ora constatare nella diffusione della bestemmia nelle campagne, dovuta
anche alle abitudini contratte dai giovani durante il servizio militare fuori
dalla Sicilia, e nella mancata osservanza dei giorni festivi dal momento che lo
stato non era più garante della pratica religiosa del cittadino:
Non
abbiamo omesso giammai – scriveva Guarino – di mostrarvi l’amarezza profonda
dell’animo nostro al vedere l’empietà sempre crescente, al sentire le nostre
contrade dianzi così pie, devote e piene di fede sincera ed operosa, or
risuonare come eco funesta dell’inferno delle più stomachevoli bestemmie
importateci da fuori, e lordarsi dei più sordidi scandali e delle più enormi e
pubbliche profanazioni, fra le quali con lagrime deploriamo quelle dei giorni
festivi che richiamano flagelli del Cielo.105
Le
statistiche del Maggiore Perni sull’aumento dei reati contro la famiglia, la
moralità e i rapporti sociali confermano le denunzie di Guarino.106
Tuttavia pochissime sono le notazioni sulla vita religiosa del popolo che si
possono ricavare dalle relazioni delle visite, che per altro sono molto scarne
di notizie. Di tanto in tanto nei vari centri alla voce popolo viene aggiunta
la nota “di buono costumi”, ma solo per alcuni comuni, mentre per altri si annota
che sono senza cultura religiosa, e in qualche caso che si tratta di gente
selvaggia. Il fatto che predicava spesso durante la visita sulla superstizione
denota che doveva essere molto diffusa in alcuni centri della diocesi.
Scriveva
il Guarino nel 1892 che l’ateismo costituiva un grave pericolo di dissoluzione
della società, che una morale naturale senza riferimento a Dio portava alla
confusione tra bene e male. Egli doveva riconoscere che nella sua diocesi non
c’erano molte defezioni dalla fede, che la fede a livello popolare era stata
rinvigorita, tuttavia in molti si era illanguidita la pietà, la devozione; si
era affermata una certa indifferenza all’onesta e al pudore, all’osservanza
delle feste, alla reputazione del prossimo. La gente nei giorni di festa ora
usava recarsi in campagna per diporto anziché andare in chiesa.107 Di
fronte agli spettacoli immorali e antireligiosi Guarino tentava di coinvolgere
anche le autorità locali. Egli vagheggiava ancora l’ideale di una società
cristiana in cui autorità religiosa e civile fossero concordi nel perseguire lo
stesso scopo religioso e morale. Scriveva al sindaco di Messina nel 1883, non
tenendo conto che la nuova società si poneva nella sua laicità:
Noi,
Sig. Sindaco amatissimo, esercitiamo un ministero tendente allo stesso scopo,
sebbene per vie diverse. Siamo amendue al servizio di Sua Divina maestà per
conservare nel popolo l’integrità della fede e della morale. E’ mestieri
adunque nell’attuale colluvie de’ mali, che rotto ogni argine dovunque inonda
[illeggibile], animarci dello stesso zelo e della stessa carità di patria, per
preservare al possibile della corruzione il caro popolo sotto varietà di
aspetti commesso alle nostre cure e alle nostre sollecitudini.108
Nel 1894, dopo i fasci siciliani, il
quadro sociale e morale invece veniva descritto da Guarino con tinte più
oscure:
Ho veduto empiamente diffuse
anche tra i fanciulli la più ributtante bestemmia, generalizzate le più sordide
usure, che son furti commessi a man salva, inosservati con tanto scandalo nelle
campagne, nei vari lavori, nelle botteghe i santi giorni festivi riservati a
Dio, al suo servigio con sanzioni e minacce spaventevoli: ho veduto più
frequenti gli odii, le vendette, le calunnie e le impurità stomachevoli.109
La risposta pastorale di Guarino, se per un verso, soprattutto agli
inizi del suo episcopato, si rifaceva alla esperienza palermitana e alle
indicazioni del concilio di Trento, sotto il pontificato di Leone XIII fu una
adesione convinta e una realizzazione delle indicazioni che il papa suggeriva.
Seguendo
le linee dell’intervento papale, Guarino riteneva che il punto di partenza per
risolvere la crisi della società fosse la salvaguardia della famiglia, tanto
più che “essendo la società un aggregato di famiglie, è la famiglia base e
fondamento della medesima. Santificata la famiglia, si otterrà l’altissimo
scopo della santificazione dell’intera convivenza”.110 Raccomandava quindi col papa la consacrazione di
ogni famiglia alla Sacra Famiglia e l’iscrizione alla Pia Associazione della
Sacra Famiglia in tutte le parrocchie. Già nei decreti della visita pastorale
chiedeva come primo impegno del pastore d’anime “d’istruire i fedeli sulla
santità del matrimonio”. Bisognava avere molta attenzione al matrimonio civile
che doveva sempre essere legato a quello religioso, rifiutandosi il parroco di
celebrare il matrimonio religioso di persone che avevano contratto con altri
matrimonio civile.111
Il
procuratore generale del re, scrivendo a Guarino, prendeva atto che egli nei
decreti di sacra visita del 1881 aveva spinto i parroci a non omettere il
matrimonio civile, limitandosi solo a quello religioso. Infatti al 31 dicembre
1886 erano4.551 i matrimoni celebrati solo con il rito religioso nel distretto
di Messina che comprendeva anche le diocesi di Patti e Lipari. Propose perciò
all’arcivescovo di costituire dei comitati per alleggerire le spese che
comportava per i poveri un matrimonio civile. L’arcivescovo si mostrò d’accordo
e inviò una circolare ai parroci, ma alcuni parroci accusarono la burocrazia
comunale di rimandare a lungo i matrimoni civili, anche se il procuratore del
re giustificava l’amministrazione civile che non poteva venire incontro alle
richieste di matrimoni in quanto tutti chiedevano di sposarsi in giorno
festivo.112 Era comunque interesse anche della chiesa che si
celebrassero i matrimoni civili per evitare che chi aveva celebrato solo il
matrimonio religioso attentasse poi a quello civile con altra persona.113
La
famiglia era dunque considerata la cellula da salvaguardare per risolvere la
crisi della società, ma la soluzione della crisi non passava solo attraverso la
famiglia: la chiesa doveva rivedere le modalità della sua presenza nella
società. La modalità rimaneva ancora quella della catechesi, della devozione e
della carità.
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