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Francesco Michele Stabile Il Card. Giuseppe Guarino IntraText CT - Lettura del testo |
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La conferenza episcopale siciliana Non esistevano rapporti istituzionalizzati tra i vescovi siciliani dopo l’unità d’Italia. Di tanto in tanto avevano firmato qualche indirizzo di adesione al papa per le sue encicliche. Era chiaro però che ormai tutto l’episcopato siciliano era legato a Roma e non c’era l’ombra di una rivendicazione di chiesa autocefala di cui si aveva paura nel primo decennio postunitario. La nuova ecclesiologia che seguiva il concilio Vaticano I portava il Guarino a identificare il papato con la chiesa e questa identificazione stava alla base del rapporto tra episcopato e papato. Era lontano dalla sua concezione la rivendicazione di una qualsiasi soggettività autonoma dell’episcopato rispetto al papa. Commentando l’indirizzo al papa dell’episcopato siculo dopo l’enciclica Immortale Dei, Guarino riteneva riduttivo usare il termine adesione, perché la parola del papa non aveva bisogno di adesione, ma di obbedienza. Il vecchio discepolo del collegio dei SS. Agostino e Tommaso di Agrigento esponeva ora la sua professione di attaccamento al papato contro ogni possibile interpretazione regalista e gallicana:
A dirle il vero – scriveva al Celesta che aveva siglato l’indirizzo al papa a nome dei vescovi – la forma dell’adesione non m’è piaciuta mai, ed occorrendo fare indirizzi isolati, non l’ho usata mai. La parola del Papa non ha sicuramente bisogno dell’accettazione dell’Episcopato per essere quella ch’è. Noi d’Italia lasciammo sempre ai bizzarri Francesi questo errore: e com’è del domma, così è dell’ammaestramento morale e disciplinare. V. Eminenza ha pensato ottimamente bene e desidero che lo segua l’Episcopato intero. Ammirazione noi dobbiamo al Capo della Chiesa e rendimento di grazie, non un’adesione quasi fossimo alla pari con Lui.221
Il problema per Guarino era quindi teologico quasi che l’insegnamento del papa avesse bisogno del consenso della chiesa. Scriveva qualche anno dopo sullo stesso argomento a Celesta per l’indirizzo sull’enciclica Libertas:
A dirle il vero non mi è piaciuta la forma dell’adesione inventata dagli oltremontani come reliquatur del falso principio che gli atti papali abbiano forza dal consentimento della Chiesa dispersa. Ma invece ho sempre desiderato una forma di ammirazione, di ringraziamento, di gratitudine, ond’è che, secondo me, ben si oppone il card. Segretario di Stato.222
Con una circolare della Congregazione dei vescovi e regolari del 24 agosto 1889 il card. I. Verga, dietro richiesta di alcuni episcopati italiani, invitò i vescovi delle circoscrizioni ecclesiastiche italiane a riunirsi almeno una volta l’anno per aiutarsi reciprocamente nel governo delle loro diocesi in modo da creare una certa uniformità di indirizzo ed emettere, se le circostanze l’avessero ritenuto opportuno, atti collettivi.223 Il prelato più degno per grado e anzianità doveva fare da presidente e un altro da segretario. In Sicilia la presidenza spettava al card. Michelangelo Celesia, arcivescovo di Palermo, perché cardinale e più anziano, il quale volle come segretario l’Arcivescovo Guarino. Guarino accetta, ma chiede che Celesia preghi “affinché [Dio] venga in aiuto della nullità del povero chierico divenuto arcivescovo di Messina.
E’ un mistero – scriveva- […] e Dio sa che non mentisco. Le confesso da figlio che quando nel silenzio discendo dentro me stesso, e considero gli alti doveri pastorali e il luogo, dove mi trovo, sono preso dallo stesso sgomento che V. Em. R.ma ebbe a vedere cogl’occhi suoi quando all’arrivo in Palermo annunziò le prima nomina.224
Le difficoltà per questa riunione dei vescovi venivano soprattutto dalla diffidenza del governo che poteva vedere cospirazione da ogni parte. Era soprattutto il card. Dusmet, preoccupato, che scriveva a Guarino di “innegabili difficoltà per parte delle Autorità politiche, le quali hanno in capo la fissazione che i vescovi cospirano: ed io posso aggiungere che siamo sorvegliati anche nelle visite pastorali della Diocesi, come mi ha assicurato qualche sindaco aver ricevuto incarico”.225 Ma le difficoltà non erano solo esterne, ma anche all’interno dell’episcopato. Intanto bisognava trovare una formula, se riunirsi tutti insieme o a gruppi. Prevalse poi quella dell’assemblea di tutti i vescovi. Poi erano da stabilire gli argomenti da trattare.
Ho trovato alcuni [vescovi] – scriveva Giarino a Celesia – assai minuti, i quali danno seria importanza a piccole cose, e poca o nessuna a cose gravi, altri che su qualsiasi idea e indirizzo di una diocesi trovano sempre da criticare ed osservare e ne fanno materia dei loro discorsi ed anche parlamento, cosa che mi ha spesso tanto amareggiato, altri, che si arrogano l’infallibilità, e sono ottime che le cose da loro disposte soltanto. In diciannove anni di episcopato ho acquistato molte esperienze.226
Guarino chiedeva a Celesia di fare il presidente con fermezza per evitare chiacchiere e invece proporre qualcosa di nuovo in comune:
Parmi che non bisogna impegnarci che a conservare quel che abbiamo potuto fare ciascuno nella propria diocesi. Ma tant’è, abbiamo tante e poi tante proposte, tra le quali v’ha della minestra minuta, e v’ha delle altre che non varrà la pena parlarne.227
Il discorso programmatico di Celesia doveva servire come traccia per il dibattito e far capire agli altri vescovi che era conveniente eliminare le minuzie. Il tono di Guarino diventa un po’ ironico su alcune proposte dei confratelli:
Se i miei confratelli vorranno accorgersi, dovranno ritirare le proposte e restringersi a quel tanto che da V. Em. sarà annunziato. Infine poi tutti quanti ce ne andremo a farla da prefettizi nel seminario nostro per tutta la Sicilia, il quale ci venne proposto! e lì ci divertiremo, staremo benissimo, già s’intende, ornati di un magnifico anello dottorale!228
La prima conferenza episcopale fu celebrata con grande solennità a Palermo e si concluse con la pubblicazione di una lettera pastorale collettiva Le conferenze episcopali della regione Sicilia tenute in Palermo nell’aprile del 1891. Lettera pastorale, tip. Boccone del Povero, Palermo 1891.229 Anche se non si tennero conferenze episcopali fino al 1898, i vescovi rimasero in contatto attraverso l’opera dello stesso arcivescovo Guarino. Gli interventi più rilevanti erano indirizzi di omaggio al papa il quale, a giudizio di Guarino, era contento dell’episcopato siculo.230 La mobilitazione dell’episcopato, quando stava per essere presentato il disegno di legge sul divorzio, fu compatta. Guarino riteneva prematura però la stesura di una protesta dal momento che il disegno di legge non era stato presentato, mentre il Card. Rampolla era dell’avviso di intervenire dopo la lette del papa ai vescovi della Lombardia. Presentato il progetto, la protesta dei vescovi siciliani era necessaria, anche se Guarino era convinto che non sarebbe servita a nulla, ma solo per la storia e per l’edificazione dei fedeli.231 Un nuovo indirizzo fu inviato al papa per le lettere sull’unione con la chiesa greca. Un indirizzo analogo avrebbe desiderato Guarino anche per il decreto sulla predicazione, tanto più che la conferenza del 1891 aveva formulato un decreto analogo: “ma non osai scrivere a solo, né pregarne V. Em. Rma, perché conscio della mia nullità, non ardisco mettermi avanti, né far proposte, essendo sempre per me un mistero come mi trovi elevato alla dignità cardinalizia. Parlo col cuore.232 Nel frattempo moriva il card. Dusmet e si poneva il problema della successione a Catania. Il nunzio di Bruxelles il siciliano Brancica Nava e il vescovo Guttadauro di Caltanissetta erano d’avviso di escludere il nunzio e propendevano per il vescovo Blandini di Noto, ma Guarino non fu d’accordo:
Non credo affatto questa ultima una provvista indovinata. Egli è per altro legato agli oppositori del cessato regime, comunque affezionatissimo al nostro rimpianto amatissimo Cardinale.233
Le sue preoccupazioni per la successione di Dusmet traspaiono dalle lettere a Celesia. Il clero si era diviso in due partiti, tra chi sosteneva la nomina di Caff che era stato un collaboratore del card. Dusmet e chi osteggiava questa nomina con ricorsi a Roma. Intanto proprio il nunzio Nava, che inizialmente sembrava escluso, anche per la sua indisponibilità diventò il nuovo arcivescovo di Catania.
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221 Lett. al card. Celesta, 16.12.1885, ASF, b. LXVIII, f. 2. 222 Lett. al card. Celesta, 11.7.1888, ASF, b. carteggio Guarino-Celesia. 223 Cfr. F. M. STABILE, La chiesa nella società siciliana del primo novecento, Sciascia, Roma-Caltanissetta 1992, pp. 45-51. 224 Lett. di Guarino a Celesia , 24.7.1889, ASF, carteggio Guarino-Celesia 225 Ivi. 226 Lett. a Celesia, 11.8.1890; 20.8.1890 227 Lett. a Celesia, 18.2.1891; 15.12.1890, ASF, b. LXVIII, f. Conferenza episcopale. 228 Lett. a Celesia, 1891 229 Sui temi della Conferenza cfr. F. M. Stabile, La chiesa nella società siciliana, cit., pp. 43-51. 230 Lett. a Celesia, 4.2.1893; 6.2.1893 231 Lett. a Celesia, 23.6.1893. 232 Lett. a Celesia, 18.12.1894. 233 Lett. a Celesia, 29.4.1894. Guarino propendeva per la nomina dell’ausiliare –caff che era stato eletto vicario capitolare. |
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