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Francesco Michele Stabile
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • Guarino a Palermo
    • Il Boccone del Povero
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Il Boccone del Povero

            Una predilezione particolare il Guarino l'aveva certamente per Giacomo Cusmano. Bisogna leggere gli appunti scritti dal Guarino come testimonianza sulla vita del Cusmano per renderci conto dei legami profondi che univano questi due uomini101.

            La situazione creatasi dopo la rivoluzione del  66 e il colera del 1867 evidenziò le piaghe di una città che non riusciva ancora a decollare, nonostante le promesse della vigilia dell’unificazione. La povertà era tale in alcuni strati della popolazione che i casi di morte per fame diventarono tanto frequenti che la stampa non poteva non segnalarli. Il giovane medico, che era diventato prete, Giacomo Cusmano, il quale sentiva la vocazione a donarsi ai poveri, finalmente ottenne dal suo direttore spirituale il can. Domenico Turano di poter iniziare il suo ministero fondando l’Associazione del Boccone del Povero. Il voler tornare alla carità dei primi cristiani, il coinvolgimento di tutte le componenti ecclesiali nella carità come soluzione dei problemi ecclesiali e civili, la condivisione tra ricchi e poveri entusiasmarono il Cusmano e con lui un gruppo di preti che lo aiutarono con la benedizione dello stesso arcivescovo Naselli102. Un ruolo non certamente secondario ebbe il canonico Guarino in questa associazione:

 

                Allo zelo delle anime accoppiava bellamente la carità verso i poveri - scriverà più tardi uno di quei preti, il can. Pennino -. Si accompagnò quindi e diede efficacissimo aiuto a quel servo di Dio che fu il p. Giacomo Cusmano, fondatore della benemerita Associazione del “Boccone del Povero” [...]. Era bello vedere il nostro Guarino, nei primordi di quella pia Istituzione, aggirarsi per le botteghe de’ mercati, per le case delle agiate famiglie a dimandare il boccone pe’ poveri, e fare così una buona colletta di generi alimentari per essere distribuita in sulla sera, ai poveri derelitti.103

 

            Lo stesso Guarino scriverà:

 

                Io non era soltanto Consigliere, ma uno dei sacerdoti addetti al servizio materiale di questa grande Opera. Il giorno del mio servizio era la domenica, e in questo tempo avvenne un fatto che mi sorprese; presentandomi per fare la divisione ai poveri, una delle mie domeniche, trovai che in quel dì nulla, affatto nulla i famuli avevano trovato per i Poveri nelle loro ricerche, la qual cosa il Sac. Cusmano mi annunziava dolente. Dunque - esclamai afflitto - oggi i poveri rimarranno digiuni? È un dolore - rispose il fondatore - ma come si fa? Chiamai i famuli e fattili inginocchiare innanzi l’umilissimo P. Cusmano, lo pregai di benedirli e mandarli in nome di Dio. Egli riluttava nella sua grande umiltà e voleva li avesse benedetti io. Ripregato da me, condiscese. Attesi una oretta appena, e tornarono i famuli così carichi da non portare di più, e distribuii abbondante cibo a ben 120 famiglie. Io era sicuro dell’esito, perché aveva gran fede nella singolare virtù del P. Cusmano, e Iddio volle che quella volta ne fossi il testimonio.104

 

            Nel 1869 il Guarino era ancora consigliere dell’Associazione, ma godeva tale prestigio che il consiglio lo invitava a presiedere le riunioni settimanali in assenza del vicepresidente105.

            Nel 1870 si era aperta da tre mesi la casa dei poveri, ma il Cusmano era rammaricato che ancora il nome di S. Giuseppe non risuonava nella loro bocca, perché la casa non era stata ancora dedicata e posta sotto la protezione del Santo. Invitò perciò il Guarino come la persona “più adatta e più degna”, a farsi carico di raccogliere fondi e organizzare la solennità con messa, panegirico e pranzo per i poveri.

 

                La squisita devozione che verso questo santo la distingue, - gli scriveva - l’impegno che ha di promuovere l’opera nascente, il nome bellissimo che fu imposto nel santo battesimo sono la guarentigia più sicura che la cosa andrà senza stenti e senza straordinaria fatica di V. R..106

 

            Il Guarino preparò una circolare da inviare a un gruppo di commercianti e benefattori, ma non pare che si ottenessero i fondi necessari. Allora la vigilia stessa della festa invitò i preti questuanti dell’Associazione a recarsi l’indomani per la questua del pesce per non rischiare di vanificare il pranzo dei poveri107.

            L’amicizia con Giacomo Cusmano durò per tutta la vita. L’esperienza del Boccone del Povero lasciò il segno nella vita del Guarino e a questa esperienza bisogna guardare per capire le scelte che farà da arcivescovo di Messina. Nel 1887 scrisse al suo "amatissimo P. Jacuzzu, come chiamava affettuosamente il p. Cusmano, che aveva già fondato i Missionari Servi dei Poveri:

 

                L'anima mia è piena di gioia, né so come esprimerla. La benedizione dell'Eminentissimo Card, Arcivescovo [Celesia] nella casa dei suoi Missionari mi ha prodotto una impressione così viva e profonda che il mio cuore ribocca di allegrezza. Ah! potessi benedire anch'io i cari Missionarii: ma le gioie del vescovado non sono per me: io non devo che portare una croce pesante, vivere di amarezza e camminare sulle spine. Però di tutto lodo e ringrazio il Signore, perché è grande misericordia tenermi in continua penitenza. [...] lasci , mio dolce amico, ch'io l'abbracci col più tenero affetto coi singoli suoi Missionari, e che a tutti dia il bacio della consolazione e della pace. Benedica Iddio la loro vocazione e la confermi! benedica le loro opere sante, la loro povertà evangelica, i loro viaggi, i loro stenti, il loro zelo, la loro operosità! 108

 

            Dopo aver affermato di invidiare il canonico Francesco Mammana che aveva lasciato il capitolo della cattedrale di Palermo per seguire il Cusmano, Guarino esprimeva con una punta di nostalgia:

 

                Dica un poco: la Congregazione dei Missionari del Boccone del Povero  riceve vescovi, i quali non  stanchi del Cholera, ma riconoscendosi inutili nel vescovado  e forse anche nocivi, vogliono addirsi alle missioni e cedere il vescovado? E nella ipotesi affermativa, potrei sperare un voto favorevole del Fondatore e dei Padri? Amerei meglio cingere ai fianchi una corda e prendere in mano il bordone, e deporre il Pastorale e la croce di oro, anziché regere e governare. Come le sembra? Padre Jacuzzu miu veda che  può fare: mi raccomando a Lei.109

 

                E continuando con il tono scherzoso, giocava con i suoi amici di un tempo:

 

                Non senta quel birbante di Pennino, perché guasterebbe tutto. Intorno a  me non prenda da lui informazioni, mel faccia per carità - mi rovinerebbe senza buone ragioni: e sa perché? Perché gli ho dato or ora quattro palmate, e mi fa impertinenze senza fine anche faccia a faccia. Un pò dell'antico P. Guarino ci vuol sempre: non è vero? Costui non invecchia mai ad onta di tutti i cholerosi del mondo. Ma sta ai patti ed ubbidisce: ella non tema  ad accettarlo. Stia in parola.110

 

            La risposta del Cusmano si fece attendere, ma fu pari all'affetto del Guarino. Diceva che la lettera del suo "padre" aveva fatto scuotere dal letargo in cui era sprofondata l'anima sua "come stupefatta dalle divine misericordie e annientata per le continuate ingratissime corrispondenze":

 

                Ribbocca di allegrezza il Suo cuore, ed io la sento perché è arrivata sino al cuor mio, a questo cuore paralitico per l'amore di Dio, mentre per se stesso mostra vere ancora molta attività: l'ho sentita direi nella causa che l'ha prodotta nello aggraziato cuor Suo per avere concorso col Suo zelo verace a generare nello spirito del Signore. Si allieti adunque, o Padre nostro carissimo, guardandoci come frutto del Suo zelo per la grazia di Dio che ci ha portato fin qui, ma non ci guardi da lontano, da dove tutto sembra bello ed ammirevole. Ella vede in noi quello che ha fatto e che fa Dio, ma non può vedere quello che siamo noi e quanto bisogno abbiamo delle Sue paterne premure. Venga, si avvicini un momento; venga per poco a rinfrancare la Sua casa, donde per arcana disposizione di Dio si è dovuto materialmente allontanare, affidandola a colui che non ha saputo custodirla. Non siamo noi che dobbiamo conservarle una cella, ma è L'Ecc. V. che deve esaminarci se siamo degni di salirne le scale. Una sua visita , in questo momento di formazione, non che utile ma necessaria devo chiederla dinnanzi al Signore, ed io ne lascio tutto il peso alla Sua intemerata coscienza. [...] Sua è questa casa, Sua è l'opera che ammira in noi, Suoi siam noi stessi, e potrebbe dirsi un vero abbandono se pur ritarda a venire.111

 

            La grande capacità di ascolto e di comprensione e il prestigio culturale del Guarino ridavano pace e serenità al Cusmano e a quei giovani preti palermitani che si scontravano con una dura realtà. Di essi ebbe sempre stima e venerazione, ammirazione ed affetto. Alla morte del p. Cusmano non ebbe dubbi a paragonarlo a don Bosco.112 E qualche anno dopo la morte scriveva:

 

                Io che lo seguii con grande attenzione in tutti gli stadii della sua purissima vita, confesso che non mai conobbi un Sacerdote più zelante, più amabile, più santo di Lui.113

 

            Il Cusmano è stato dichiarato beato.

 

 




101 Appunti di mons. G. Guarino da servire per la storia del sac. d. Giacomo Cusmano, 2 ottobre 1890, Archivio Servi dei Poveri, Palermo.



102 M.T. Falzone, Giacomo Cusmano, Poveri Chiesa e società nella Sicilia dell’Ottocento (1834-1871), Flaccovio, Palermo 1986.



103 Ricordi storici, cit., p. 18; e un’altra testimonianza del can. A. Pennino: “E qui mi è dolce richiamare la memoria del non mai abbastanza compianto, ed a noi sempre carissimo, Cardinale Guarino [...]. Egli, il Guarino, allora canonico di questa Collegiata della Magione, fu uno dei più caldi ammiratori e dei più attivi ausiliari del P. Cusmano. Si può dire che i due cuori, appena avvicinatisi, si armonizzarono all’unisono. Immensa la venerazione dell’uno verso l’altro, e comune la brama di lavorare alacremente alla gloria di Dio nella salute delle anime. Il Guarino, non contento di girare egli stesso pei mercati a raccogliere elemosina e derrate da distribuire ai poveri, si accinse pure, per invito del suo santo amico, ad attirare sacerdoti, specialmente giovani, a dedicarsi all’Opera della carità; e per riuscire meglio allo scopo iniziò un corso di Conferenze nel locale stesso dei SS. Quaranta Martiri, continuato poi nella chiesa annessa all’Ospedale de’ sacerdoti; in queste conferenze, che versavano sul Diritto Canonico, in cui era dottissimo, egli insinuavasi nel cuore dei giovani preti per invogliarli ad aiutare il gran Servo di Dio nel soccorrere gl’infelici. Com’era eloquente, come si accendeva di santo zelo, come brillavano di luce scintillante le sue vivacissime pupille, quando parlava della pia Associazione e delle virtù del suo caro P. Giacomo” (F.P. Filippello, le mie testimonianze al tribunale della Chiesa. Notizie sulla vita e le virtù del P. Giacomo Cusmano, tip. Boccone del Povero, Palermo 1926, vol. II, 129).



104 Appunti di mons. G. Guarino, cit.



105 Lett. del segretario N. Russo al Guarino, 6.6.1869, Archivio Servi dei Poveri, Palermo.



106 Lett. del Cusmano al Guarino, 6.3.1870, ivi.



107 Circolare del 18.3.1870 del Guarino e altre minute per la stessa occasione inviate ai diversi benefattori, a un chierico e al sac. Enrico Filiti, circolari n. 93, 95,  ivi.



108 Lett. al Cusmano, 21.11.1887, ASF, b. LXIII, f. 1c.Nella lettera si firma "suo aff.mo Giuseppe"



109 Ivi.



110 Ivi. Il Pennino era canonico della cattedrale di Palermo, teologo stimato.



111 Lett. del Cusmano a Guarino, 4.2.1888, ASF, b. LXIII, f. 1c.



112 Lett. del Guarino ai missionari dopo la notizia della morte del Cusmano, 14.3.1888, b. LXIII, f. 1c.`



113 Lett. ai Padri Missionari del Boccone del Povero, 14.3.1888; 12.3.1893, ivi.






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