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Francesco Michele Stabile
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • Arcivescovo di Siracusa
    • La visita pastorale
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La visita pastorale

            Preparatosi con cura, il nuovo arcivescovo il 10 settembre iniziava la sua prima visita pastorale della diocesi. Il pastore che va in visita - scriveva - è continuatore dell’azione di Cristo liberatore dell’umanità: promulgare il Vangelo e convertire alla fede e alla vita cristiana. Per imitare Gesù, Guarino volle che la visita fosse preceduta dalla predicazione al popolo e al clero di due sacerdoti missionari, i quali, come i 72 discepoli del Salvatore, dovevano catechizzare i fedeli “sul regno di Dio e sulla pace cristiana”.

            Il solenne canto del Te Deum in cattedrale preceduto dalla consacrazione della diocesi al Cuore Sacratissimo di Gesù, consacrazione che poi venne ripetuta in ogni parrocchia, furono i primi atti della visita di Guarino alla sua chiesa siracusana17.

            Preferì incontrare per prime le parrocchie dei paesi della diocesi e in ultimo  quelle della città di Siracusa. Non curiale sembra il tema iniziale con cui si apre il diario di visita, nel quale si dice che l’arcivescovo Guarino, costituito sposo e custode della chiesa siracusana e speculator super muros eius, rivolse il suo cuore alle pecore a lui affidate, non tanto per comandare, quanto per mostrare anche in questi tempi la giusta e vera via18.

            Il primo centro visitato fu Melilli, poi Sortino, Monterosso, Chiaramonte. La prima parte della visita

venne chiusa a Ragusa l’11 dicembre 1872. Riprese poi la visita il 22 aprile 1873 da Lentini, Francofonte, Carlentini, Augusta, Comiso, Santa Croce fino a Floridia dove arrivò nel mese di luglio. Non andò a Vittoria per una epidemia che si era diffusa tra la popolazione e poi per gravi delitti che erano successi per cui si temeva per l’ordine pubblico. A settembre riprese la visita da Siracusa fino all’aprile 1874. A maggio, finita la visita, si recò a Milano per la traslazione delle reliquie dei santi Gervasio e Protasio e di S. Ambrogio e, al ritorno da Milano, si fermò ancora una volta a Roma per una nuova visita ad limina.

            Guarino nella visita pastorale viaggiva in treno fin dove era possibile, ma spesso anche a dorso di mulo, dovunque acclamato dal popolo al grido di viva la Religione, viva Pio IX, viva l’Arcivescovo. Era accompagnato dal vicario generale, dal cancelliere, da un cerimoniere. Visitò chiese e monasteri, predicò al popolo, amministrò a migliaia di persone la cresima. Teneva sempre presente, da buon canonista, i canoni del tridentino e le regole delle visite di San Carlo Borromeo. La visita alle chiese e agli arredi era minuziosissima. Controllava le tovaglie perché fossero di lino e non di cotone, le grate dei confessionali, i calici e i paramenti sacri.

            Era dal 1727 che non si convocava un sinodo della chiesa siracusana a causa dell’eccessiva ingerenza del potere monarchico nella vita interna della chiesa siciliana, rivendicata in nome della Legazia, e si sentiva il bisogno di nuove regole per la vita della chiesa locale. Ma Guarino non ritenne opportuna la convocazione di un sinodo a pochi mesi dal suo episcopato, perché voleva prima conoscere i bisogni della diocesi e poi riunire il sinodo. Né mancava in questa decisione una certa diffidenza verso un possibile intervento del governo. Infatti, pur avendo rinunziato il governo italiano ai privilegi della Legazia apostolica e del Tribunale di regia monarchia con la legge delle Guarentigie, i vescovi siciliani non si sentivano ancora sicuri di fronte a possibili interventi del potere civile. Non che il governo proibisse l’esercizio del ministero pastorale, e su questo i vescovi nelle loro relazioni erano concordi, ma esisteva ancora una legislazione regalista che non cessava di essere riproposta, anche dopo le Guarentigie e che inceppava la libertà dei vescovi, soprattutto nell’amministrazione dei beni ecclesiastici. Spesso ritorna nei suoi scritti il richiamo alla nequizia dei tempi in riferimento alla legislazione espropriatrice del governo verso gli enti religiosi e al clima aggressivo contro il mondo ecclesiastico, diffuso in molti ambienti. Per questo ci teneva a ribadire che egli voleva rimanere solo nell’ambito religioso e che il suo compito era salvare le anime.

            I decreti di visita costituivano perciò il primo passo per la codificazione di regole ecclesiastiche che dovevano provvisoriamente sostituire le leggi sinodali, mentre l’incontro con luoghi, persone, mentalità permetteva al nuovo arcivescovo di conoscere sempre più i problemi della sua diocesi per procedere in un secondo momento alla celebrazione di un sinodo19.

 

 




17 Notificazione per la sacra visita, 2.9.1872, ivi.



18 Prima Sacra Pastoralis Visitatio Metropolitanae Ecclesiae Syracusarum ab Excellentissimo et Rev.mo Domino Archiepiscopo Josepho Guarino inita, ASAS.



19 Relatio, cit., II/IV.






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