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Francesco Michele Stabile Il Card. Giuseppe Guarino IntraText CT - Lettura del testo |
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Il popolo Preoccupato soprattutto del clero in questa sua visita, Guarino non ci offre una analisi minuziosa delle condizioni religiose e civili del popolo. Se il suo giudizio sul clero era pessimista, più ottimista appare quello sul popolo, dal momento che la partecipazione alle sue iniziative di devozione e di predicazione incontravano grande risonanza e concorso di popolo. Era convinto che la fede e la pietà del popolo aumentavano di giorno in giorno, anche se riteneva necessaria una riforma dei costumi. Nonostante esistessero in diocesi 71 confraternite laicali, egli sentì il bisogno di introdurre in diocesi il Terz’ordine di S. Francesco, l’Associazione delle Madri cristiane, delle Figlie di Maria. In questo modo inseriva le forme nuove dell’aggregazione cattolica moderna. Incrementò alcune devozioni come quella del Sacro Cuore, costituendone i vari sodalizi, il culto perpetuo di S. Giuseppe e la recita del Rosario vivente35. A Siracusa poi egli stesso fondò le associazioni delle Figlie di Maria, delle Madri cristiane e la Congregazione di S. Luigi Gonzaga nella quale riuniva e istruiva personalmente i giovani nei giorni festivi, e che pensava di estendere a tutta la diocesi. Per la cura delle ragazze si rivolse alle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli.36 Non era andato a Roma dopo la sua nomina, per la consacrazione; vi si recava a gennaio 1873, dopo aver iniziato il suo ministero pastorale. Ritornato, comunicava ai suoi fedeli la benedizione del S. Padre Pio IX e li invitava a celebrare la quaresima nella penitenza e nella partecipazione all’Eucaristia. L’Eucaristia, come già nella notificazione del maggio 1872, è il tema su cui insistette il Guarino desideroso di propagandare nella sua diocesi la comunione frequente. L’uomo è come il figliuol prodigo, che si allontanò dall’amore del Padre per amore dei piaceri, o come colui che scendeva da Gerusalemme a Gerico e fu bastonato e gettato sul margine della strada perché aveva deviato dalla retta strada cioè dalla retta dottrina, e si era allontanato quindi dalla chiesa. Il pane eucaristico è la vera dottrina che dona la vita, e la vera dottrina e la vita non si trovano se non nella chiesa. Ritornare a Dio comportava quindi un ritorno alla chiesa. La partecipazione all’Eucaristia doveva produrre una nuova coscienza di appartenenza ecclesiale. Perciò il suo invito è pressante:
Bisogna adunque aderire all’Uomo-Dio, mangiar le sue carni e bere il suo sangue, perché l’anima mantenga la sua vita, ch’è nella verità, nella vera sapienza, nel vero bene: e il nostro corpo si abbia il dritto a risorgere nell’estremo dì ad una vita glorificata ed impassibile e conforme a quella del Figliol di Dio.37
L’unità del cibo forma l’unità della Chiesa:
Chi adunque togliendo a sua guida il libero pensiero va via dalla Chiesa, e lascia il cibo delizioso e la bevanda salutare della mensa del Signore, si separa dalla maestosa unità, e si priva del bel corredo delle virtù, il cui germe Gesù Cristo deposita nel cuore dell’uomo che si comunica della sua carne [...] No, figliuoli miei, non è possibile che l’uomo senza Dio sia capace di vera virtù, di vera nobiltà d’animo, di vera integrità di costumi.38
L’invito alla Eucaristia diventa invito a tornare nella chiesa perché l’Eucaristia è nella chiesa, comunità visibile e gerarchicamente ordinata:
La casa dov’è imbandita la mensa del Signore, che tanti beni comunica all’uomo, è la S. Chiesa cattolica, il cui Capo invisibile è Cristo istesso, ed il visibile il Sommo Pontefice suo Vicario in terra.39
Quando l’uomo si allontana dalla chiesa è la stessa convivenza umana che rischia pericolo. La ragione umana, ferita, da sola non può avanzare senza luce e forza che vengono dalla legge di Dio e dai sacramenti. Allontanandosi dalla chiesa, l’uomo non perde solo i tesori celesti, ma attira anche la maledizione e con essa la carestia, la povertà ed ogni genere di temporali castighi; così si arriva alla dissoluzione della società. La proposta finale però si limitava al richiamo alla confessione e alla comunione una volta a Pasqua o tre volte l’anno. L’invito alla penitenza da realizzare attraverso la preghiera, l’elemosina e in particolar modo il digiuno, considerato come fatto ascetico, fu ancora il tema della notificazione per la quaresima del 1874.40 All’esercizio della pratica sacramentale mirava la pastorale di Guarino che per eccitare la fede, per spingere alla frequenza della confessione sacramentale e al culto delle virtù cristiane aveva intensificato la predicazione nella quaresima, negli esercizi spirituali e in occasione di altre ricorrenze. Nel 1875 il papa Pio IX indisse il giubileo, e questo divenne una buona occasione per ribadire la fedeltà alla chiesa. La lettura che egli fa del giubileo è in chiave spirituale. Conosceva bene le implicazioni sociali che erano presenti nel giubileo ebraico, ma poiché partiva dal presupposto che tutto quello che avveniva presso gli Ebrei era un simbolo, una figura di quel che sarebbe accaduto nella chiesa cattolica per la misericordia di Gesù Cristo, così la lettura del giubileo assunse una connotazione preminentemente di rinnovamento spirituale del cristiano.
Or questo Giubileo Ebraico - scriveva al clero e ai fedeli -, il quale accordava remissioni e franchiggie temporali adombrava il Giubileo spirituale della Chiesa.41
In modo chiaro e semplice il Guarino spiega il significato delle indulgenze dell’anno santo e vuole che anche i sacerdoti siano attenti perché nei fedeli non si ingeneri confusione e si perda di vista il richiamo ad una autentica conversione che si doveva concretizzare poi nella confessione sacramentale e nella penitenza. La parola del vescovo è rivolta in primo luogo ai predicatori. Dalle sue raccomandazioni possiamo ricostruire i mali che, secondo il Guarino, più affliggevano la sua diocesi. Innanzitutto la bestemmia, molto diffusa in tutte le categorie, “resa così comune e popolare nelle stampe spudorate ed empie, che vanno per le mani di tutti, nelle conversazioni, nei convegni ed anche nelle campagne e tra i fanciulli”. Si tratta evidentemente non solo delle bestemmie contro Dio e i santi, ma anche delle accuse anticlericali diffuse dalla stampa contro la chiesa e i sacerdoti.42 Altri richiami riguardano la profanazione dei giorni festivi a causa di una concezione materialista ed utilitarista della vita, la profanazione del luogo santo coll’ostentare in esso vanità e sconcezze, anziché devozione. Si riferiva il Guarino alla consuetudine per cui le chiese erano spesso luogo di incontro e di amoreggiamenti da parte della gioventù. Un tema molto attuale era ancora la celebrazione dei matrimoni civili senza il rito religioso:
Predicate a tutti esser domma di fede non esistere matrimonio tra Cattolici fuori il Sagramento, ed esser inseparabili per divina disposizione la natura di contratto dalla natura di sagramento: di modo che l’unione secondo le sole civili solennità non costituisce che un concubinato; e se è bene osservarle, perché si abbia la famiglia gli effetti civili d’una legittima unione, questa unione non sarà mai tra cattolici né valida né legittima senza il sagramento.43
Certamente mirato era questo monito sul matrimonio civile. Le motivazioni però che portavano o al solo matrimonio civile o al solo matrimonio religioso, per la maggior parte dei casi, non erano di natura ideologica, ma più spesso di natura sociale o economica.44 Non mancava nell’azione pastorale del Guarino un richiamo ai peccati sociali che dovevano essere denunziati nella predicazione sulle indulgenze:
Predicate - scriveva il vescovo - contro le usure, contro il furto, le rapine, le ingiustizie, i falsi giuramenti, contro la disonestà dei costumi, l’avarizia, l’irreligione.45
Alla denunzia dei mali doveva seguire la proposta all’impegno caritativo:
Insinuate l’elemosina, la compassione verso i ciechi, gl’infermi, i vecchi, gli orfani, tutti gl’impotenti al lavoro: perocché i poverelli sono i prediletti figliuoli di Dio.46
Dolcezza, misericordia, prudenza richiedeva il vescovo dai confessori, memori delle loro stesse infermità. Limpidezza di vita chiedeva a tutti i sacerdoti, impegno nella catechesi ai parroci. L’anno santo doveva diventare per tutti occasione di rinnovamento della vita religiosa e perciò il Guarino raccomandava non solo la catechesi, ma gli esercizi spirituali al clero e al popolo in tutti i comuni della diocesi.
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35 Relatio, cit., II/IX. 36 Ivi. 37 Lettera pastorale di Monsignor Giuseppe Guarino, arcivescovo di Siracusa, nella Quaresima del 1873, tip. Miuccio, Siracusa 1873, p. 7. 38 Ivi. 39 Ivi, pp. 11, 12, 15. 40 Notificazione, 8.2.1874. 41 Lettera pastorale di Mons. Giuseppe Guarino, arcivescovo di Siracusa, per la Quaresima e pel Giubileo dell’Anno santo 1875, tip. Miuccio, Siracusa 1875, p. 4. 42 Ivi, pp. 7, 10. 43 Ivi, p. 10. 44 Cfr. F.M. Stabile, Il clero palermitano, cit., vol. II, p. 424. 45 Lettera pastorale...1875, cit., p. 10. 46 Ivi. |
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