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Francesco Michele Stabile Il Card. Giuseppe Guarino IntraText CT - Lettura del testo |
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Il clero e l’azione pastorale Dalla prima visita emerge un quadro non molto consolante dell’iniziativa pastorale nella diocesi. Oltre alle 29 confraternite della città e alle 59 della diocesi, che avevano scopo prevalentemente di preparazione alla buona morte, di suffragi, o di favorire attività devote o feste, secondo modelli ancora settecenteschi, non troviamo nessuna di quelle forme nuove dell’associazionismo cattolico moderno. Spunterà una Pia Unione delle Figlie di Maria, una del S. Cuore, ma nient’altro. La pratica pastorale si limitava alla amministrazione dei sacramenti e anche di questa in qualche caso l’arcivescovo ne ribadiva l’obbligatorietà sub gravi per i parroci.46 Era infatti diffusa la concezione che solo i parroci erano obbligati al servizio pastorale per giustizia, mentre gli altri preti solo per carità. Il Guarino confidava nel 1883 al suo amico p. Nunzio Russo:
Il Clero non è stato mai operoso in queste parti. Fare qualche cosetta costa un grandissimo stento: non ho mancato di spingerlo e con la parola e con l’esempio: qui fo anche il Missionario: ma salvo rarissime eccezioni, rare assai, canimus surdis. Promuovere feste e al più qualche atto di pietà è tutto il lavoro dei pochi. Addentro non si va mai. Ecco perché ho tanto desiderato nel mio Seminario i salesiani di D. Bosco, i quali sono un miracolo di operosità, ed avrebbero fatto gran bene ai pochi chierici. Adesso almeno vedo un po’ di risveglio. Lodiamo il Signore e preghiamo.47
La situazione del seminario all’arrivo del Guarino era precaria.scrivendo qualche anno più tardi a Celesia diceva:
Ho dovuto a forza di enormi sacrifici quasi riedificare il Seminario. Trovai i Seminaristi sotto le tegole! Trovai il seminario un orrore!48
La prima cosa da fare era reperire i fondi per la ristrutturazione dell’edificio e per il mantenimento dei chierici. Cercò i fondi attraverso la bolla di Crociata.49 Si rivolse anche al clero perché devolvesse l’offerta della messa per il seminario.50 In ogni caso la povertà rimaneva la difficoltà più grave per l’ingresso dei giovani in seminario.51 Allora Guarino chiese al papa di poter costituire il patrimonio sacro richiesto per l’ordinazione con una rendita inferiore a quella stabilita dal concordato del 1818. desiderava sostituire la rendita con un vitalizio con rendita vincolata. La Congregazione del Concilio concesse tale facoltà solo per venti casi che poi diventarono un po’ di più.52 Problema ancora più rilevante era la ricerca dei responsabili della formazione dei chierici e la scelta dei professori. Scriveva al suo amico Pennino che il seminario affidato ai figli di don Bosco era l’opera sua più importante:
Stabilito il Seminario con Don Bosco potrò dire a Dio “opus consumavi quod dedisti mihi ut faciam. Nunc dimitte servum tuum” e andrò al camposanto.53
Ma anche se non riuscì ad avere i salesiani nel seminario, scelse le persone che erano più vicine al suo ideale di prete per formare i chierici. Sul seminario scriveva molti anni più tardi il p. Annibale Di Francia a don Orione:
Le dico che il cardinal Guarino, di f. m., procurava di mettere nel seminario, o per dirigere o per istruire, soggetti di spirito. Infatti aveva posto, come Padre Spirituale, il canonico Francesco Vitale, oggi cantore della cattedrale, giovane di eccezionali virtù, istruito in diverse scienze, perla del Clero di Messina. Il D’Arrigo, appena fatto arcivescovo, anzi Vicario capitolare lo tolse subito.54
Formare i chierici alla nuova pastoralità era un processo lento.questo clero, legato soprattutto alla vita di culto e alle rendite delle istituzioni religiose municipali, poco avvertiva i processi di cambiamento nella società e all’interno della chiesa. Inserito nel tessuto degli interessi e della politica locali, sollecitato dalle strategie familiari, questo clero non era stato investito dai cambiamenti della società che avevano invece segnato il clero zelante palermitano di cui il Guarino era stato uno dei più autorevoli protagonisti. Per questo Guarino soffriva di non riuscire a comunicare ai suoi preti la sua ansia missionaria. Per ricondurre il clero sulla linea di una ecclesiologia romana che mettesse al centro il legame con il papa e il vescovo e coinvolgesse nella pastoralità tutto il clero, era necessario vincere le forti remore del sistema policentrico devozionale e giuridico, che aveva favorito inattaccabili autonomie e privilegi locali, e sganciare il clero dai legami e dagli interessi della famiglia e delle fazioni comunali. Per questo Guarino veniva a volte in conflitto con questo clero municipale che resisteva alle sollecitazioni e agli interventi disciplinari dell’arcivescovo in difesa delle sue tradizionali autonomie e privilegi.55 Guarino alla Congregazione dei Vescovi e Regolari per spiegare i motivi di accuse contro di lui rivolte dal clero di Castroreale che rivendicava l’amministrazione della deputazione parrocchiale ottenuta al tempo della dittatura del 1860 e della quale era stato privato dal predecessore Natoli e non reintegrato da Guarino, scriveva che la situazione del clero era gravissima e che non sapeva come scegliere il titolare dell’arcipretura:
Le condizioni del clero di Castroreale sono così infelici che se dovessi dar corso ad un giusto rigore, dovrei chiudere le chiese tutte e lasciarne una sola, perché non rimarrebbero in una città di Sotto- Prefettura abbastanza popolata a poter celebrare che due preti secolari e due cappuccini!56
Per liberare il clero da una cultura municipale e renderlo impegnato nell’azione pastorale, Guarino si oppose anche a ogni forma di inserimento del clero nell’attività dei consigli municipali e nella partecipazione alle lotte di partito. Un prete dei Minori osservanti era stato eletto al consiglio comunale di Venetico. Nonostante le assicurazioni del vicario foraneo sulla sua condotta di vita, l’arcivescovo osservava in calce alla lettera del vicario:
Si risponda che non so concepire come un religioso possa far del Municipio. Con permesso di quali Superiori? E i suoi voti religiosi? E la ritiratezza?57
Egli vedeva nella salvaguardia della specificità dell’azione pastorale del clero la possibilità di sganciarlo dalla dipendenza dai notabili locali e dagli interessi familiari. Per questo tentò la via del rigore. Scrisse infatti al parroco di Venetico:
La dimanda del sig. Inastasi sindaco di Venetico mi ha stranizzato. Al mio arrivo in quel comune per la S. Visita egli mi narrò come il Sac. D. Giuseppe Sindoni riuscisse di disturbo al consiglio comunale, e di inciampo agl’interessi del Comune. Io per altro nei miei principii, e seguendo anche l’esempio di indsigni Prelati, voglio il clero alieno da qualsiasi cosa pubblica e dedito soltanto all’esercizio del suo altissimo ministero per glorificare Dio nella santificazione del popolo, e non cesserò di insistere su questo finchè avrò vita, per non mancare al mio ministero pastorale. Disposi quindi che il Sac. Sindoni avesse dato le sue dimissioni, e furono date subito. Non so concepire ora come indi a poco lo stesso sig. Sindaco insista perché il rev. Sindoni ripigli l’ufficio di consigliere. Si vorrebbe in una parola ch’io nel governo del clero mutassi, a beneplacito di chi vuole, i miei principi, e dichiarassi lecito quel che ieri proclamai illecito, e poi mutassi di nuovo secondoché i sindaci volessero.58
Era chiaro che il problema più grave da affrontare era innanzitutto quello del clero. Il suo modello di prete era quello del prete pastore e catechista, uomo dedito alla preghiera e al silenzio dell’altare più che alla caccia59 o alla frequentazione dei circoli civili o all’esercizio di professioni estranee al ministero.60 Scriveva con dolore nel 1894 a un curato sul conto del quale erano arrivate lamentele da parte del popolo:
Si lamenta un fare aspro ed opprimente contro la povera gente e con opere e con consigli che dà. Si aggiunge che, celebrata la Messa all’aurora, va via in campagna tutto dedito alla coltura dei campi, senza tener conto della cura delle anime. Io debbo avvertirla ancora una volta che a noi Sacerdoti altamente conviene seguire l’umiltà, la pazienza, la dolcezza e la mansuetudine del Divino Maestro: che le nostre funzioni e le nostre occupazioni si consumano nella carità e nel procurare la salvezza delle anime. Eccoli quali sono i nostri campi da coltivare. Si conclude che il di lei modo di agire aliena i fedeli dalle contribuzioni per culto della chiesa e dai sacramenti. Dicesi che in questo anno fu assai scarso il numero dei fedeli che adempirono il precetto pasquale. Io insisto perché ella col zelo parrocchiale, coll’assidua cura, e colle buone maniere, che sono necessarie in un curato, si attiri la benevolenza generale e faccia bene nel suo ministero. Iddio sa e vede tutto e riserva o il premio eterno e l’eterno castigo.61
L’invito ad accostarsi all’altare con le debite disposizioni “della santità dei costumi e degli interni sentimenti di pietà” era accompagnato dalla raccomandazione a prendere coscienza della dignità sacerdotale:
Il popolo scandalizzato alza la voce e reclama continuamente, e l’animo nostro si è vivamente commosso. O sacerdoti, siete voi la lucerna che deve illuminare il popolo; se la luce è spenta, i fedeli al buio correranno a certa rovina per vostra colpa, e l’Eterno giudice ve ne punirà severamente […] Voi siete cooperatori di Gesù nell’opera della redenzione del mondo, perché applicate alle anime i tesori del sangue divino sparso a comune salvezza […] Voi siete altrettanti Dii sulla terra : vos Dii estis (2 Cor. V,20). Ma deh! Pensate che così alta potestà colla comunicazione dello Spirito Santo vi venne trasfusa in edificazione del mistico corpo di Gesù Cristo, che sono i fedeli.62
Non solo la vita del prete doveva essere coerente, ma doveva anche realizzarsi in un vero impegno pastorale. Ai canonici di Castroreale che lamentavano la poca rendita della pensione governativa dopo l’abolizione dei capitoli, l’arcivescovo raccomandava di prestarsi al servizio della chiesa madre come cappellani e di riceverne l’emolumento, senza che questo servizio pastorale dovesse essere avvertito come disdicevole per le dignità di un canonico:
Noi stessi – scriveva nei decreti – ci reputeremmo altamente onorati e fortunati, se nelle più piccole cose ci fosse dato rendere servigio a Sua Divina Maestà. E per altro non è piccola cosa servire Gesù Cristo Signore Nostro nella cura degli infermi, nella cristiana educazione dei fanciulli, nell’amministrazione dei sacramenti. In questo triplice altissimo ministero noi stessi, sebbene senza alcun merito elevati alla sommità del Sacerdozio, abbiamo dato l’esempio ai nostri Sacerdoti.63
Dai decreti di visita lasciati dal Guarino nelle varie chiese si può capire la sua preoccupazione disciplinare e pastorale, come già si era manifestata nella visita pastorale di Siracusa. Al primo posto stabiliva l’obbligo della catechesi di cui delineava i temi secondo il Catechismo Romano, insistendo inoltre sugli aspetti morali, “sulla onestà de’ contratti, sulle usure da sfuggirsi, sulla restituzione”. Per i bambini voleva una catechesi affidata ai sacerdoti, ai chierici e anche ai laici, nella quale si allettassero i più diligenti con premi di vario genere, ma sempre a carattere religioso: immagini sacre, medaglie, rosari. Né mancava la raccomandazione alla assistenza degli infermi. Categorico era l’arcivescovo per l’osservanza delle rubriche liturgiche,64 delle regole ecclesiastiche, per la conservazione delle scritture giuridiche delle chiese e dei libri parrocchiali.
Se egli si preoccupava di mettere anche sul piano economico delle chiese, eliminando gli abusi che permettevano di tenere nelle case di privati argenterie, libri contabili e altre scritture della chiesa, non mancava di attenzione per la situazione economica del clero, e anche per quella dei sacristi per i quali chiedeva a volte che fosse aumentato il salario.
L’opera del vescovo tendeva a riportare la disciplina all’interno del clero e a regolarizzare le situazioni di illegalità e di censura in cui parte del clero era incorso. E’ interessante in questo senso la delega che il Guarino dà al vicario generale di S. Lucia del Mela per assolvere dalle censure. Tra questi c’erano al primo posto i preti che avevano acquisito beni ecclesiastici delle corporazioni soppresse sia per compra che per enfiteusi, sia in qualunque altro modo, anche da terze persone, purché depositassero nella curia la dichiarazione voluta dalla Penitenzieria, e i preti che avevano fatto contratti di gabella sui beni della chiesa senza approvazione della S. Sede,i preti che avevano sottoscritto l’indirizzo Passaglia sull’abolizione del potere temporale o il voto nazionale dell’Italia e che erano incorsi nelle censure. Inoltre rientravano tra coloro che dovevano essere assolti dalle censure i preti che erano stati ordinati fuori diocesi senza lettere discessorie del proprio ordinario e coloro che erano incorsi in altre censure.65 Ma la sua dolcezza non sempre riusciva a risolvere i casi di gravi insubordinazioni disciplinari o di gravi scandali. In questi casi si sentiva costretto, dopo aver fatto tutti i tentativi, ad usare la forza del diritto. Scriveva al card. Celesia:
Fra i 142 Parrochi e cappellani Curati è facile creder che non tutti stiano al posto. V. Em. conosce bene queste contrade, ed rammenterà Patti per compatirmi! E nella stessa città quanti mali! Quanto abbandono!66
E al canonico Pennino di Palermo confidava:
Aiutatemi a ringraziare il Signore. Quante grazie! Quante misericordie! Mi ha liberato di un altro Arciprete, ch’era il Garibaldi del Clero, ed arciprete della più vasta ed importante Arcipretura della Diocesi […] Mi sento tolto dalle spalle metà peso di tutta la diocesi.67
Ma era per lui una sofferenza dover intervenire a norma di diritto canonico:
Questi due esempi (di deposizione di arcipreti) intanto hanno messo qualche altro in salutare timore. Divengo a tali atti con estremo dolore e me ne infermo: ma esauriti per anni tutti i mezzi della persuasione e della dolce carità, è anche carità venire agli atti della giustizia, io non devo perdere per loro l’anima mia.68
Tuttavia non era precipitoso o arrogante, perché aveva un forte senso della giustizia ed era aiutato dalla conoscenza dei canoni ecclesiastici.69 Se prima non risultava con certezza la verità dell’accusa il vescovo non interveniva. Per questo chiedeva informazioni o istruiva veri processi informativi in base ai quali poi regolava le sue indicazioni e la difesa dell’onore del suo prete. Esemplare il caso del cappellano di Rodì, frazione di Castroreale, accusato di aver messo incinta una donna. Nonostante fosse intervenuto il Prefetto di Messina per motivi di ordine pubblico, l’arcivescovo dopo un processo informativo, resosi conto della innocenza del prete, pur con la prudenza del caso in quanto erano interessati i partiti locali, volle che il prete fosse reintegrato nel suo posto.70 Quando i suoi preti erano fatti bersaglio di persecuzioni, Guarino li consolava con richiami spirituali:
Si risponda – dettava per la lettera al parroco di S. Pietro – che mi affligge assai sentirlo non molto ben trattato. E’ la condizione di noi ecclesiastici nei tempi fortunosi che corrono, e bisogna soffrire la mala gente con pazienza […] E’ la via di tutti noi, ma ci consola il sapere che giova molto all’anima, e facilita l’ingresso nel Paradiso.71
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46 Visita cit., decreti per la parrocchia di Castanea. 47 Lett. al p. N. Russo, 14.3.1883, Archivio Nunzio Russo, Palermo, Missioni, Messina 1883. 48 Lett. a Celesia, 16.12.1885, Carteggio. 49 Lett. a Celesia, 9.11.1875; 11.12.1877, Carteggio. 50 ASF, b. XXXVI, f.3. 51 Lett. a Celesia, 4.11.1876, Carteggio. 52 Lett. della congregazione romana, 8.2.1887, ASF, b.XXXVI,f.1. 53 Lett. al can. Pennino, 9.6.1881, ASF, ivi. 54 Relazione presentata a don Luigi Orione vicario generale di Messina, ASF, LVIII, 3b. 55 L. LICARI, Lettera aperta a Monsignor Guarino, libello estratto dalla “Gazzetta di Messina”, 13-14-15 aprile 1882, Messina 1882. Il sindaco liberale di Francavilla di Sicilia, L. Licari, accusa in questo opuscolo Guarino di menzogna e calunnia per aver deposto il parroco del paese perché donnaiolo, mentre il vero motivo , a suo giudizio sarebbe stato il legame del prete ai liberali e l’aver partecipato al voto per le elezioni politiche, disobbedendo al non expedit. 56 Lett. alla Congregazione dei Vescovi e Regolari, 12.1.1892, ASF, LXVII, f. Congregazione dei Vescovi e Regolari. 57 Lett. del Vicario Foraneo di Venetico, 11.11.1875, ASF, b. LIV, f. 1°. 58 Lett., 5.8.1879, ASF, b. LIV, f. 1c. 59 Lett. all’arciprete di Barcellona, 18.7.1890, ASF, b. 276, f. Barcellona sull’uso dell’abito talare; lett. 28.7.[1877], al curato di Catarratti, proibizione della caccia per i preti: “Pensi esser suo dovere far caccia di anime soltanto nell’interesse di Dio. Fuorviare dalla propria missione dà scandalo ai fedeli, toglie fiducia, e disgusta il Cuore adorabile di Gesù Cristo. Io gli vieto recisamente la caccia: se saprò che contravviene alla mia disposizione, lo punirò”. Ma nonostante il divieto il curato continuò ad andare a caccia (lett. 11.7.1878). 60 ‘Stranizzo’, scriveva Guarino al sentire che il curato fa l’esattore delle imposte (lett. al curato di Catarratti, 31.12.1878). motivava il suo dissenso perché quel compito “oltre a tornare disonorante per lo stato ecclesiastico” gli acquistava “nemici e odiosità”. 61 Lett. al curato di Catarratti, 18.4.1894, ASF, b. 427, f. Catarratti. 62 Visita cit., decreti per la parrocchia di Castroreale, 15.11.1877. 63 Decreti Castroreale, cit. 64 Lett. al curato di Basicò, 12.8.1888, ASF, b. 273, f. Basicò. Abuso nella celebrazione del battesimo. 65 Lett. al vicario generale di S. Lucia del Mela, 14.12.1885, ASF, XXXIX, f.1; cfr ancora Decreti di Visita pastorale a stampa del 1881, par. IV. 66 Lett. Guarino-Celesia, 16.2.1885, ASF, b. LXVIII. 67 Lett. Guarino-Pennino, 9.6.1881, ivi, b. LXIII, f.5b. 68 Lett. Guarino-Celesia, 9.6.1881. 69 Relazione a mons. Dusmet sulla controversia tra il parroco di Giarre e il vescovo, 5.9.1877, ASF, LXVIII, f.4b. Il Guarino non manca di far rilevare gli errori del vescovo contrari ai canoni. Esiste anche una relazione sui benefici parrocchiali a Catania, ivi, f. 4g. 70 La corrispondenza tra marzo e maggio 1886 in ASF, b. 280, f. Castroreale 1, 1886. 71 Annotazione sulla lettera scrittagli dal parroco di S. Pietro, 12.9.1885, ASF, b. XXIX, f. 3b. |
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