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Francesco Michele Stabile Il Card. Giuseppe Guarino IntraText CT - Lettura del testo |
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Una chiesa per una scelta religiosa La lettera pastorale della quaresima del 1881 era un invito al clero per un maggiore impegno nella cura pastorale: “Non si adempie abbastanza ai doveri della cura, se il Parroco si limiti ad offrire sacrificio pel popolo, ad amministrare i sacramenti e a predicare”. Il ministero doveva esser assunto come un impegno totale per la salvezza del popolo affidato, perciò richiedeva “vigilanza continua ed operosa” da parte del pastore. Al primo posto stava il buon esempio perché le opere del pastore erano il libro aperto dove il popolo poteva leggere i propri doveri. E Guarino delineava il modello di pastore: “Quanto è amato un Parroco circospetto, disinteressato, casto, raccolto, caritatevole, paziente, laborioso, pieno di santo amore e di bontà”. Il parroco doveva correggere a viva voce anche con pericolo della vita, doveva vivere e far vivere una vita di pietà, raccomandando la partecipazione alla messa, la visita al SS. Sacramento, la devozione a Maria, la recita del Rosario, il mese di maggio, le novene, secondo le modalità devote che si erano affermate nello scorcio del secolo. E soprattutto il parroco doveva guidare la comunità nella fraternità, componendo le animosità tra il clero, tra parroco e clero e tra parroco e fedeli. Ai suoi parroci Guarino ribadiva quello che aveva già detto del suo ministero episcopale: un servizio di amore e non un potere:
I titolo del nostro Apostolato, secondo S. Paolo, non sono la nostra autorità sopra le Chiese, ma le pene e i travagli che sopportiamo per l’accrescimento del Vangelo: non per altro siamo innalzati sopra gli altri che per essere loro più debitori: la nostra autorità non è che una servitù più universale: i nostri titoli sono le nostre funzioni e le nostre funzioni sono tutte racchiuse nella carità.114
All’interno di una visione ecclesiologica fortemente giuridica e fondata sul principio di autorità, l’arcivescovo tentava una armonia tra questa visione giuridica dell’esercizio del potere nella chiesa e quella carismatica di comunione del servizio pastorale che a Palermo certamente aveva conosciuto attraverso l’ecclesiologia del Moheler nell’amicizia con Melchiorre Galeotti.115 Guarino cercava in questo modo di avvicinare il clero al vescovo, rendendolo partecipe di un unico ministero sacerdotale, eliminando quella distanza che lungo i secoli si era creata tra preti e vescovi e che aveva le sue radici nella concezione che considerava il vescovo quasi un signore feudale un padrone. Nelle lettere all’arcivescovo i preti si firmavano infatti come sudditi e servitori, e lo apostrofavano col nome di signore. A loro volta parroci e preti riportavano questo schema nei confronti dei fedeli, convalidando una scala sociale che non aveva rapporto con le istanze evangeliche. Il vescovo pastore tridentino con questa sua insistenza sul servizio pastorale contestava un modello di prete, non infrequente nel mondo religioso siciliano, puntiglioso e in lotta per le preminenze. Guarino fu egli stesso esempio al suo clero di distacco. Secondo la tradizione, la sede arcivescovile di Messina doveva avere il secondo posto dopo quella di Palermo, invece nella firma di alcune petizioni era risultata al terzo posto dopo quella di Catania e ciò aveva creato malumori tra il clero messinese. Egli voleva che il suo nome restasse dopo quello di Catania: “Sono pettegolezzi messinesi, che disonorano. Io me ne vergogno e Le assicuro che me ne disturbo”.116 Il modello di parroco che si rende amabile, disposto a cedere anche i suoi privilegi per vivere in armonia con gli altri preti e con i fedeli, pieno di dolcezza e di disinteresse era il modello di prete che Guarino come pastore voleva per primo realizzare nella sua vita sulla scia del santo vescovo di Ginevra. E, come per Francesco di Sales la dolcezza era l’unica strada per arrivare al cuore degli eretici, così nella società moderna questa via era la strada per non rendere la chiesa invisa all’uomo moderno e per convincere a tornare alla casa comune chi da essa si era allontanato.
Io mi addoloro profondamente quando avvieni sentire che vi tocchi soffrire impertinenze ed oltraggi: ma i trasporti, l’alterigia e la durezza, che talvolta in noi scorgono ed incontrano, rende loro odiose le nostre istruzioni non men che le nostre persone, ed è ciò che più mi amareggia ed affanna. L’asprezza ed il rigore pei nostri interessi spesso sì ordinarii ed insieme sì disdicevoli ad un Pastore, son cagione che ci credano più solleciti d’un piccolo guadagno terreno, che nell’acquisto delle loro anime, e pensano piuttosto a contenderci i nostri dritti, che a disfarsi dei loro vizii.117
Non solo da interessi personali disdicevoli il parroco e il prete dovevano tenersi lontani per essere credibili, ma anche da schieramenti di partito che in Sicilia erano consorterie di interessi familiari più che progetti politici a favore della comunità.
Perché poi la vostra parola – scriveva – riesca proficua, deve soprattutto essere accolta dai parrocchiani come non punto sospetta. L’ignoranza o la malignità in un tempo di universali divisioni di animi faran credere ai più sempre sospette le vostre salutari ammonizioni e la vostra predicazione, se sceglierete un qualunque dei partiti e delle fazioni, che per sistemi elettivi de’ tempi presenti lacerano le popolazioni. Non vi augurate in tal caso che il vostro ministero operi la gloria di Dio e la salute delle anime. Questo stesso diciamo su questo punto a tutti i nostri sacerdoti. E’ una verità che vienci contestata da continua esperienza. Noi non conosciamo altrimenti l’avvicinarsi del tempo delle elezioni sia politiche sia amministrative che dall’abbondanza dei richiami che ci arrivano contro i nostri amatissimi fratelli del Clero, e potrete ben immaginare con qual vivezza di dolore dell’animo nostro per le contumelie, le ingiurie e le accuse che si lanciano contro i nostri Parrochi e i nostri Sacerdoti, i quali vorremmo in ogni tempo circondati dell’amore e della riverenza universali.118
La scelta religiosa della chiesa messinese doveva essere totale. Rifacendosi al vescovo di Bordeaux, mons. Chevrus, affermava che li clero doveva essere scevro di passioni politiche sotto qualsiasi forma di governo perché ministro di pace e di carità: “niun partito né presente né futuro deve riguardarci nemico perché siamo chiamati a salvare gli uomini d’ogni partito”.119 Ma non solo il clero doveva astenersi dalla vita politica, ma anche le associazioni cattoliche e i comitati cattolici. In questa scelta religiosa Guarino si allontanava da quelle che erano le direttive del movimento cattolico italiano che vedeva positivamente l’inserimento dei cattolici nella vita amministrativa. Alla vigilia delle elezioni amministrative del 1891 al cav. Pietro Pennini, presidente del Comitato cattolico, il quale aveva chiesto di potere costituire un comitato elettorale cattolico, scrisse che aveva vietato che ufficialmente i cattolici partecipassero alla formazione delle liste, salvo a partecipare sul piano individuale come cittadini, e motivava il suo diniego per conservare la dignità del Comitato diocesano, dei comitati parrocchiali, del Circolo di Gioventù cattolica e delle altre associazioni e anche per salvaguardare la dignità del nome cattolico. La richiesta del Pennini di costituire il comitato elettorale venne respinta nonostante nel frattempo fosse arrivata una lettera del presidente dell’Opera dei Congressi che invitava a costituire questi comitati. Di fronte al divieto di Guarino, Paganizzi dovette ammettere che il giudice era il vescovo e quindi la sua decisione aveva valore per l’Opera.120 Era evidente che Guarino temeva una frattura con il mondo liberale e le autorità locali dalla presenza ufficiale di cattolici nella vita amministrativa e anche il pericolo che l’inserimento nelle lotte di parte logorasse il prestigio religioso che egli aveva cercato di dare alla chiesa messinese.
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114 Lett. Pastorale per le Quaresima del 1881. 115 F. M. STABILE, Il clero palermitano nel primo decennio dell’unità d’Italia, Palermo 1978, pp. 87-90. 116 Lett. a Celesta, 25.1.1886, ASF, Carteggio Guarino-Celesia. 117 Lettera pastorale 1881, p. 14 118 Lettera pastorale per la Quaresima 1880, pp. 12-13. 119 Ivi. 120 Lett.al cav. Pennini, 8.2.1892; lett. di Paganizzi a Guarino, 2.2.1892, ASF, b. XXXVII. |
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