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4. Il Seminario di
Messina
Don Lemoyne, il documentatissimo autore delle
Memorie Biografiche di Don Bosco, ricavando le notizie, in massima parte, dalle
lettere di mons. Guarino e dai salesiani che erano stati in contatto con lui,
così scrive:
« Giunto a Messina mons. Guarino aveva
trovato che da ottantadue anni non si pensava alla buona formazione del clero.
Seminario distrutto in parte da terremoti, incendi e il restante edificio
lurido e malconcio; studi incompleti e fatti alla carlona, chierici pochissimi.
disciplina e ordine zero. È facile arguire le conseguenze che da questo stato
di cose derivavano a tutta l'archidiocesi ».
« Il mio cuore - esclamava il Guarino
scrivendo a Don Bosco - scoppia nei
gemiti più affannati del dolore. Si metta un po', ella che ha un cuore così
sensibile - senza di - 88 -
che non avrebbe potuto produrre opere così belle
di carità nella mia posizione! Sprovvisto di mezzi, tutto solo, con una vasta
diocesi sulle spalle, col dovere di rialzarla, gettato nell'impotenza ».
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Qualche ecclesiastico istruito c'era, avendo
studiato da sé o frequentato la regia università quando vi esisteva la facoltà
teologica; ma nessuno sapeva che cosa fosse un seminario e come si educasse la
gioventù. Monsignore aveva dovuto aspettare l'exequatur
quattro anni, dopo di che si era dato subito a migliorare il fabbricato, ma per l'andamento morale
tutto restava da fare. Egli dunque pensò che bisognasse cominciare ab imo
con una classe elementare preparatoria e poi il ginnasio; occorrevano però
gli insegnanti e insieme un maestro di spirito che avesse l'intera formazione
educativa. C'era bensì un rettore, ma abitava fuori. . . Consigliato anche dal
Card. Bilio, Monsignore invocava i figli « dell'amoroso Don Bosco» onde
supplicava:
« Deh! Padre consoli un cooperatore salesiano
per la di lei grande bontà e quindi un suo figlio, indegno sì, ma figlio. Ah!
non mi rigetti, mi stenda la mano e mi aiuti ».
Don Bosco non si mostrò contrario17
promise anzi che avrebbe aiutato mons. Guarino il più presto possibile. « Ma
tardando tale possibilità ad affacciarsi - continua E. Ceria - l'arcivescovo
ricorse all'intercessione di Don Guidazio (che era stato il primo direttore del
collegio di Randazzo) presso il capitolo superiore, scrivendo il 27 maggio
1881: «Al venerando consesso io chiedo in grazia, in ginocchio. Apro al medesimo
il mio cuore, dico che so amare e che i salesiani saranno i miei
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figli prediletti, le gemme della mia infula episcopale, la corona
della mia testa, la delizia del mio cuore, i compagni delle mie gioie, il
conforto dei miei dolori . . . Sono un
poverello che chiede un tozzo di pane per la mia sposa alla porta di don Bosco
». 18
Ma il desiderio ardente di mons. Guarino non
potè essere soddisfatto, non tanto perché non si era riusciti, nemmeno con
l'intervento personale di
mons. Guarino presso
il Papa e le Congregazioni Romane, ad ottenere la concessione ai salesiani di
importanti privilegi goduti da altri ordini e congregazioni religiose, ma perché, soprattutto, come
scrive il Ceria ,
« nonostante le assicurazioni dell'Arcivescovo in contrario, non si
vedeva come fosse conciliabile la presenza di un rettore in carica, poiché di
rimuoverlo non vi era possibilità, con l'indipendenza ritenuta sempre
necessaria da D. Bosco per i suoi istituti; inoltre le cose erano impostate in
modo che dopo la morte del benevolo Arcivescovo nulla avrebbe garantito i
salesiani da spiacevoli novità ». 19
Racconta il Can. A. M. Di Francia: « Quando
Mons. Guarino venne in Messina, nell'agosto del 1875 la nostra città giaceva in
un grande squallore e abbandono. E massime il seminario, cui visto esclamò
accorato: Che Gerusalemme distrutta!
Ed egli che portava vive le impressioni del
seminario di Girgenti, dove era stato educato per lunghi anni, si diede a
rialzarlo. Sicché i chierici da dodici che erano, superate non poche difficoltà
col governo, come quelle superate presso il ministro Di Falco per Siracusa,
diventarono meglio che cento; le scuole non più limitate alla spiegazione del
Catechismo Romano e all'insegnamento del domma, della morale e del diritto
canonico, di gran lunga si accrebbero meno i corsi liceali; la disciplina
grandemente in ribasso, venne tosto rialzata, il fabbricato del seminario prima
restaurato ed in seguito per l'accrescimento dei chierici fu ingrandito di due
grandi saloni e di molti accessori. 20
All'inizio del suo episcopato, mons. Guarino, non disponendo
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nè dei locali adatti, nè di un corpo docente e di personale
insegnante e dirigente all'altezza del compito, mandò i suoi chierici nel
seminario di Noto. Quando fu possibile li richiamò a Messina, dopo aver
restaurato, poco per volta, i locali e preparato i superiori e gli insegnanti
più qualificati.
Tra di essi si distinsero mons.
Francesco Bruno, il can. B. Vitale che fu anche maestro di spirito, mons. L.
D'Arrigo, il padre V. Caudo e mons. G. Basile.
Quest'ultimo nel 1897 scriveva: « Chi
conosceva il nostro seminario venti anni addietro e si fa ora ad osservarlo non
può non rimanere profondamente ammirato per il suo rapido sviluppo. . . Per un
incremento così splendido non fu risparmiata nessuna spesa e fatica dal nostro
amatissimo arcivescovo e la diocesi tutta ha cominciato già a raccogliere gli
abbondanti frutti di tanto apostolico zelo.
A base della buona riuscita dei
chierici il card. Guarino ha messo un ottimo avviamento alla pietà, un'esatta
cultura religiosa, prescegliendo nel clero di Messina chi meglio potesse
reggere ed avviare santamente i candidati all'altare.
Il seminario è stato il prediletto
beniamino del nostro porporato pastore, il quale vi ha preso sempre una parte
attiva ed immediata visitandolo spesso di persona e prendendone minuto conto ».
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Quasi in un consuntivo, mons. Guarino
stesso così, nel 1885, ne scriveva all'Arcivescovo di Palermo: « Dove
nell'attuale estrema penuria di sacerdoti ho potuto è stata necessità assoluta
mutare certi cappellani curati e sostituire canonicamente qualche arciprete. Ho
dovuto agire contro natura; me ne sono ammalato, sono invecchiato. Fra i 142
parrochi e cappellani curati è facile vedere che non tutti stiano al posto. V.
E. conosce bene queste contrade e ancora ricorderà Patti per compatirmi. E
nella stessa città quanti mali? Quanto abbandono! Ho dovuto, a forza di enormi
sacrifici, quasi riedificare il seminario. Trovai i seminaristi sotto tegole!
Trovai il seminario un orrore! Ed - 91 -
ora credo che non sia troppo
inferiore agli altri dell'isola. Il tempo, spero, mi darà l'opportunità di
fornirlo di professori più elevati; per le lettere e le scienze sacre va bene
». 22
Una cura particolare rivolse anche agli
alunni esterni del seminario che volle fossero attentamente seguiti e vigilati
anche nel periodo in cui dimoravano in casa e in parrocchia; e affidò il
compito di riunirli, per incrementarne la vita spirituale, al can. A. M. Di
Francia.
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